Medichesse o fattucchiere? Medicina, magia ed eterodossia nella Modena del '500

Recensione di Domizia Weber, Sanare e maleficiare. Guaritrici, streghe e medicina a Modena nel XVI secolo, Carocci, Roma 2011

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Quaderni eretici | Cahiers hérétiques, 3, 2015 : http://www.ereticopedia.org/rivista

“Pigliava una pignatta nova a nome del diavolo et gli poneva dentro l’olio di ulivo da boglire, et pigliava del stupino a nome del diavolo ciò poneva in una lucerna con l’olio sopradetto a nome del demonio et sicome mischiava l’olio nella lucerna, così maleficava la vita della persona”

Con questa citazione si apre l’ultimo libro di Domizia Weber, che intende indagare il rapporto tra magia terapeutica, stregoneria e medicina, nella Modena del Cinquecento pervasa da tensioni spirituali e fermenti ereticali. L’obiettivo è ambizioso, il tema denso e intricato. Tuttavia, attraverso le 220 pagine che compongono il volume, l’autrice riesce a dipanare il filo del discorso con competenza, ricchezza documentaria e chiarezza espositiva, conducendo il lettore attraverso un universo, per lo più femminile, fatto di incantesimi, pozioni, decotti e herbae bonae, un universo in cui guarigioni e sortilegi diventano le due facce di una stessa medaglia.
Proprio nell’aver messo in luce quest’ultimo aspetto risiede uno dei maggiori motivi di pregio del volume: nell’avere, cioè, sottolineato che nel Cinquecento modenese le donne processate per stregoneria possedevano poche delle caratteristiche sociali, economiche e fisiche da sempre associate allo stereotipo della strega e il genere stesso di magia di cui si occupavano differiva da quello comunemente attribuito a streghe e fattucchiere. Nella maggior parte dei casi, infatti, il reato del quale esse furono accusate non era legato alla frequentazione del sabba o al patto con il diavolo, ma consisteva nella (presunta) elaborazione di un “maleficio”. Secondo la Weber, l’accusa di maleficio rientrava nella radicata credenza popolare nell’esistenza di una sorta di «sistema binario», le cui polarità erano appunto il sanare e il maleficare - da cui il titolo del libro. Tale sistema presupponeva infatti che le abilità messe in atto dalle guaritrici nell’ambito della magia terapeutica implicassero anche la loro competenza sul terreno opposto, rendendo queste donne capaci di provocare malattia, morte e sventura. Dalla loro stessa qualità di esperte della natura, nelle sue potenzialità magiche, dipendeva quindi anche la loro pericolosità.
Dalla lettura del volume e delle fonti riportate in appendice appare evidente come “empiriche” e “medichesse” fossero ampiamente inserite nel tessuto sociale della città, elemento che costituisce un ulteriore fattore di novità rispetto al comune stereotipo storiografico sulla strega. Tuttavia, il loro era un ruolo ambiguo e delicato, che poteva esporle a ritorsioni da parte delle vittime dei loro “malefici”, nei termini di accuse di stregoneria deposte presso il tribunale dell’Inquisizione. Come la Weber non manca di sottolineare, queste accuse dimostrano che la credenza nella stregoneria rappresentava un modo per attribuire significato ad eventi imprevedibili e nefasti, come la morte di un bambino o la non debellabile malattia di una persona cara. L’insieme dei documenti processuali analizzati nel libro apre dunque uno spiraglio sul modo in cui le popolazioni di Ancien Régime interpretassero il male, la morte e la malattia, oltre ad offrire una spaccato di vita quotidiana dal quale affiora un mondo di «conflittualità femminile», di attività e di relazioni personali, di credenze, di paure e di risposte, più o meno razionali, alle trasformazioni sociali, culturali e religiose venute alla luce con l’inizio dell’età moderna. Analizzando le vicende giudiziarie delle donne processate secondo una prospettiva diacronica, il volume si sofferma inoltre sul modo in cui gli stessi inquisitori andarono rielaborando il paradigma del crimine di stregoneria nel corso del secolo, evidenziando alcune significative cesure che non potrebbero essere comprese senza tenere conto della complessità della situazione religiosa modenese nei decenni centrali del Cinquecento.
Da questo punto di vista, particolarmente interessante è il capitolo nel quale l’autrice mette a confronto l’universo della medicina empirica, legata alla dimensione della magia e per grande parte femminilizzato, con quello della medicina “ufficiale” o dotta, di monopolio maschile e prodotto della cultura universitaria. «Umanisti contro le ignoranze», nel corso del secolo i medici modenesi diedero avvio a un significativo processo di revisione e ri-concettualizzazione del proprio ruolo sociale, dell’epistemologia della propria arte, delle regole del proprio corpo professionale e del loro rapporto con gli altri agenti della dimensione terapeutica: empirici, guaritrici, ma anche religiosi e membri del clero – aspiranti, questi ultimi, al monopolio sulla cura della salute dell’anima. Nell’esaminare il profilo del Collegio dei Medici modenese alla luce della crisi religiosa che fece della città emiliana uno dei principali centri ereticali dell’Italia del Cinquecento, la Weber mette in evidenza alcune possibili intersezioni tra la riforma medica tardo-rinascimentale e quella religiosa avviata dalla protesta di Lutero, suggerendo la reciproca permeabilità dei due fenomeni e avanzando l’ipotesi che tale permeabilità fosse il risultato della tendenza dei dottori modenesi a reinterpretare in chiave critica e razionale tanto i fondamenti della scienza quanto quelli del sacro.
Spaziando dalla storia sociale, alla storia di genere, alla storia della medicina, il libro delinea quindi i profili delle protagoniste dei processi per stregoneria ricostruendone l'identità sociale e "professionale" attraverso il loro rapporto con il vicinato, con il tribunale dell'Inquisizione e con il Collegio dei Medici. Originale nell’approccio e nel risultato - la decostruzione del «concetto cumulativo di stregoneria» - il testo è inoltre di utilità per gli studiosi della Storia dell’età della Riforma e della Contro-Riforma, nella misura in cui si concentra su uno dei centri più importanti del dissenso religioso italiano del Cinquecento, indagandone la specificità da un inedito punto di vista. Infine, nell'approfondire il problema del rapporto tra medicina ufficiale, medicina empirica ed eterodossia il libro della Weber costituisce un precedente fondamentale per lo studio di un tema di grande interesse, il possibile intreccio tra medicina ed eresia, fino ad oggi non sufficientemente studiato e meritevole di ulteriori sviluppi.

(Alessandra Celati)

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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