Hamerani, Maria Veronica

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Maria Veronica Hamerani (Roma, 1815 - Roma, 1883) è stata una donna appartenente a una famiglia romana di lontane origini tedesche. Ossessa e sottoposta a esorcismi da parte dei Gesuiti, il suo caso nel 1835 destò scalpore per l’intensità della presa diabolica e per le aderenze propriamente familiari, che si addentravano nelle cerchie pontificie, ma ebbe risonanza anche al di fuori del contesto romano e fu oggetto di dibattito tra scienziati.

Nacque a Roma nel 1815 da Giovanni e Maria Vittoria Cecchi, penultima di otto figli. La famiglia, di origini tedesche, era giunta a Roma nei primi decenni del XVII secolo, quando Johann Andreas Hermannskircher (che cambiò il cognome in Hamerani) sposò Margherita Corradini. Risalendo l’albero genealogico si appura che la nonna paterna di Maria Veronica era Maria Antonia Fuga, figlia dell’architetto Ferdinando. Il contesto in cui si collocava la famiglia Hamerani, che risiedeva in una casa ancora oggi esistente in via di Sant’Anna, risultava composto da «un ambiente di artisti e artigiani» (Alfieri 2021, p. 102), che «fra adunanze di accademie e confraternite, architettava edifici e strategie matrimoniali. Ma se nella generazione precedente la figlia di un architetto di sovrani e papi re veniva unita al figlio di un incisore di medaglie che poteva vantare analoghe committenze, in quella successiva la figlia di un muratore capo si consegnava a un orfano maturo ma ancora apprendista [Giovanni, il padre di Maria Veronica], che doveva il suo patrimonio alla vendita del patrimonio dei padri» (Alfieri 2021, p. 102). Molto verosimilmente, la bambina e adolescente Maria Veronica ricevette in casa i rudimenti dell’istruzione primaria, non desumendosi altrove diverse occasioni d’apprendimento. A ridosso del Natale 1834, precisamente il 23, giorno dell’antivigilia, Maria Veronica era costretta a letto, ormai da tre anni, per uno strano, e conclamato, caso di possessione diabolica. L’esorcizzazione fu affidata ai Gesuiti, per competenza pregressa e/o per riconosciuta dottrina. «Il Padre Kohlmann andò alla casa dell’ossessa col Fratel Pietro Bechmans coadiutore, e fu il 23 dicembre dopo pranzo» (Alfieri 2021, p. 15). Il giorno appresso, 24 dicembre 1834, in orario postprandiale, Padre Kohlmann ritornò in casa Hamerani, «e prese per compagno il Padre Francesco Manera. Arrivato il Padre, esortò l’ossessa a confidare in Dio e cominciò gli esorcismi» (Alfieri 2021, p. 34). Esorcismi che si protrassero per diciassette mesi, fino al 23 aprile 1836. Fonte preziosa, rintracciata da Fernanda Alfieri presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI) in Roma, è il diario di Padre Manera, che puntigliosamente annotò le fasi più rilevanti del complesso e duraturo rito esorcistico. In virtù di un’articolata tessitura della sparsa documentazione, operata da Fernanda Alfieri, l’intero quadro dei particolari, che interessarono in quei frangenti la vita di Maria Veronica, è messo a nudo con acutezza autoptica. Il 27 dicembre 1834, da quanto riportò Padre Manera, i Gesuiti fecero visita all’inferma, «che si stava apparecchiando a ricevere il Santissimo. Rimpetto alla giovane assisa sul letto era disposto un altarino bene adornato, con più lumi accesi. […] Si comunica l’inferma con somma calma di spirito e con un contegno da angelo. A me [a Padre Manera] intanto batteva forte il cuore nel petto e andava meco stesso considerando non potervi essere apparato di cose più atto ad accendere la fantasia della giovane, e cagionarle un repentino parossismo, ove non si dovesse da altra cagione ripetere il fenomeno già veduto nella vigilia, tanto più che per lo spazio di tre anni non avea potuto comunicarsi per impedimento di arte diabolica. […] [Maria Veronica, però] ride con gusto e di tutto cuore su quel che dice il Padre Kohlmann dell’ostinazione del suo Demonio e del dovere cedere finalmente alla forza della preghiera. Interrogata dello stato in cui si trova l’anima sua, durante gli esorcismi, risponde: 1. Che gode dell’uso libero e perfetto delle facoltà intellettuali per modo che si raccomanda a Dio e resiste con la volontà a tutto quel che accade nel corpo; 2. Sente eccitamento di bile rabbiosa contro l’esorcista». (Alfieri 2021, pp. 44-45). Ad ogni buon conto, l’esorcismo fu davvero defatigante, tanto che ai Gesuiti si appalesarono vivide scene raccapriccianti, in cui l’ossessa emetteva, 1° gennaio 1835, «strida, risate simulate, urli, lamenti, disperazione, indi vomito, strette alla gola e impulsi di soffocazione. Padre Kohlmann le mette addosso l’immagine di Maria» (Alfieri 2021, p. 70). Tuttavia, dimenandosi disperatamente sul letto, Veronica rispose in modo scomposto a Padre Kohlmann: «Infame, vattene via, mi hai rotto il c… […] Sei sporco tu, vecchiaccio, io ti voglio minchionar, tu sei una carogna» (Alfieri 2021, p. 70). Seguendo scrupolosamente i rituali, tra smarrimenti e fugaci auto-eccitazioni, grazie anche al sapiente e significativo apporto, a partire dal 17 gennaio 1835, del Padre Tommaso Massa, i Gesuiti riuscirono a combattere con mezzi più raffinati, sia pure con previsioni incerte, la lotta contro il Diavolo, padrone del corpo, ormai smunto, di Veronica, la quale era al centro di un caso che era andato oltre i confini romani, nel mondo della scienza, interessando medici illustri e accademici di chiara fama, come Andrea Belli, Filippo Leonardi, Arnold James Knight e Michelangelo Poggioli. Tra alti e bassi, e con argomenti progressivamente più congrui, i Gesuiti alla fine riuscirono ad aver ragione del Diavolo, liberando il tormentato corpo di Maria Veronica che, senza mai essersi maritata e vivendo piamente, morì a Roma, in epoca umbertina, nel 1883.

Bibliografia

  • Fernanda Alfieri, Veronica e il diavolo: storia di un esorcismo a Roma, Einaudi, Torino 2021.
  • Valentina Sapienza, Hamerani, in DBI, vol. 61 (2004).

Article written by Armando Pepe | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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