Arezzo, Tommaso

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Tommaso Arezzo (Orbetello, 16 dicembre 1756 - Roma, 3 febbraio 1833) è stato un diplomatico pontificio e cardinale.

Nacque a Orbetello nel 1756, membro di una nobile famiglia siciliana (il padre Orazio era comandante della guarnigione dello Stato dei Presidi; la madre era una nobile irlandese, Marianna Fitzgerald Browne). Nel 1767 fu mandato a studiare a Roma presso il Collegio Nazareno. Studiò quindi dal 1777 presso l'Accademia dei Nobili Ecclesiastici. Conseguì la laurea in utroque iure presso la Sapienza di Roma. Fu referendario utriusque Signaturae (1781) , vice-legato a Bologna (1785), legato a Fermo (1790) a Perugia (1793) e a Macerata (1794). Nel gennaio 1798 dovette fuggire dalle Marche a causa dell'occupazione francese, rifugiandosi in Sicilia. Nel gennaio 1802 papa Pio VI lo inviò ambasciatore in Toscana, designandolo quindi per la difficile nunziatura in Russia, giungendo a Pietroburgo nell'aprile 1803. La sua nunziatura si interruppe bruscamente a causa della rottura delle relazioni diplomatiche tra lo Stato Pontificio e la Russia a seguito dell'arresto a Roma (25 dicembre 1803) e la conseguente estradizione in Francia (4 maggio 1804), di J. H. Gauthier Poët de Vernègues, realista francese naturalizzato russo, espulso da Napoli e rifugiatosi nella città del papa, che Pio VI ordinò su pressione del governo francese. Nel giugno 1804 Arezzo fu quindi costretto a lasciare Pietroburgo e fino al 1806, conformemente alle istruzioni provenienti da Roma, risiedette a Dresda, confidando vanamente nel ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Stato Pontificio e Russia. Il 9 novembre 1806 Arezzo fu convocato a Berlino da Napoleone, che richiedeva al papa di aderire al Blocco Continentale e alla Confederazione Italiana. La risposta del papa fu negativa e fu compilata dallo stesso Arezzo, nel frattempo rientrato a Roma. Il 27 aprile 1808 Arezzo fu nominato pro governatore di Roma, a seguito dell'arresto del governatore da parte dei Francesi, che avevano occupato la città del papa nel mese di febbraio. Arrestato anch'esso, fu prima esiliato a Novara e poi deportato in Corsica. Nel dicembre 1812, dopo aver rifiutato di giurare fedeltà a Napoleone e di sottoscrivere la dichiarazione gallicana, riuscì a fuggire in Sardegna, dove si era rifiugiata la corte dei Savoia.
Rientrò a Roma nel maggio 1814, gli furono affidati vari incarichi nel quadro della riorganizzazione della Curia dopo gli stravolgimenti dell'occupazione francese. Il 7 giugno 1814 fu nominato pro commissario del Sant'Uffizio, incarico che tenne per un anno.
L'8 marzo 1816 fu nominato cardinale e nel settembre 1816 inviato come legato apostolico a Ferrara. La legazione si protrasse fino al 1830 e fu piena di difficoltà, a causa delle frequenti agitazioni e cospirazioni antipapali, che represse con durezza.
Rientrato a Roma, fu nominato vice-cancelliere della Chiesa (5 luglio 1830). Morì il 3 febbraio 1833.

Bibliografia

  • Mario Barsali, Arezzo, Tommaso, in DBI, vol. 4 (1962).
  • Herman H. Schwedt, Tobias Lagatz, Prosopographie von romischer Inquisition und Indexkongregation: 1814-1917, 2 voll., Schöningh, Paderborn 2005, pp. 69-73.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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