Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
L'esistenza di un Consiglio Supremo della Santa Inquisizione (Consejo Supremo de la Santa Inquisición), organismo meglio noto come Suprema, che si facesse carico dell'amministrazione quotidiana dell'istituzione, fu la principale innovazione dell'Inquisizione spagnola rispetto ai suoi antecedenti. Innovazione che d'altra parte fu imitata dal papato nella riorganizzazione dell'Inquisizione romana del 1542 con la creazione della Congregazione dell'Inquisizione. Organismo permanente, collegiale, composto di persone che potevano dedicarsi esclusivamente alla funzione loro assegnata, seppe trovare le capacità di esercitare sui tribunali di distretto il controllo effettivo che l'Inquisitore generale, occupato da molteplici incombenze e privo di un supporto amministrativo competente, non avrebbe potuto in nessun caso svolgere.
La Suprema, tuttavia, non appare in nessuno dei documenti fondanti della giurisdizione inquisitoriale in Spagna. Non la nominano né le bolle fondative né le concessioni di potere dei pontefici agli inquisitori generali. È una pura "convenienza" dell'inquisitore generale, un gabinetto privato che si costituì attorno a lui e che rapidamente si istituzionalizzò. Perciò risulta difficile individuare la sua apparizione così come, per la stessa ragione, per gli altri Consigli della Monarchia. La maggioranza degli studiosi considera che nel 1488 già esisteva un gruppo strutturato di specialisti incaricato degli affari inquisitoriali. Le istruzioni del 1498 affermano chiaramente la sua esistenza.
I consiglieri sono nominati dall'inquisitore generale, che subdelega a loro la giurisdizione inquisitoriale che gli viene dal papa, con la formula del farsi carico degli affari che dai tribunali di distretto è abituale consuetudine rimettere al Consiglio. La sua sfera di azione si ampliò progressivamente. Dal 1488 ha la competenza di decidere sulle cause di fede nelle quali non vi sia unanimità tra i giudizi di distretto. Dal 1498 in poi ratifica tutte le istruzioni date dagli inquisitori generali. Nel 1516 il papa gli concede l'appello delle cause di fede, insieme all'inquisitore generale. A questa data mantiene già una corrispondenza regolare con i tribunali locali che gli sottomettono e gli sottometteranno sempre più i problemi sorti dal suo funzionamento interno.
Dalla metà del sec. XVI i tribunali di distretto hanno l'obbligo di rimettere alla Suprema una relazione annuale sulle cause di fede trattate, le "relaciones de causas". Dal 1568 devono sottomettere al Consiglio tutte le sentenze di rilascio al braccio secolare, dal 1625 tutte le sentenze di pene corporali. A partire dal 1632 i tribunali di distretto devono inviare una relazione mensile sulle cause pendenti. Alla fine del sec. XVII le inquisizione locali non sono altro che succursali della Suprema.
Per quanto riguarda le cause di fede formali, tutto si decide nel Consiglio, al quale sono trasmesse le informazioni corrispondenti tappa per tappa. Quanto al resto delle attività (interventi extra-ufficiali, cause relative ai familiares), l’esistenza di un’intensa corrispondenza fa sì che i tribunali peninsulari – diversamente da quelli extra-peninsulari – non facciano nessun passo senza il benestare della Suprema.
Questo peso crescente del Consiglio si manifesta nell’aspetto finanziario. Il controllo dei conti dei tribunali è a carico di un ufficio contabile (contaduría general) situato all’interno del Consiglio. I trasferimenti di fondi tra i tribunali sono decisi dall’inquisitore generale, che però informa previamente il Consiglio: a partire dal 1633 la creazione all’interno della Suprema di una Junta de hacienda, che si incarica dell’amministrazione finanziaria dell’inquisizione, ratifica questa consuetudine. Il Consiglio diventa, poco a poco, il principale interlocutore per gli inquisitori dei distretti su tutti i temi. Le visite d’ispezione ai tribunali si fanno in nome dell’inquisitore generale, pero è il Consiglio che si occupa di seguire quotidianamente il lavoro del visitatore (visitador), che autorizza le imputazioni formulate contro gli inquisiti e propone le sentenze. La nomina degli ufficiali dei tribunali locali è prerogativa dell’inquisitore generale, però dietro proposta del Consiglio. A partire dalla metà del XVI secolo, le cartas acordadas del Consiglio sostituiscono le istruzioni dell’inquisitore generale come strumento di regolazione interna del tribunale.
La Suprema assume infine la giurisdizione dell’inquisitore generale sede vacante, nell’intervallo tra la morte o le dimissioni di un inquisitore generale e l’assunzione dell’incarico da parte di un altro. Riproduce così il modello ecclesiastico dei capitoli cattedrali che assumono sede vacante la giurisdizione episcopale.
Il potere del Consiglio, in effetti, non si affermò solo rispetto alle inquisizioni locali, ma anche rispetto agli inquisitori generali. La continuità, la stabilità geografica, disporre di succursali efficienti, conoscere nel dettaglio l’istituzione e i suoi uomini gli permetteva, in questo caso, di affrontare vittoriosamente un inquisitore generale che dal punto di vista del diritto era inattaccabile, ma che non disponeva tuttavia degli strumenti materiali necessari per esercitare efficacemente i suoi poteri. In occasione degli scontri più noti tra Consiglio e inquisitore generale (1534-1538, scontro con Alonso Manrique; 1694-1702, la questione Froilán Diaz), il Consiglio ne uscì sempre vittorioso. In buona parte grazie all’appoggio del re. Il sovrano, in effetti, considera la Suprema uno dei Consigli della Monarchia – però non in quanto consiglio reale, piuttosto come un consiglio ecclesiastico, visto che gli inquisitori devono rendere conto all’inquisitore generale e non al re. Fino alla metà del XVIII secolo si appoggia ad essa per limitare ed orientare l’influenza degli inquisitori generali. La presenza ex officio del confessore del re tra i consiglieri (a partire dal 1614), il fatto che l’inquisitore generale consultasse informalmente la nomina dei consiglieri col confessore e indirettamente col re, le ambizioni personali dei consiglieri a cariche vescovili, promozione che in Spagna dipendeva interamente dal re (75 la ottennero tra il 1556 ed il 1820), i supplementi salariali associati alle pensioni vescovili e ai benefici del patronato reale, garantivano l’obbedienza di uomini che non erano certo di sufficiente levatura tanto da poter disprezzare simili ricompense. Nel XVIII secolo, tuttavia, pare che la Monarchia abbia incontrato sempre più difficoltà nel controllare un Consiglio assai più reticente degli stessi inquisitori generali rispetto alla nuova politica di riforma culturale di stampo regalista.
Il Consiglio fu itinerante, seguendo la corte, fino al 1561, data in cui si stabilì definitivamente a Madrid. Fino agli anni ’20 del Seicento teneva le sue sessioni in casa dell’inquisitore generale. Il Consiglio comprò allora il palazzo di don Rodrigo Calderón, un favorito del re caduto in disgrazia, prossimo al palazzo reale, e vi rimase fino alla soppressione del tribunale nel 1820. Tre consiglieri nel 1488, cinque sul finire del XVI secolo, sei a principio del XVII (con il confessore reale), sette all'inizio del XVIII (con l’inclusione di un posto riservato alla Compagnia di Gesù, essendosi questa fatta carico del confessionario regio, mentre i domenicani conservavano il posto conquistato all’epoca in cui erano loro a farsi carico della coscienza del re), gli inquisitori della Suprema erano per la maggior parte, e sempre di più col passare del tempo, ex inquisitori di distretto promossi a consiglieri, dei tecnici per così dire. Ricevevano l’aiuto di un fiscale – che a partire dalla seconda metà del XVI secolo era solito ascendere successivamente al ruolo di consigliere – e due segreterie, una per la Corona di Castiglia e l’altra per Aragona, Rioja-Navarra, isole mediterranee e Indie. Un segretario del re, nominato dal sovrano, si limitava a comunicare quei pochi affari che, toccando punti di giurisdizione civile, dovevano essere sottoposti anche all’approvazione del sovrano. Due consiglieri del Consiglio di Castiglia facevano da “assessori” (asesores) della Suprema per la gestione di questa materia, che si trattava nelle sessioni pomeridiane, mentre le mattiniere erano riservate alle questioni di fede. La figura dell'assessore era abitualmente presente in tutti i consigli di giurisdizione ecclesiastica della Monarchia, ai quali la Suprema somiglia molto, quali il Consejo de cruzada o quello degli ordenes militares, così come in alcuni consigli meramente reali, come quello relativo all’Hacienda. Il Consiglio si riuniva tre volte alla settimana. Non aveva un presidente, poiché l’inquisitore generale ricopriva personalmente questo ruolo nelle sessioni a cui prendeva parte.
È importante sottolineare che la storia del Consiglio è in gran parte determinata da fattori ad esso esterni: il re, l’inquisitore generale e i tribunali dei distretti. Come tutti i consigli, nonostante il suo titolo di Supremo (non esisteva in Spagna nessuna giurisdizione che gli fosse superiore nella materie di sua competenza), dal punto di vista giuridico era semplicemente un organo consultivo a disposizione dell’inquisitore generale, che conservò sempre le prerogative di esenzione e patronato. In quanto ai tribunali di distretto, nonostante il costante e crescente scambio di informazioni con la Suprema, conservarono sempre una grande autonomia de facto nel loro funzionamento quotidiano ed un’ottima capacità di adattamento alle condizioni locali, come mostrato dagli studi di Contreras sull’inquisizione in Galizia. La miglior carta nelle loro mani per ottenere tale autonomia, nonostante il peso del Consiglio, fu la gestione delle informazioni, un fattore che deve essere tenuto in gran considerazione nello studio di qualsiasi organismo amministrativo. Per quanto riguarda i tribunali delle isole e quelli americani, essi godettero di un’indipendenza ancora maggiore, sia a causa della loro lontananza, sia per la forte incidenza di circostanze locali atipiche. Centralizzata, l’inquisizione spagnola non fu però mai un rigido apparato unilaterale per la trasmissione di ordini dal centro alla periferia. Così come il re doveva negoziare permanentemente coi suoi vassalli le condizioni dell’esercizio dei suoi poteri ed il Papa col suo clero, ugualmente la Suprema doveva negoziare coi tribunali di distretto (e l’inquisitore generale) che le comunicavano le esigenze delle diverse società locali che componevano il territorio in cui l’inquisizione aveva giurisdizione.
Bibliografia
- Jaime Contreras, El Santo Oficio de la Inquisición en Galicia (poder, sociedad y cultura), Akal, Madrid 1982.
- Henry Charles Lea, A History of the Inquisition of Spain, American Scholar Publications, New York 1966 [1906-1907], 4 vol., spec. II, pp. 161-204.
- Joaquín Pérez Villanueva, Bartolomé Escandell Bonet, dir., Historia de la Inquisición en España y América, vol. II. Las estructuras del Santo Oficio, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1993.
- Ricardo Gómez Rivero, "Consejeros de la Suprema de Felipe V", Revista de la Inquisición, 1995, IV, pp. 133-175.
- José Antonio Escudero, "Los orígenes del Consejo de la Suprema Inquisición", Anuario de Historia del Derecho Español, LIII, 1983, p. 238-289
- Teresa Sánchez Rivilla, El Consejo de Inquisición (1483-1700). Introducción al estudio social de sus miembros, Madrid, Universidad Complutense, 1995, Microfichas.
Per approfondire
Article written by Jean Pierre Dedieu | Ereticopedia.org © 2013
Spanish to Italian Translation by Valentina Oldrati & Daniele Santarelli
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]