Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Nel 1685 papa Innocenzo XI, con un breve del 10 gennaio, istituì l’Inquisizione di Spoleto staccando la città e una grossa porzione di territorio dalla giurisdizione perugina per razionalizzare il governo inquisitoriale dell’Umbria. Fino a quel momento a Spoleto erano presenti un vicario, due consultori, un procuratore fiscale, un notaio, un procuratore dei rei, un mandatario e due birri.
I locali furono ricavati in una parte del convento domenicano di San Salvatore, entro le mura urbane, costruito nel 1247, parte che passò sotto il diretto controllo della Sacra Congregazione. Pur acquisendo una sua autonomia, la sede di Spoleto fu soggetta al controllo di quella perugina.
Il primo inquisitore fu frate Domenico Caroli di Foligno, che il 7 agosto del 1685 inviò alla Sacra Congregazione il «Catalogo dè patentati di questa nuova Inquisizione di Spoleto» dal quale risulta una nutritissima schiera di «famigliari» seguita dal vicario, il procuratore fiscale, il procuratore dei rei, l’avvocato dei rei, i notai, i consultori, il revisore dei libri, il medico, il provveditore delle carceri, il depositario, lo speziale, il mandatario, il cerusico e il bargello. La sua giurisdizione si estendeva nelle città e diocesi di Foligno, Nocera, Terni, Narni, Amelia e all’abbazia di Ferentillo.
Ogni centro abitato di una certa importanza diventò così sede di vicariato per un totale di 43, di essi 4, fra i più importanti (Foligno, Narni, Bevagna e Trevi), retti da domenicani, altri 7 (Terni, Amelia, Norcia, Spello, Montefalco, Visso e Sangemini) retti da francescani, il resto da sacerdoti (la grande maggioranza), chierici (4), abati (1) e agostiniani (2).
Le inquisizioni nel 1706 erano suddivise in tre classi, secondo l’importanza, Perugia era nella seconda con altre 13 sedi e Spoleto nella terza con Gubbio e altre 15 città. Sia Perugia che Spoleto appartenevano alla Provincia Romana.
Alla nuova sede venne concessa una dotazione economica di 30 scudi annui che doveva essere versata dalla mensa episcopale in due rate semestrali.
Da una nota del 28 agosto 1701, con la quale frate Camassei inviò alla Sacra Congregazione un inventario dei pochi mobili della sua sede, molti dei quali fatti a sue spese, apprendiamo che dal 1° gennaio dello stesso anno, grazie ad una decisione della Congregazione stessa, alla dotazione economica iniziale erano stati aggiunti 20 scudi annui, in due rate semestrali, da parte del Sant’Uffizio di Perugia.
A questa disponibilità, in base alle aumentate esigenze e relative richieste da parte degli inquisitori di Spoleto, si aggiunsero contributi da parte della Sacra Congregazione direttamente o attraverso altre inquisizioni.
La dotazione economica poteva inoltre essere integrata dai beni o importi versati dai carcerati per il loro mantenimento, qualora ne disponessero, e da donazioni fatte dai patentati, molto rare, se si eccettuano, tra le altre, quelle del barone Ancaiani, provveditore dei carcerati, in viveri per i reclusi.
I sussidi da parte della Sacra Congregazione alla sede spoletina proseguirono nel corso del tempo, variando da un minimo di 20 ad un massimo di 80 scudi annui, con elargizioni straordinarie nel caso di comprovate e successivamente rendicontate spese impreviste. Si ha notizia di un contributo di 30 scudi addirittura fino al 1867, l’anno successivo cambierà valuta e passerà a 107,50 lire del Regno d’Italia, l’ultimo pagamento documentato è del 1880, pari a 100 lire.
Il 20 marzo 1773 lo stesso inquisitore ricordò, in una sua lettera, la necessità di costruire un nuovo carcere, contiguo all’esistente, acquistando una stanza dal convento.
Il 27 aprile venne informata la Sacra Congregazione del sopralluogo fatto da due muratori, con l’assistenza del barone Francesco Ancaiani e del barone Giambattista Pianciani, per individuare il luogo più idoneo alla costruzione di «una carcere alla larga e due segrete» per un valore di 592 scudi, compreso l’acquisto della stanza del convento domenicano valutata in 75 scudi.
Il 7 novembre 1774, con atto rogato dal notaio spoletino Carlo Mancini, i domenicani del convento di San Salvatore di Spoleto vendettero alla Sacra e Suprema Congregazione del Sant’Uffizio una stanza a pian terreno posta nella parte inferiore del detto convento verso il loro orto per costruirci le carceri e il prezzo fu sborsato dal barone Francesco Ancaiani custode delle suddette.
Tutte le celle sono ancora perfettamente conservate, anche se non aperte al pubblico, situate nel seminterrato del convento, oggi sede di un istituto scolastico.
Grazie ai carteggi conservati nell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, è possibile ricostruire gli arredi, la distribuzione interna degli ambienti e il funzionamento dell’istituzione religiosa.
Dai saccheggi perpetrati dalle truppe francesi prima e piemontesi poi, nonché dagli stessi inquisitori o loro collaboratori per far sparire carte compromettenti, sono scampati alcuni elenchi di persone inquisite e le loro condanne per un totale di soli 16 anni, fra il 1775 e il 1835.
Vedi anche: Lista degli Inquisitori di Spoleto
Bibliografia
- Roberto Nini, Il Sant'Uffizio di Narni, in A dieci anni dall’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell’Inquisizione, Roma, 21-23 febbraio 2008 (Atti dei Convegni Lincei, 260), Scienze e Lettere Editore Commerciale, Roma 2011, pp. 666-698.
- Roberto Nini, Il Sant'Uffizio di Spoleto: repertorio delle fonti di un'Inquisizione umbra con brevi cenni su alcune sue vicarie e altre sedi, tratte da documenti conservati presso l'Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, Il Formichiere, Foligno 2015.
Link
- Scheda sulla sede inquisitoriale di Spoleto sul sito Symogih.org
Article written by Roberto Nini | Ereticopedia.org © 2015
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]