Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


La chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, tradizionalmente detta Chiesa Nuova dopo il rifacimento cinquecentesco, sorge sulla piazza omonima nel rione Parione. Fondata probabilmente da Gregorio Magno alla fine del VI secolo, la chiesa fu eretta sull’area di una leggera depressione naturale nella pianura del Campo Marzio. Nella chiesa era conservato un affresco murale trecentesco raffigurante la Madonna con Gesù Bambino e due angeli, originariamente collocato all’esterno di una “stufa”, o bagno pubblico, che divenne oggetto di culto poiché iniziò a sanguinare dopo essere stato colpito da un sasso. Nel 1574 l’immagine miracolosa, denominata Madonna della Vallicella, era stata già rimossa dal muro per essere custodita nella sacrestia della chiesa. Il dipinto fu in seguito collocato sull’altare maggiore della Chiesa Nuova, divenuta sede definitiva dell’Oratorio di Filippo Neri.

I padri dell’Oratorio alla Vallicella

Il 15 luglio 1575, con la bolla Copiosus in misericordia Deus, Gregorio XIII diede una svolta alla vita presente e futura dell’istituto filippino, stabilendo che alla Congregazione dell’Oratorio di Filippo Neri fosse assegnata a titolo definitivo la piccola chiesa romana di Santa Maria in Vallicella1. Il 1° di agosto dell’anno seguente, in attesa di lasciare definitivamente San Giovanni dei Fiorentini, padre Filippo decise di trasferirvi un primo gruppo di residenti, di cui facevano parte inizialmente i vetustiores Cesare Baronio, Francesco Maria Tarugi e Giovanni Antonio Lucci, ai quali si aggiunse quasi subito Germanico Fedeli, nipote di Alessandro e all’epoca non ancora trentenne, che con Lucci vide «rovinare la chiesa vecchia, fondar la nova et fabricarla», come fu verbalizzato al processo di canonizzazione2. Il cardinale Alessandro de’ Medici fu invitato dal Neri – di cui era stato discepolo – a conferire solennità al rito della prima pietra, che fu benedetta il 17 settembre 1575. Ebbero così inizio le donazioni alla fabbrica della nuova Vallicella per consentirne un ampio e tempestivo restauro. A questo proposito, il 9 agosto 1576 Guglielmo Sirleto fece pervenire a Tarugi la somma di 110 scudi per il tramite di Bernardino Corona, persona a lui assai cara e in strettissima relazione con i padri dell’Oratorio, considerato che fu tra i primi penitenti di Filippo Neri – che conosceva di persona almeno dal 1555 – e fra le presenze più assidue a San Girolamo della Carità3.
A Santa Maria in Vallicella Giovanni Antonio Lucci si occupava delle varie incombenze della parrocchia e fin dall’inizio, per volontà del Padre, aveva assunto il ruolo di direttore dei lavori di ricostruzione della chiesa filippina, che fu perciò detta “Chiesa Nuova”, con Germanico Fedeli che fungeva da solerte assistente e successivamente gli subentrò nell’incarico di sovrintendente alla fabbrica4. La realizzazione della “nuova” Vallicella fornì rilevante materia “eroica” a Paolo Aringhi, interessante personalità di erudito filippino, che mise mano all’ambizioso progetto di una storia complessiva della Congregazione attraverso i profili biografici dei suoi soggetti, concepita come fonte per le future generazioni di ricercatori e assemblata dopo il 1650 in tre volumi con l’intitolazione Le vite e detti de’ padri e fratelli della Congregatione dell’Oratorio, ma poi destinata a rimanere a lungo manoscritta, incrementando il numero degli inediti custoditi in Vallicelliana:

Entrato dunque Filippo in possesso della chiesa della Vallicella mandò alcuni de suoi ad habitarvi, cioè Germanico Fedeli, e Gio. Antonio Lucci da Bagnarea, sacerdote di gran virtù, e degl’antichi figliuoli spirituali del Santo, accioché attendessero ad offittiar la Chiesa, et havessero insieme cura della Parocchia (che all’hora vi era) e di quella poca fabbrica, che dissegnava di farvi, ma vedendo i Padri tanto picciola, e ruinosa la Chiesa, comminciarono a discorrere insieme, se che modo si dovea tenere per megliora[rla] ma non havendo assegnamento di denari, il Santo Padre dopo haver ciò consultato con Dio, una mattina d’improviso diede ordine che la Chiesa antica si gettasse a terra, e ch’in suo luogo se n’edificasse una, che fosse grande, e capace per gl’essercitij della Congregatione, come al presente si vede, e dopo haver egli steso additato il luogo miracoloso, da Dio mostratogli, dove dovevano tirar il filo pe’ fondamenti, superate moltissime contraditioni, si diede principio alla nuova fabbrica della Chiesa alli 17 di settembre, l’anno del Giubileo 1575 in cui pose la prima pietra con le debite solennità Alessandro Cardinal de’ Medici, all’hora Arcivescovo di Fiorenza, che fu poi Leone XI5.

Lucci era assai benvoluto sia dal popolo sia dalla nobiltà romana e per questo motivo riusciva a raccogliere un bel numero di elemosine per la fabbrica della Chiesa Nuova. Tra i suoi compiti vi era quello di garantire la sorveglianza al cantiere dei lavori e nell’esercizio di tale mansione sfuggì perfino ad alcuni attentati, a cui accenna Antonio Gallonio nella sua Vita di san Filippo Neri, servendosi verosimilmente di una testimonianza resa da Giacomo Crescenzi: «Hora mentre l’edifizio si faceva, cominciarono molti, che dimoravano in questa contrada, provocati dalla malitia dell’antico aversario, a dir male de’ Padri, e dar loro quanta noia potevano: ma vedendo che non facevano nulla, proseguendo pure i Padri il fabricare, alcuni di loro, che di maggiore invidia forse ardevano, due volte con balestre, e una con pietre cercarono ferire il Padre Giovan Antonio Lucci (…)»6. Da Gallonio si apprende, inoltre, il nome di questi attentatori, conosciuti come «li Fuscherii», che «in termine d’un anno morirorno tutti»7.
Il 3 febbraio 1577 Alessandro de’ Medici celebrò la prima Messa alla Chiesa Nuova e dopo venti giorni vi furono spostati gli esercizi dell’Oratorio8. L’anno successivo Santa Maria in Vallicella fu affrancata dalla giurisdizione della basilica di San Lorenzo in Damaso per effetto della bolla papale Ecclesia S. Mariae in Vallicella, recante la data del 1° settembre 1578. Il 15 marzo dell’anno precedente si era svolta la prima assemblea dei padri dell’Oratorio, a cui la bolla di fondazione riconosceva ampia facoltà «di far Decreti e Costitutioni pel buon governo di essa»9. L’8 maggio 1577 i padri filippini deliberarono l’elezione del Neri a preposito della Congregazione, poi rinnovata a vita, per voto unanime, il 9 maggio 158410.

I padri della Chiesa Nuova al tempo di Filippo Neri

In un documento redatto dal Tarugi in occasione della visita ufficiale di Gregorio XIII alla comunità filippina della Vallicella, conclusa dal pontefice la domenica del 17 agosto 1578, si ha un’idea precisa della reale consistenza e composizione dell’Oratorio romano, poiché l’autorevole estensore indica i componenti della casa, divisi per status, includendovi ventitré sacerdoti – di cui due risultati assenti in quella circostanza – e accompagnando la lista dei soggetti con un memoriale illustrativo11. Un documento antecedente riporta il primo elenco noto, sia pure incompleto, dei padri della Chiesa Nuova. Esso fu redatto in occasione della congregazione del 21 maggio 1577, allorquando Bordini e Alfonso Visconti furono entrambi designati procuratori per trattare i vari negozi dell’istituto filippino, con atto rogato lo stesso giorno nel refettorio dell’abitazione del notaio Francesco Bucca, antico frequentatore del Neri e dell’Oratorio di San Girolamo12. Germanico Fedeli ci tenne tuttavia a precisare che padre Filippo «haveva per male esser chiamato fondatore della Congregatione dell’Oratorio, dicendo chiaramente, che egli non ebbe mai pensiero, né credenza di poter fare cosa simile, ma che Iddio l’haveva fatta lui, et che s’era servito d’esso, come di instromento molto debile, come suole fare nelle sue cose»13. Analogamente Egidio Calvelli, componente della comunità romana come fratello laico addetto alla spezieria, aveva dichiarato anni prima che per l’istituzione dell’Oratorio il Padre si riteneva un semplice strumento dell’imperscrutabile volontà divina e perciò sosteneva: «Io non ho fatta questa Congregatione; l’ha fatta Iddio, che io non ho pensato mai di far Congregatione»14.
Da preposito della Congregazione, Filippo Neri considerava l’Oratorio come un processo flessibile e in graduale evoluzione piuttosto che un rigido ordinamento, ragion per cui pensò bene di rinviare di anno in anno la stesura delle tanto attese costituzioni. Nel 1583 si giunse finalmente a una prima bozza di regole, frutto del lavoro comune svolto da Tarugi e Antonio Talpa, sia pure con la supervisione di padre Filippo, ma fu poi Bordini a elaborare il testo definitivo in latino, perfezionandolo sul piano stilistico e presentandolo ai confratelli con il titolo di Compendium Constitutionum Congregationis Oratorii15. Nel 1588 fu però steso un nuovo testo di regole, mai sottoposto all’approvazione pontificia, e tra il 1596 e il 1597, dopo la morte del Padre, se ne preparò addirittura una terza bozza, prova evidente della lunga e articolata dialettica ancora in corso nell’Oratorio16.
Quando il cardinale Agostino Valier compose quasi di getto il Philippus, sive de christiana laetitia dialogus, vale a dire il Dialogo della gioia cristiana, che nella finzione letteraria si svolge il 16 agosto 1591, dunque pochi mesi prima della morte di Gregorio XIV, facevano parte della comunità della Chiesa Nuova una quindicina di soggetti, alcuni dei quali già famosi o ritenuti molto dotti e autorevoli: Cesare Baronio, Giovan Francesco Bordini, Alessandro e Germanico Fedeli, Angelo Velli, Francisco Soto de Langa, Tommaso Bozio, Pompeo Pateri, Giulio Savioli, Pietro Peracchione, Antonio Gallonio, Agostino Manni, Giovanni Matteo Ancina, Gian Francesco Bernardi e Flaminio Ricci. Due di essi, il romano Bordini (poi inviato nel 1598 a guidare la diocesi di Avignone in sostituzione di Tarugi) e il sorano Baronio, padre della storia ecclesiastica, figurano con Federico Borromeo, Ludovico de Torres, Marcantonio Maffa, Silvio Antoniano, Agostino Cusani e padre Filippo tra i dialoganti dell’operetta del Valier, testimonianza esemplare della peculiare spiritualità dell’Oratorio e della sua centralità nell’ambiente intellettuale romano17.
Durante la congregazione generale del 22 luglio 1593, dovendo trovare il primo successore del dimissionario Neri, che aveva lasciato il 5 giugno la guida della Congregazione per motivi di salute, i padri della Vallicella elessero lo storico Cesare Baronio preposito generale dell’Oratorio18. Padre Filippo – ricorda Pompeo Pateri nelle sue Memorie – si spense il 26 maggio 1595: «se ne volò al Cielo senza male ma all’improvviso, et passeggiando disse: “mi moro”, et postosi a letto più presto sedendo che giacendo in un quarto d’hora spirò come un pulcino alli 26 maggio fra le 6 e le 7 hore»19. In accordo con il coevo ricordo di Pietro Consolini, Germanico Fedeli allude allo sgomento del Baronio di fronte alla morte sopraggiunta improvvisa: «Padre, ve ne andate via senza dirci cosa alcuna; almeno dateci la vostra beneditione»20.

Fonti

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  • [Paolo Aringhi], Le vite, e detti de padri, e fratelli della Congregazione dell’Oratorio da s. Filippo Neri fondata nella Chiesa di S. Maria in Vallicella raccolti da Paolo Aringhi Prete della detta Congregatione e da Altri, vol. I e II, editi e annotati da Maria Teresa Bonadonna Russo, con la collaborazione di Renato De Caprio, Edizioni oratoriane, Roma 2018-2020 [i due volumi corrispondono alla prima delle tre parti dell’opera].
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  • Antonio Gallonio, Vita di San Filippo Neri, pubblicata per la prima volta nel 1601. Edizione critica a cura dell’Oratorio Secolare di S. Filippo Neri di Roma, a celebrazione del IV centenario della morte del Santo, con introduzione e note di Maria Teresa Bonadonna Russo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 1995.
  • Il primo processo per san Filippo Neri nel codice vaticano latino 3798 e in altri esemplari dell’Archivio dell’Oratorio di Roma, edito e annotato da Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian, con la collaborazione di Carlo Gasbarri, 4 v., Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1957-1963 [I: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1595, Città del Vaticano 1957; II: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1596-1609, Città del Vaticano 1958; III: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1610. Testimonianze «extra urbem»: 1595-1599, Città del Vaticano 1960; IV: Regesti del secondo e terzo processo. Testimonianze varie. Aggiunte e correzioni alle note dei volumi I-III. Indice generale, Città del Vaticano 1963].
  • Giovanni Marciano, Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio, nelle quali si dà ragguaglio della fondatione di ciascheduna delle congregationi sin’hora erette, e de’ soggetti più cospicui che in esse hanno fiorito …, 5 v., per il De Bonis stampatore arcivescovale, in Napoli 1693-1702 [i singoli volumi sono così datati: I, 1693; II, 1693; III, 1698; IV, 1699; V, 1702].
  • [Pompeo Pateri], Memorie lasciate dal p. Pompeo Pachi (sic!) per negozi e cose spettanti alla Congregazione dell’Oratorio, in Maria Teresa Bonadonna Russo, Le “Memorie” del p. Pompeo Pateri d. O., in “Archivio della Società romana di storia patria”, 97, 1-4, 1974 [stampa 1975], pp. 39-146: 55-146.
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Voci correlate

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione trasversale Oratorio e Congregazione oratoriana: storia, spiritualità, politica culturale, dedicata all’Oratorio sorto per iniziativa di Filippo Neri, che da libero sodalizio conobbe nell’arco di un quarto di secolo una sua graduale evoluzione fino alla sua istituzionalizzazione nel 1575 (quando papa Gregorio XIII decise per decreto di costituire la Congregazione oratoriana), con l’obiettivo di costruire un repertorio di voci inerente non soltanto ai padri e ai fratelli laici che entrarono stabilmente nell’Oratorio filippino, ma allargato significativamente alle opere prodotte e diffuse dall’operoso laboratorio oratoriano, ai luoghi della Congregazione, alle personalità più o meno note che si riconobbero nella sua politica culturale, partecipando attivamente alle varie iniziative promosse e in particolare agli esercizi spirituali, considerati il nucleo pulsante del programma filippino.

Article written by Stefano Zen | Ereticopedia.org © 2024

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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