Sant’Eutizio di Carbognano, chiesa di

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


La chiesa di Sant’Eutizio, una delle più antiche di Carbognano, sorge in una zona rurale a poca distanza dal piccolo centro della Tuscia viterbese. Risalente secondo alcune testimonianze al IX secolo, Sant’Eutizio è l’unica chiesa locale costituita da tre navate. Sul finire del 1583 Gregorio XIII decise di affidarla ai padri dell’Oratorio, che in questa zona avevano acquisito da poco dei possedimenti terrieri. La condizione di totale abbandono in cui versava Sant’Eutizio spinse la nobildonna Lavinia della Rovere, assai devota a Filippo Neri e alla Congregazione oratoriana, a prendersi concretamente cura dello stato della chiesa, impiegando le proprie risorse per la sua ristrutturazione.

Storia e descrizione

La Congregazione dell’Oratorio entrò in possesso nell’estate del 1583 di una casa di campagna, con terreni annessi, ubicata a Carbognano, nel Viterbese, nei pressi della piccola chiesa rurale di Sant’Eutizio. Il possedimento, già appartenuto al cardinale Alessandro Farnese, futuro Paolo III, era stato acquistato il 16 giugno dello stesso anno da Giovan Battista Picciolotti, un singolare benefattore originario del luogo vissuto nel mito di Filippo Neri, che una decina di giorni dopo la compravendita non esitò a trasferire la proprietà alla Congregazione dell’Oratorio, dando così inizio alla costituzione di un cospicuo patrimonio fondiario1. Picciolotti poteva vantare una cappella di sua pertinenza nella chiesa di Santa Maria dell’Immacolata Concezione, la cui realizzazione fu voluta da Giulia Farnese, sorella di Paolo III e signora di Carbognano2. Volendo poi ampliare la proprietà filippina di Carbognano, Picciolotti portò a termine altre compravendite di terreni nell’attuale contrada Sant’Eutizio, per lo più di concerto con Lavinia della Rovere, nipote di Giulia Farnese, divenuta da poco tempo vedova del condottiero Paolo Orsini di Mentana. D’altra parte, la nobildonna non dissimulava la sua simpatia per l’Oratorio e non esitò a mettere mano con propri mezzi a diversi interventi di restauro e valorizzazione dei luoghi oratoriani di Carbognano, consolidandovi l’insediamento filippino e favorendo sempre gli interessi della Congregazione. In particolare, Lavinia della Rovere promosse il restauro della chiesa di Sant’Eutizio, che Gregorio XIII aveva deciso di unire nel catasto a una delle vigne in possesso della Congregazione, assegnandola per il culto e i ministeri pastorali ai padri della Vallicella. Sta di fatto che Sant’Eutizio nel novembre del 1583 già risultava affidata ai padri filippini3.
La chiesetta di Sant’Eutizio doveva tuttavia versare in condizioni disastrose se il 25 maggio 1585, nel verbale d’insediamento dei padri dell’Oratorio, rappresentati sul posto dai delegati Pompeo Pateri e Giovanni Paolo Curiazio, veniva descritta apertis verbis «sine cura», «semper aperta ac animalibus et immunditiis exposita»4. In questa circostanza, Lavinia della Rovere incaricò Pompeo Pateri di occuparsi personalmente della ristrutturazione di Sant’Eutizio e a tale scopo gli furono assegnati 80 scudi: «La detta signora diede anchora a me ottanta scudi, per ristorare la chiesa di S. Eutitio, in detta vigna, et alla morte sua lassò alla Congregatione nostra circa a 6000 scuti senza carico in scritto; ma io so, come sapevano il p. Agostino (Manni) et ms. Gio. Paolo (Curiazio), che disse più volte, che si mandasse alle volte alchuni di nostri a confessare quella gente di Carbognano»5. Nel suo testamento, dettato l’11 marzo 1594, la nobildonna confermò la donazione della sua casa romana all’Oratorio, ma con il significativo vincolo «di tenere un prete sacerdote a Carbognano, quando però loro possano»6. I padri filippini non mancarono di raccogliere l’accorato invito di Lavinia della Rovere, occupandosi non solo della cura di Sant’Eutizio, ma premurandosi in seguito di erigere a Carbognano, grazie all’iniziativa di Orazio Giustiniani, la prima chiesa dedicata a Filippo Neri7.
La chiesa di Sant’Eutizio si trova poco distante dal centro di Carbognano. La sua pianta è di forma irregolare, ha cinque lati e risulta sprovvista del vano riservato alla sacrestia. Le fondazioni sono in muratura di tufo e pietra locale. Anche per le colonne e le strutture portanti verticali è stato utilizzato il tufo locale. Le coperture sono a capriate in legno di castagno, con pianelle in cotto, tegole e coppi alla romana; le travi principali e secondarie sono anch’esse in castagno. La chiesa ha una struttura gotica e la facciata principale, al pari delle laterali, è molto semplice e si presenta con un portale in legno e un rosone circolare sovrastante. Il campanile è del tipo a vela e consiste in una struttura muraria tufacea che racchiude una campana in bronzo. Al suo interno Sant’Eutizio presenta un impianto a tre navate a terminazione rettilinea con colonne di ordine toscano e capitelli medioevali. Nella navata centrale si trova l’altare maggiore e alle sue spalle, nell’abside, spicca l’affresco della Crocifissione di Cristo con i santi Pietro e Paolo, attribuito alla mano di Francesco d’Antonio Zacchi, detto il Balletta, attivo sul territorio dal 1430 ma dato dal figlio già scomparso nel 1476, che alla metà del Quattrocento era tra gli artisti più richiesti della scena viterbese. Nel catino absidale, poco visibile, è dipinto il Salvatore. A sinistra della parete absidale si conserva l’affresco della Madonna in trono con Bambino, che regge un cartiglio con la scritta “Ego sum via”, riconducibile come il precedente alla maniera pittorica del Balletta. A destra è raffigurata l’immagine di Sant’Eutizio, che nella mano sinistra tiene un libro aperto. Alle sue spalle si trova il Miracolo di sant’Eutizio, opera di un artista locale risalente ai primi del Cinquecento, come si rileva dall’iscrizione ancora visibile con la data 1515. L’autore, non identificato, vi richiama l’aneddoto delle spighe di grano, poi diventate simbolo di Carbognano, con cui il Santo riuscì a placare la fame dei giovenchi di un contadino8. Durante il periodo di Napoleone la chiesa fu venduta a mani straniere e per lungo tempo restò chiusa al culto. In tempi recenti è stata recuperata con restauri minuziosi che l’hanno riportata allo splendore originario9.

Fonti

  • Fioravante Martinelli, Carbognano illustrato, per Francesco de’ Laz., figl. d’Ignatio, in Roma 1694.
  • [Pompeo Pateri], Memorie lasciate dal p. Pompeo Pachi (sic!) per negozi e cose spettanti alla Congregazione dell’Oratorio, in Maria Teresa Bonadonna Russo, Le “Memorie” del p. Pompeo Pateri d. O., in “Archivio della Società romana di storia patria”, 97, 1-4, 1974 [stampa 1975], pp. 39-146: 55-146.

Bibliografia

  • Maria Teresa Bonadonna Russo, Le “Memorie” del p. Pompeo Pateri d. O., in “Archivio della Società romana di storia patria”, 97, 1-4, 1974 [stampa 1975], pp. 39-146.
  • Antonio Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, prefazione di Carlo Maria Martini, 3 v., Morcelliana, Brescia 1989.
  • Anna Maria Corbo, Chiese e artisti viterbesi nella prima metà del secolo XV, in “Commentari”, Rivista di critica e storia dell’arte, n.s., 28, 1977, pp. 162-171.
  • Anna Maria Corbo, Il Balletta: un pittore viterbese del Quattrocento, in Renato Lefevre (a cura di), Fatti e figure del Lazio medievale, Palombi editore, Roma 1979 [stampa 1978] (Lunario romano, 8), pp. 565-576.
  • Italo Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Bozzi, Roma 1970.
  • Domenico Fratoni, Sant’Eutizio da Ferento. Il santo del grano patrono di Carbognano, Tecnostampa, Sutri 2007.
  • Marina Frettoni, Della Rovere, Lavinia, in DBI, vol. 37 (1989).
  • Il Quattrocento a Viterbo. Catalogo della Mostra, Viterbo, Museo civico, 11 giugno-10 settembre 1983, De Luca, Roma 1983 [Mostra promossa dall’Istituto di storia dell’arte dell’Università di Roma nell’ambito del ciclo Il Quattrocento a Roma e nel Lazio].
  • Renzo Innocenzi, Carbognano, Carivit, Viterbo 2001.
  • Guido Rebecchini, [* https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-d-antonio-da-viterbo-detto-il-balletta_%28Dizionario-Biografico%29/ Francesco d’Antonio da Viterbo (Francesco d’Antonio Zacchi), detto il Balletta], in DBI, vol. 49 (1997).
  • Flavia Strinati, Carbognano, una cittadella filippina in Tuscia: la residenza agreste dei padri della Vallicella e la prima chiesa intitolata a san Filippo Neri, in “Annales Oratorii”, 18, 2018, pp. 77-99.
  • Simonetta Valtieri, Daniela Gallavotti Cavallero, Il Castello di Carbognano residenza di Giulia Farnese. Le trasformazioni tra il XV e il XVII secolo. Storia, architettura, decorazioni pittoriche, Ginevra Bentivoglio EditoriA, Roma 2022.
  • Roberto Zapperi, Farnese, Giulia, in DBI, vol. 45 (1995).

Voci correlate

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione trasversale Oratorio e Congregazione oratoriana: storia, spiritualità, politica culturale, dedicata all’Oratorio sorto per iniziativa di Filippo Neri, che da libero sodalizio conobbe nell’arco di un quarto di secolo una sua graduale evoluzione fino alla sua istituzionalizzazione nel 1575 (quando papa Gregorio XIII decise per decreto di costituire la Congregazione oratoriana), con l’obiettivo di costruire un repertorio di voci inerente non soltanto ai padri e ai fratelli laici che entrarono stabilmente nell’Oratorio filippino, ma allargato significativamente alle opere prodotte e diffuse dall’operoso laboratorio oratoriano, ai luoghi della Congregazione, alle personalità più o meno note che si riconobbero nella sua politica culturale, partecipando attivamente alle varie iniziative promosse e in particolare agli esercizi spirituali, considerati il nucleo pulsante del programma filippino.

Article written by Stefano Zen | Ereticopedia.org © 2024

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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