Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
La caccia alle streghe di Cassano d'Adda si risolse in due fasi processuali. La prima fu condotta negli ultimi mesi del 1519 dall'Inquisitore di Milano Gioacchino Beccaria, che rivendicò competenza sul caso nonostante l'appartenenza di Cassano alla diocesi di Cremona, sulla base dei luoghi di nascita delle imputate. Questa prima fase fu cruenta, oltre che spedita: Leonarda d'Inzago e Petrina de' Terreni furono condannate a morte e bruciate sulla riva dell'Adda; Vanina la Zoppa di Pontirolo Vecchio subì anch'essa la pena capitale e fu bruciata in piazza a Cassano; Cassina detta Imola o Formiga di Groppello fu condannata a una breve pena detentiva e ad essere bastonata in pubblico in chiesa; Caterina de' Cerbalii di Pontirolo Nuovo fu condannata solo a una breve pena detentiva.
Mentre questo primo processo stava per chiudersi, se ne aprì un altro a carico di altre donne, accusate sulla base delle testimonianze delle imputate del primo processo: Stefanina della Ferrara, Venturina di Palazago e Maria detta la Lupa, alle quali si aggiunsero Caterina detta Ferrazza e Caterina la Loda. Il procedimento fu preso in carico nel gennaio 1520 dal vicario vescovile di Cremona, don Cosma Fabba. I sacerdoti di Cassano, sentiti dal vicario, sostennero l'innocenza delle donne. L'atteggiamento tenuto dal vicario fu mite, le donne accusate non subirono conseguenze di rilievo ed egli ignorò anche le accuse rivolte a fra Bartolomeo da Cassano di aver ospitato in casa una strega, detta la Jora (già morta al tempo del processo), per farsi insegnare da lei i riti stregoneschi.
Bibliografia
- Giuseppe Farinelli, Ermanno Paccagnini, Processo per stregoneria a Caterina de Medici 1616-1617, Rusconi, Milano 1989, pp. 68-70.
Article written by Daniele Santarelli & Domizia Weber | Ereticopedia.org © 2020
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]