Pio V, papa

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Pio V, al secolo Michele Ghislieri (Bosco Marengo, 17 gennaio 1504 – Roma, 1º maggio 1572), fu papa dal 1566 al 1572; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, essendo stato canonizzato il 22 maggio 1712 da Clemente XI.

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Biografia

L'entrata nell'ordine domenicano, la vocazione da inquisitore

Proveniente da famiglia di origini modeste, entrò a quattordici anni nell'ordine domenicano. La sua formazione teologica era molto solida, molto meno quella umanistico-letteraria. Insegnò teologia in vari conventi dell'ordine, ma, avviandosi alla carriera di inquisitore, si distinse per il suo zelo e per il suo coraggio, caratterizzati da una forte sete di martirio, nella caccia e nella lotta agli eretici.
Nel 1550 era inquisitore a Como dove ebbe vigorosi contrasti con il clero locale per la sua intransigenza. Nel dicembre da Como si recò a Bergamo per procedere contro il vescovo Vittore Soranzo, venendo però costretto a fuggire in tutta fretta da quella città nel mese di dicembre in seguito ad un complotto armato contro di lui.

A Roma, commissario generale del Sant'Uffizio

Il cardinal Carafa notò queste doti, lo prese sotto la sua protezione e ne favorì grandemente la carriera. Nel 1551 Ghislieri fu nominato commissario generale del Sant’Uffizio.

Il papato di Paolo IV: l'ascesa irresistibile di Ghislieri

L'elezione papale di Carafa diede ovviamente ulteriore slancio alla sua carriera. Paolo IV assegnò il 1° settembre 1555 gli stessi pieni poteri dei cardinali inquisitori; quindi, il 4 settembre 1556, lo fece vescovo di Nepi e Sutri ed il 15 marzo 1557 cardinale .
Ghislieri svolse un ruolo fondamentale nel processo inquisitoriale contro il cardinal Morone, che Paolo IV affidò a lui sin dall’inizio.
Svolse inoltre un ruolo fondamentale nella gestione del caso Soranzo, rifacendosi di quel conto in sospeso che aveva maturato con quest’ultimo e con la città di Bergamo per l'episodio del 1550. Non a caso, nel corso di un colloquio svoltosi il 23 novembre 1557 con Antonio Milledonne, segretario dell'ambasciatore veneziano Bernardo Navagero, Ghislieri dichiarò, in merito al caso Soranzo, che Navagero avrebbe dovuto scrivere ai Capi dei Dieci perché comandassero ai rettori della città di Bergamo “che favorissero et aiutassero il tribunal dell’Inquisitione in quella città, accioché ad honor di Dio et beneficio di quel populo potesse far l’offitio et debito suo”. Navagero, dal canto suo, steso il resoconto dell’udienza del Milledonne dal Ghislieri, non mancava di far presente ai Capi dei Dieci che il cardinale Alessandrino “è quello che governa l’Inquisitione et che quanto dice è tanto come se fusse detto dal pontifice, onde crederei che fusse bene che io havesse da responderli alcuna cosa di ordine di vostre eccellentissime signorie”1.
Risultava quindi estremamente chiaro quanto grande fosse il potere acquisito dal Ghislieri alla corte di Paolo IV, specie in materia di lotta all’eresia.
La carriera del Ghislieri sotto Paolo IV culminò poi con la nomina vitalizia a Grande Inquisitore (“inquisitor maior et perpetuus”), avvenuta il 14 dicembre 1558 . Grazie a Paolo IV e al Sant’Uffizio, il Ghislieri riuscì dunque a compiere quel salto di qualità e ad ottenere quell’autorità e quel prestigio in curia che gli permisero di ascendere a sua volta, nel gennaio 1566, al soglio papale col nome di Pio V.

Il papato di Pio IV: la messa in disparte

Il successore di Paolo IV riorganizzò il Sant'Uffizio riducendone i membri e soprattutto i poteri. Ghislieri ne venne confermato alla testa, ma si trovò in una posizione molto difficile. Dovette accettare la revisione di tutti i principali processi da lui condotti, a partire da quello contro il cardinal Morone, che venne immediatamente liberato, assolto e quindi inviato a dirigere il concilio di Trento. A testimonianza che tra Pio IV e Ghislieri non corresse buon sangue una testimonianza di Guido Giannetti da Fano, che, a proposito del cardinale Alessandrino, scriveva a William Cecil: "sotto l’altro papa era caporale e spaventevole giudice dell’Inquisitione et hora da papa Pio […] domandava licentia di ritirarsi a’ suoi bisogni per doi o tre mesi, poi che ad ogni modo per la Inquisitione poco doveva essere operato”. La risposta di Pio IV fu eloquente: “sorridendo rispose dargli volentiere licentia di ritirarsi e per tre mesi e, se gli piacesse, per sempre”2.
Nonostante ciò, Ghislieri godette della stima di Carlo Borromeo, cardinal nepote di Pio IV, che volle favorirne grandemente l'elezione pontificia nel 1566, dando la priorità alla difesa della fede e dell'ortodossia sulle questioni familiari e personali. Così Carlo Borromeo giustificò la sua scelta in favore del Ghislieri al cardinale Enrico di Portogallo: “Io decisi di non tener conto di niente quanto della religione e della fede. E poiché mi erano noti la pietà, la vita irreprensibile ed i santi pensieri del cardinale di Alessandria, ritenni che la repubblica cristiana sarebbe stata governata da lui nel migliore dei modi, e dedicai a lui tutti i miei sforzi”3.

Infine, il papato di Pio V ovvero il trionfo dell'Inquisizione 

Il tempo della vendetta venne per il Ghislieri con la sua elezione al papato nel gennaio 1566. Nel corso del suo regno Pio V si distinse a tal punto come difensore della purezza della fede contro eretici e infedeli, da guadagnarsi la perenne venerazione dei posteri, al contrario di Paolo IV, il quale rimase invece un protagonista “scomodo” della storia della Chiesa e la cui figura fu colpita, nel lungo periodo, da una sorta di damnatio memoriae.
Non fu certo così per Pio V Ghislieri, la cui elezione al papato fu d’altronde grandemente favorita dal cardinal Carlo Borromeo (nipote – va ricordato – del suo predecessore Pio IV, grande nemico e persecutore di casa Carafa), che vide nel cardinale Alessandrino l’incarnazione dell’ortodossia e della purezza della fede. Ci fu peraltro chi vide da subito in lui la reincarnazione di Paolo IV. L’elezione papale del Ghislieri fu infatti salutata con queste parole a monsignor Giulio Antonio Santori (che fu quindi scelto da Pio V come suo uomo di fiducia e da lui fatto cardinale) da un suo entusiasta corrispondente romano:
"A Roma, a Roma, ch’aspettate? Venite allegramente […] Dio ci ha resuscitato Paolo IV"4.
Pio V non deluse certamente tali attese. Egli non è infatti passato alla storia solo come il papa che fondò e promosse la “lega santa” che sconfisse i Turchi a Lepanto il 7 ottobre 1571 , ma anche come il papa che consigliò vivamente a Filippo II di intervenire colle armi nei Paesi Bassi, appoggiando quindi la sanguinosa repressione compiuta dal duca d’Alba contro i calvinisti, caldeggiò la messa in atto di misure estreme contro gli ugonotti in Francia, e mise in atto una spietata repressione contro gli eretici di tutte le sette, dando in particolare il colpo di grazia al gruppo degli “spirituali”, con il processo e la condanna a morte di Pietro Carnesecchi. Il Sant'Uffizio venne subito riorganizzato e affidato a due ex fedelissimi di Paolo IV, Bernardino Scotti e Scipione Rebiba, affiancati da Gian Francesco Gambara e Francisco Pacheco. Nel 1570 la compagine inquisitoriale venne rafforzata dalle nomine cardinalizie di due inquisitori di professione (come era d'altronde Pio V stesso): Felice Peretti e Giulio Antonio Santori. Nel 1571 Pio V istituì la congregazione dell'Indice, che assorbiva una parte delle competenze del Sant'Uffizio in materia di libri proibiti. Furono questi anni di intensa persecuzione inquisitoriale in tutta Italia con l'annientamento definitivo di quel che restava della Riforma protestante nella penisola.

Bibliografia

  • Simona Feci, Pio V in EP vol. 3.
  • Nicole Lemaitre, Saint Pie V, Fayard, Paris 1994.
  • Ludwig von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo: vol. VIII, Storia dei Papi nel periodo della Riforma e Restaurazione cattolica. Pio V  (1566–1572), Desclée, Roma 1924: EN pt1 EN pt2.
  • Giovanni Romeo, Pio V nelle fonti gesuite: le Epistolae generalium Italiae e le Epistolae Italiae, in Pio V nella società e nella politica del suo tempo, Il Mulino, Bologna 2005, pp. 111-127.

Voci correlate

Link

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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