Campori, Pietro

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Pietro Campori (Castelnuovo di Garfagnana, 1553 - Cremona, 4 febbraio 1643) è stato un cardinale e vescovo, membro del Sant'Uffizio.

Biografia

Pietro Campori nacque a Castelnuovo di Garfagnana da Giammaria e Vittoria dei conti Sandonnini nel 1553.
In seguito al suo trasferimento con la famiglia a Modena, la quale venne incardinata nella nobiltà locale, studiò a Lucca e si addottorò in utroque iure all'Università di Pisa. Quindi, trasferitosi a Roma, collaborò con Cesare Speciano, vescovo di Novara e di Cremona, servendolo anche nelle sue nunziature in Spagna (1586-1589) e in Austria (1592-1598), guadagnandosi diversi benefici e persino un diploma di nobiltà dal imperatore Rodolfo II nel 1596.
Al suo ritorno in Italia al fianco dello Speciano (1591), i suoi indirizzi filospagnoli gli alienarono le speranze di essere innalzato alla porpora cardinalizia e assistette il neo vescovo di Cremona nell’amministrazione di quella diocesi, partecipando ai sinodi del 1599 e 1604 e guadagnandosi il titolo di canonico presso la chiesa episcopale nel 1600.
Una volta ritornato a Roma a seguito della morte del suo protettore avvenuta nel 1607,sotto il papato di Paolo V fu segretario del cardinal nepote Scipione Caffarelli Borghese. Fu quindi nominato cardinale il 17 settembre 1616. Fu incluso nella Congregazione del Sant'Uffizio nel 1620 (giurò come cardinale inquisitore il 6 maggio 1620).
Alla morte del papa (28 gennaio 1621) il “partito” dei Borghese cercò di serrare i ranghi, rafforzando il gruppo degli accoliti del cardinal nepote in vista del conclave. Il candidato dei Borghese fu, ovviamente, il Campori stesso e questo fece mobilitare gli oppositori del ormai spirato pontefice (primo fra tutti il cardinale Alessandro Orsini, i quali alleati erano il cardinale Ubaldini e i porporati allineati con il vecchio pontefice Clemente VIII ed i rappresentanti della Repubblica di Venezia e della Francia), impedendo al garfagnino la sua candidatura. Tale interdizione venne avvalorata dalle voci di corridoio che vennero sparse ai danni del Campori, tra cui il tentativo di corruzione dei cardinali d’Este e Bentivoglio per mezzo della “restituzione” del ducato di Ferrara al primo e di Bologna al secondo; inoltre i malumori interni agli alleati del garfagnino fecero abbandonare il progetto di porlo al soglio di Pietro. Ciò nonostante, nemmeno l’Orsini riuscì ad ottenere il quantitativo giusto di voti per essere eletto papa e il cambio di strategia del cardinal nepote favorì la nomina di Alessandro Ludovisi, ora Gregorio XV (il 9 febbraio 1621), evitando così di porre sul trono cattolico un candidato sgradito alla famiglia Borghese.
Il 17 marzo 1621 fu nominato vescovo di Cremona. Per due anni la sua partecipazione alle sedute della Congregazione del Sant'Uffizio fu molto assidua. Tuttavia, fallita la sua candidatura al papato nel conclave del 1621, dall'anno seguente trasferì stabilmente la sua residenza a Cremona, rientrando solo molto occasionalmente a Roma negli anni seguenti (come ad esempio per il conclave che elesse Urbano VIII nel 1623).
La nomina al vescovato di Cremona fu per Campori un ritorno ai tempi di Cesare Speciano, suo protettore e anni prima vescovo egli stesso della città lombarda. Campori fu scrupoloso applicatore dei decreti tridentini e praticò la residenza richiesta ai vescovi persino durante i terribili anni della pestilenza che si abbatté sulla città nel 1630. Celebrò un sinodo nel 1635 (nel quale venne definita la politica di prevenzione ed eliminazione di ceppi eretici provenienti dall’area montana e il perseguimento del reato – peccato di sollicitatio ad turpia, agendo sul abuso del Sacramento penitenziale); promosse la visita della sua diocesi e cercò di moralizzare il clero che risultava ancora poco istruito e scarsamente esemplare (spesso armato fino ai denti o paventante licenze speciali che conferivano loro il permesso di esercitare esorcismi e scacciare spiriti maligni da veri o presunti ossessi), come mostra l'intensa attività del foro criminale durante gli anni del suo governo o il suo decreto del 4 luglio 1622 in cui veniva subordinato qualunque sussidio economico o concessione sacramentale (ad esempio le licenze matrimoniali) alla partecipazione alla Dottrina, attraverso una assidua frequentazione delle manifestazioni di fede; inoltre veniva impedito ai chierici la carriera interna alla diocesi, se questi non avessero appreso appieno i rudimenti della religione.
Campori non si limitò a un semplice intervento in campo pastorale: il cardinale cercò di alleviare la carestia derivante dalle devastazioni prodotte dalle guerre attraverso gride e decreti in campo annonario. Infatti, già dal 19 febbraio 1622, tutti gli ecclesiastici furono obbligati dal vescovo a denunciare i quantitativi di granaglie possedute per avere una stima complessiva delle derrate presenti nel territorio cremonese. Provvedimenti analoghi furono presi il 3 agosto 1624 e il 13 febbraio 1625, per saziare con non poche difficoltà bocche sempre più affamate.
Con l’esplosione del morbo pestilenziale il cardinale fu costretto all’impotenza, denunciando una situazione terribile all’interno della diocesi, ormai spoglia di collaboratori rifugiatisi lontano dalla città per sfuggire al contagio. Non mancarono, in quel periodo, provvedimenti contro i cosiddetti “untori” che riempirono le carceri di Cremona, rei di diffondere la malattia considerata dall’immaginario collettivo (e dal Campori stesso) una punizione divina per i peccati commessi dal genere umano.
Nei suoi anni fiorirono molti culti e devozioni in linea con la pietà barocca controriformistica (specialmente l’abbondante quantità di sacre reliquie e la pietà mariana che si propagò a seguito della peste con la proclamazione della Madonna di Loreto quale protettrice della città lombarda).
Nonostante avesse tentato di preparare la sua successione designando il nipote Cesare, quest'ultimo morì prima di lui nel 1634, vanificando i suoi progetti. Egli, a seguito della perdita del nipote prediletto, cercò di trasferire alcuni suoi benefici ad altri due suoi nipoti, Onofrio e Carlo, ma Roma impedì il tutto ponendo il suo categorico rifiuto.
Campori, dopo aver un mese prima distribuito le sue pensioni tra amici e collaboratori, si spense il 4 febbraio 1643, trovando sepoltura nella cattedrale di Cremona di fronte al sacello di Speciano.

Bibliografia

  • Matteo Al Kalak (a cura di), Pietro Campori: il papa mancato, Marsilio, Venezia 2009
  • Rotraut Becker, Campori, Pietro, in DBI, vol. 17 (1974).
  • Pierre-Noël Mayaud, Les «Fuit congregatio sancti officii in … coram …» de 1611 à 1642. 32 ans de vie de la Congrégation du Saint Office, in "Archivum Historiae Pontificiae", 30, 1992, pp. 231-289: p. 287.
  • Herman H. Schwedt, Die Römische Inquisition. Kardinäle und konsultoren 1601 bis 1700, Herder, Freiburg 2017, pp. 160-162.

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Voci correlate

Article written by Luca Al Sabbagh | Ereticopedia.org © 2016
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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