Bizzarri, Pietro

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Pietro Bizzarri (Umbria, 1525 - Paesi Bassi, post 1586) è stato un umanista ed eretico.

Biografia

Nacque nel 1525 in Umbria, ma si trasferì ben presto a Venezia, dove si convertì alle nuove idee religiose.
Sul finire degli anni quaranta passò quindi in Inghilterra, dove studiò a Cambridge e frequentò il circolo di Bernardino Ochino, ma anche Martin Butzer. Nel dicembre 1561 dedicò il trattato De principe alla regina Elisabetta, sua principale protettrice, che gli assegnò un vitalizio. Nel 1565 era di nuovo a Venezia, dove fece stampare presso Aldo Manuzio il Giovane un volume miscellaneo che conteneva il trattato De principe, alcuni versi e altri scritti, e nel 1567 era ancora in Inghilterra, dove però non si sentiva più apprezzato come credeva di meritare. Pertanto nel 1570 si trasferì nel Continente per stampare le sue opere. Nel 1573 era a Basilea, quindi fu ad Augusta presso l'elettore di Sassonia (il soggiorno fu interrotto da un breve viaggio a Venezia), da cui ottenne una pensione annuale.
Nel 1579 era ad Anversa, dove si legò all'Accademia dei Confusi, organo della locale comunità genovese. Scrisse una storia annalistica di Genova e si recò momentaneamente nella città ligure, con la speranza, delusa, di ricevere qualche ricompensa, anche a causa dell'ostilità nutrita nei suoi confronti da Uberto Foglietta, storico ufficiale della Repubblica genovese.
L'ultima notizia che si ha di lui è una lettera scritta dall'Aia nel 1586 a lord Burghley.

Bibliografia

  • Massimo Firpo, Pietro Bizzarri esule italiano del Cinquecento, Giappichelli, Torino 1971.
  • Silvana Menchi, Bizzarri, Pietro in DBI, vol. 10 (1968).

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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