Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Pellegrino degli Erri (Modena, 1511–1575) è stato un umanista coinvolto nel dissenso religioso modenese, poi distaccatosene e divenuto delatore e persecutore.
Identità
L’umanista, membro dell’Accademia modenese fino al 1542 e autore dei Salmi di David apparsi a Venezia nel 1573, non va identificato con il benedettino cassinese che fu abate del monastero di San Pietro negli anni 1537-1542 e 1544-1549. La storiografia moderna ha confuso questi omonimi, forse sulla base di errori nell’indice dei nomi dell’edizione ottocentesca della Cronaca modenese di T. Lancillotti. Il cronista aveva però distinto tra « don Pelegrino figliuolo […] de ser Benedetto del Erro citadino modeneso » (VI, p. 7) e « M. Pelegrin fiolo de M. Zohano del Erro cittadino modeneso » (IX, p. 446). Non molto dopo, nelle Vite di modenesi illustri, F. Forceroli aveva anche fornito due schede biografiche distinte. Nella Biblioteca modenese, G. Tiraboschi dichiara che l’accademico morì «a 64 anni il 17 marzo 1575», facendo risalire la nascita al 1511.
L’appartenenza all’Accademia modenese
Nel febbraio 1538, Lancillotti menziona degli Erri a proposito della circolazione di un libro eretico agevolata dai membri dell’Accademia (V, p. 428). Si tratta del Sommario della Sacra Scrittura, che Serafino da Fermo denunciò in una predica derisa dagli accademici (Al Kalak, p. XIII). Nel gennaio 1540, Lancillotti riporta che degli Erri, insieme a Lodovico Castelvetro e Filippo Valentini, strappò quattro fogli pubblicamente affissi da un astrologo, il cronista, che li aveva letti, stimando che « le fussene cose non licite per la fede » (VI, p. 267). Non fa invece menzione degli Articuli orthodoxaes professionis firmati nel 1542 da degli Erri insieme ad altri accademici sospettati di eresia (Il processo, nuova edizione critica, p. 418), la raccolta delle firme essendo probabilmente stata effettuata in modo riservato (Firpo, pp. 120-122).
Il soggiorno a Roma e il tentativo di arresto di Filippo Valentini
Poco dopo, in una data non meglio precisata, degli Erri litigò con gli amici accademici e si trasferì a Roma, entrando al servizio dei cardinali modenesi Iacopo Sadoleto e Gregorio Cortese. Nella scheda dedicata a Castelvetro, Forciroli narra che « per sdegno d’un fico fattogli mangiare pieno d’aloè nel ridotto che si facea de’ letterati nella specieria de’ Grillenzoni, accusò d’eresia il Castelvetro, Filippo et Bonifacio Valentini, che stimò esser stati autori di quella burla » (p. 126). Che una piccola burla abbia avuto così gravi conseguenze può lasciar pensare, come suggerito da Tiraboschi, che l’anedotto sia stato inventato a discredito di degli Erri. Ma di fatto, nel luglio 1545, Lancillotti riporta che quest’ultimo si recò a Modena come «commissario apostolico» per far procedere all’arresto di Filippo Valentini ordinato dal papa (VIII, p. 37-38). Sembra che fu il cardinal Cortese, membro del Sant’Ufficio dal 1545 e desideroso di non vedere annientati gli sforzi svolti nel 1542 per riassorbire il dissenso modenese, a sollecitare l’arresto (Fragnito, p. 107), trovando in degli Erri un agente disponibile (Felici, pp. 82-83). Avvisato in tempo, Valentini non fu trovato in casa, ma degli Erri sequestrò e portò a Roma i suoi libri.
Il ritorno in patria e la redazione dei Salmi di David
Il cardinal Cortese essendo morto nel settembre 1548, Lancillotti riporta il 29 novembre che degli Erri si trovava a Ferrara: dopo aver rinunciato ai benefici ricevuti dai protettori “in Ferrarese e in altri luochi”, aveva ottenuto dal duca il titolo di cavaliere al fin di portar le armi, dato che aveva l’intenzione di tornare in patria dove aveva diversi nemici (IX, pp. 446-447). Lancillotti precisa che, «a mesi passati», degli Erri aveva tentato di mettere i domenicani della città contro Valentini, facendogli correre il rischio di finire tra le loro mani. Tornando indietro nella Cronaca, si trova solo la segnalazione della partenza di Valentini da Modena ai primi di ottobre per andare a ricoprire la carica di podestà a Trento (V, p. 316). A proposito del cavalierato, si viene a sapere che il padre di degli Erri non accoglieva bene la notizia, avendo fino ad allora creduto che il figlio si sarebbe fatto prete e non avrebbe sottratto ai fratelli la parte dell’eredità paterna che invece, mettendo su famiglia, avrebbe poi preteso. Da Modena, degli Erri scrisse l’11 dicembre al duca di Ferrara per chiedergli di porre un termine alle infamanti accuse che disturbavano la sua «quiete» e i suoi «studi» (trascritta in Tiraboschi, pp. 232-233). Se ne può desumere che il cavaliere non fu interamente assorto negli impegni militari, di cui Lancillotti, che morì nel 1554, testimonia nel 1551 (X, p. 420) e nel 1552 (XI, p. 201). Tiraboschi suppone che degli Erri doveva già lavorare ai Salmi di David. La lettera dedicatoria dell’opera, indirizzata al conte Fulvio Rangoni e datata gennaio 1568, rivela che la traduzione dall’ebraico fu commissionata da Egidio Foscarari, vescovo dal 1550 al 1564, mentre il commento fu chiesto dal conte dopo la morte del vescovo. Si può pensare che, come le traduzioni già commissionate dal vescovo a Alessandro Milani (Operetta utilissima del costumare i fanciulli, Modena, Antonio Gadaldino, 1555) e a Lodovico Castelvetro (Breve dichiarazione della Messa, Modena, Antonio Gadaldino, 1556), quella dell’Erri doveva partecipare al riassorbimento del dissenso degli accademici nella riforma pastorale (E. Garavelli, p. 288). L’evoluzione della situazione modenese, segnata dai processi inquisitoriali degli anni 1566-1568, i quali furono seguiti da denunce, abiure e fughe, l’effigie dell’ultimo esiliato, Giulio Sadoleto, essendo bruciata in piazza nel gennaio 1571, condizionò probabilmente la tardiva pubblicazione a Venezia nel 1573. Il profilo e il contenuto dell’opera rivelano l’influsso degli anni trascorsi nell’Accademia e più tardi al contatto del vescovo irenico (Boillet, in corso di stampa). Questo accredita forse la tesi di un’inimicizia nei confronti di Valentini motivata da ragioni esclusivamente personali, come suggeriscono l’anedotto riportato da Forciroli e l’affermazione di Valentini relativa alla persecuzione condotta dal suo «capital nemico» (citata in Felici, p. 86).
Opere
- I Salmi di David tradotti con bellissimo e dottissimo stile dalla lingua Ebrea, nella Latina e volgare, dal S. Pellegrino Heri Modonese. E dal Medesimo con molta dottrina e pietà dichiarati. Utili à tutti coloro, che Christianamente si dilettano di si bella e santa Lettione, Pietro Deuchino per Giordano Ziletti, Venezia 1573
Bibliografia
- Processo Morone, vol. 1, pp. 12-13, nota 12.
- Tommasino de’ Bianchi detto de’ Lancellotti, Cronaca modenese, in Monumenti di storia patria delle province modenesi, voll. V-XI, Pietro Fiaccadori, Parma 1867-1881.
- Francesco Forciroli, Vite di modenesi illustri, a cura di Sonia Cavicchioli, Aedes Muratoriana, Modena 2007, p. 142.
- Girolamo Tiraboschi, Biblioteca modenese, vol. II, Società tipografica, Modena 1782, pp. 231-234.
- Matteo Al Kalak, L’eresia dei fratelli. Una comunità eterodossa nella Modena del Cinquecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2011.
- Gigliola Fragnito, Il Cardinale Gregorio Cortese nella crisi religiosa de Cinquecento, in «Benedictina», XXX, 1983, pp. 129-171.
- Lucia Felici, Introduzione, in Filippo Valentini, Il principe fanciullo. Trattato inedito dedicato a Renata ed Ercole d’Este, a cura di Lucia Felici, Olschki, Firenze 2000.
- Enrico Garavelli, Gli scritti religiosi di Lodovico Castelvetro, in Autorità, modelli e antimodelli nella cultura artistica e letteraria tra Riforma e Controriforma, a cura di Antonio Corsaro, Harald Hendrix, Paolo Procaccioli, Vecchiarelli, Manziana 2007.
Article written by Elise Boillet | Ereticopedia.org © 2016
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]