Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Paolo Sarpi (Venezia, 14 agosto 1552 – Venezia, 15 gennaio 1623), appartenente all'ordine dei Servi di Maria, è stato uomo di Chiesa, canonista, teologo di grande cultura. Difensore delle ragioni della Repubblica di Venezia nel conflitto dell'Interdetto, si segnalò per la sua vivace critica alla Chiesa della Controriforma, acquistando grande fama e sviluppando una ricca rete di relazioni epistolari con i più brillanti intellettuali dell'Europa del suo tempo.
Cenni biografici
Nato a Venezia il 14 agosto 1552 col nome di Pietro Sarpi, era figlio di un mercante di origini friulane (Francesco Sarpi, originario di San Vito in Friuli) e di una donna veneziana (Isabella Morelli). Assunse il nome di Paolo entrando nell'ordine dei serviti nel 1565, all'età di 13 anni. All'interno dell'ordine servita compì la sua formazione, soggiornando in particolare a lungo nel convento di Mantova, dove si fece notare per la sua dedizione allo studio e le sue doti intellettuali, venendo molto apprezzato alla corte del duca Guglielmo Gonzaga. Trasferito quindi a Cremona, vi fece la professione religiosa e fu ordinato sacerdote (1572-1573) e conseguì il baccellierato (1574). Nel 1575 rientrò a Venezia, dopo aver forse soggiornato a Milano al servizio del cardinale Carlo Borromeo. In questi anni approfondì la conoscenza delle lingue antiche (latino, greco, ebraico, aramaico), oltre che della matematica e della medicina. Nel 1578 si addottorò in teologia presso lo Studio di Padova. Fu quindi priore provinciale a Venezia (1579-1582), poi procuratore generale e vicario generale dell'ordine servita a Roma (1585-1588). Giunse a un passo dalla nomina a generale dell'ordine, ma la sua candidatura fallì a causa dell'opposizione del cardinale Giulio Antonio Santoro, che lo aveva precedentemente protetto.
La sua esperienza a Roma fu in ogni caso nel complesso per lui molto deludente e la Curia romana gli fece un'impressione molto negativa. Il soggiorno romano gli permise tuttavia di approfondire i suoi interessi scientifici e culturali. Durante un viaggio a Napoli incontrò Giovan Battista Della Porta. Rientrato a Venezia, frequentò il ridotto Morosini, il circolo di Gian Vincenzo Pinelli a Padova e intrattenne stretti rapporti con Girolamo Fabrici d’Acquapendente e con Galileo Galilei.
Esploso il conflitto dell'Interdetto tra papa Paolo V e la Repubblica di Venezia, fu nominato il 28 gennaio 1606 "teologo e canonista" della Serenissima. Appoggiato dal patriziano veneziano di tendenze più antiromane, fu protagonista della "guerra delle scritture" tra i teologi e canonisti filoveneziani e filopapali, cosa che gli valse una grande fama in tutta Europa. Dopo la rappacificazione tra Venezia e Roma (aprile 1607), alla quale si oppose, il 5 ottobre 1607 fu oggetto di un tentato omicidio da parte di sicari papali presso il ponte di Santa Fosca. Negli anni successivi all'Interdetto proseguì la sua attività di consultore al servizio della Repubblica di Venezia e sviluppò e consolidò una fitta rete di corrispondenze con gallicani e calvinisti francesi e con il mondo protestante tedesco e inglese, producendo le sue grandi opere di riflessione storica e politica, in particolare l’Istoria dell’interdetto, il Trattato delle materie beneficiarie e l’Istoria del concilio tridentino (il suo capolavoro, pubblicato a Londra nel maggio 1619). Morì a Venezia il 15 gennaio 1563.
Paolo Sarpi e l'Inquisizione
Non mancano le voci di enciclopedie o dizionari biografici intitolate a fra Paolo Sarpi. Si trovano anche tanti ragguagli bio-bibliografici che introducono monografie o articoli dedicati a uno studio specifico del pensiero, dell’opera o dell’azione del Servita. Per fare pochi esempi, si possono ricordare il romanzo [detto] storico di Luigi Capranica e i contributi di Gaetano e Luisa Cozzi, Giovanni Da Pozzo, Corrado Vivanti, Corrado Pin o Antonella Barzazi1. Recentemente è stata pubblicata una biografia sarpiana centrata sulla vita religiosa di Paolo Sarpi con il tentativo di capire, analizzare e spiegare le sue scelte politiche dal 1606 in poi, attraverso il prisma del suo concetto religioso dell’uomo cristiano e della vita terrena2.
La scansione cronologica dei rapporti di Sarpi con il Sant’Uffizio dell’Inquisizione romana, non sempre orientati in senso negativo, evidenzia la relazione travagliata di un uomo di chiesa con la sua Chiesa e una damnatio memoriæ che trovò pace solo nella politica ecclesiale post-vaticano II.
Già nel 1574, Sarpi ventiduenne subì la prima denuncia all’Inquisizione da parte di un suo confratello, Claudio da Piacenza, scandalizzato dall’affermazione sarpiana secondo la quale l’articolo di fede della Trinità non era presente nel primo capitolo della Genesi. Il caso fu ricordato dall’amico e segretario, Fulgenzio Micanzio3 e rimase senza strascichi giudiziari.
Nel 1587 Sarpi fu incluso da papa Sisto V tra i consultori nella Congregazione dell’Indice, incontrandosi e collaborando con Roberto Bellarmino. Egli confidò la cosa al doge Leonardo Donà nel secondo dei suoi consulti4.
L’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede conserva memoria di una denuncia, in data 29 novembre 1584, presso l’Inquisitore di Piacenza5. Di tale denuncia non è noto nessun altro particolare conosciuto ed essa non ebbe strascichi giudiziari.
Francesco Griselini ricordò brevemente, senza fornire maggiori particolari, che nel 1588, Sarpi fu di nuovo oggetto di una denuncia all’Inquisizione6; in quel momento, in qualità di procuratore generale dei serviti, Sarpi risiedeva a Roma.
Nel 1594, in seguito alla campagna elettorale per la designazione del priore generale dell’ordine servita durante la quale Sarpi si era tenuto totalmente neutrale, Gabriele Dardano, per ripicca, lo denunciò al Sant’Uffizio romano, accusandolo di tener commercio con ebrei e di non recitare il Salve Regina. La pratica fu archiviata dal cardinal Santoro, protettore dell’Ordine. Contestualmente, Santo Cucina, nipote di Dardano, pure lui dell’Ordine dei Servi, denunciò Sarpi al Sant’uffizio di Venezia, accusandolo di aver negato l’esistenza dello Spirito Santo. In realtà, durante il Capitolo provinciale Cucina aveva invocato l’ispirazione dallo Spirito Santo e Sarpi aveva risposto che conveniva operare con mezzi umani. Il tribunale cassò la pratica senza neanche chiamare né esaminare fra Paolo.
Il 24 maggio 1603, durante il Capitolo generale dell’ordine servita riunito presso il convento di San Marcello a Roma, Santo Cucina denunciò Sarpi per tre capi d’accusa: portava in capo una berretta di una forma quadrata proscritta da Gregorio XIV; indossava ai piedi le pianelle alla francese, cioè con un tacco; alla fine della messa, non recitava il Salve Regina, come prevedevano le costituzioni dell’Ordine. Per ordine del giudice, le pianelle gli furono tolte dai piedi e portate in tribunale, ma alla fine Sarpi fu assolto.
Il 2 febbraio 1606 il frate servita Geminiano Sabilio da Venezia mandò al cardinal nepote Scipione Borghese una memoria nella quale denunciava la condotta di Sarpi, appena entrato al servizio della Serenissima come consultore e teologo, ponendo la questione di un uomo di Chiesa che disputava contro la Curia romana ed il papa7.
Il 6 settembre 1606 gli scritti prodotti da Sarpi nell'ambito della querelle dell’Interdetto – l'Apologia per le oppositioni fatte dal cardinale Bellarmino alli trattati e risolutioni di Giovanni Gersone, Venezia, Meietti, 1606, le Considerationi sopra le censure di Paulo V, Venezia, Meietti, 1606 e il Trattato dell’Interdetto, Venezia, Meietti, 1606 – furono iscritti all’Indice dei libri proibiti8.
Il 30 ottobre 1606 Sarpi fu citato dai cardinali inquisitori generali per la sua posizione contro l’interdetto del pontefice (vedasi il testo integrale, infra). Il 25 novembre 1606, Sarpi rispose in modo negativo alla convocazione degli inquisitori generali9. E il 5 gennaio 1607 la risposta del Sant'Uffizio fu la sua scomunica latæ sententiæ10.
Sarpi, nel suo convento di Venezia, era protetto dalla Repubblica, ma, il 5 ottobre 1607, fu architettato l’attentato detto di Santa Fosca perché perpetrato sul ponte omonimo, alle ore 22, quando Sarpi tornava dalla bottega degli Zecchini, in Merceria. Ferito da tre stilettate (due al collo e una alla testa – dove l’arma restò inficcatta e che lo lasciò per più mesi con forte emicrania), Sarpi definì il misfatto di stile romano nella lettera a Jérôme Groslot dell'11 dicembre.
Il 15 gennaio 1609 il milanese Luigi Valeriani (prima convertito alla Riforma protestante poi tornato al cattolicesimo) depositò, presso il cardinal Borromeo e presso l’Inquisitore di Milano, una memoria indirizzata al cardinal nepote, Scipione Borghese, accusando Sarpi di trattare con l’ambasciatore inglese a Venezia e di promuovere una dottrina eretica e evangelica che teneva per buono ciò che derivava dalla Sacra Scrittura ma per diabolico ciò che si appoggiava alle tradizioni, ai concili e ai pontefici, negando il dogma della transustanziazione, in quanto non ve ne erano accenni nelle Sacre Scritture, il sacramento della penitenza e la successione di San Pietro, in quanto anche di ciò non vi erano tracce nelle Scritture[footnote]] Pietro Savio, « Per l’epistolario di Paolo Sarpi », in Ævum, XVI (1942), p. 15-16.[[/footnote]].
Nel mese di marzo 1609 vi fu un tentativo di avvelenamento di Sarpi da parte di giovani frati appartenenti al suo stesso ordine, manipolati dalla Curia romana11.
Il 17 luglio 1609 Sarpi fu denunciato da padre Giovanni Girolamo Falier da Venezia che fungeva, nel convento veneziano, da spia per il cardinal nepote e lo informava a proposito della Vita di fra Paolo e la sua setta12.
Nel 1612 l’Inquisitore di Bologna informava il Sant’Uffizio del ritrovamento di sonetti a favore di Sarpi nella cella del francescano fra Livio Galanti da Imola13.
Il 7 settembre 1613, Sarpi faceva l’amara scoperta che il suo nome era stato cancellato dalle tabelle dell’università di Padova.
Il 18 novembre 1619 fu inserito nell’Indice il libro di Pietro Soave Polano [i.e Sarpi], Historia del concilio tridentino, London, Bill, 161914.
Il 14 gennaio 1623 Sarpi moriva nel suo convento veneziano. I Servi di Maria informarono il doge e iniziarono i preparativi per il funerale. Un elogio funebre fu scritto dal patrizio veneziano Giovanni Antonio Venier, poi riassunto sotto forma d’epitaffio di cui due copie, appena divergenti, sono conservate presso l'Archivio del Sant’Uffizio15. Il monumento previsto dal Senato veneziano (in data del 7 febbraio 1623) e disegnato da Girolamo Campagna non fu mai realizzato16.
Il 27 ottobre 1623 fu iscritto all’Indice il libro di Petri Sarpi I.C., De iure asylorum, Leiden, Officina Elzeviriana, 162217.
Il 7 febbraio 1625 fu iscritto all’Indice il libro (pubblicato anonimo) Historia particolare delle cose passate tra il sommo pontefice e la Rep. di Venetia, Mirandola [i.e. Genève], Jean de Tournes, 162418.
Nel maggio 1629, il calice personale di Sarpi che stava in sagrestia fu fuso. Iniziò così la damnatio memoriæ del frate servita su ordine dei superiori da Roma.
Dal 1638, circola in versione manoscritta una scrittura di Sarpi intitolata Sopra l’offizio della santa Inquisizione di Venezia e di tutto lo Stato19.
Il 10 giugno 1659, fu iscritto all’Indice il libro dell’amico e segretario di Sarpi, Fulgenzio Micanzio (1570-1654), Vita del padre Paolo Sarpi, Leida, Elsevier, 164620.
Nel 1660 l’Inquisitore di Padova, il minore conventuale Giovanni Angeli, trasmise al Sant’Uffizio i frontespizi di due opere sarpiane: l'Historia della sacra Inquisitione (1638) e il Discorso dell’origine, forma, leggi, et uso dell’Ufficio della Santa Inquisitione nella città, e dominio di Venetia (1639)21.
Nel 1673 Gregorio Leti pubblicò le Lettere italiane scritte al signore Dell’Isola Groslot di Sarpi, con il falso luogo di stampa di Verona [i.e. Genève], con introduzione del curatore che criticava fortemente la Curia romana e il nunzio apostolico a Parigi, Maffeo Barberini futuro Urbano VIII, che congiuravano per far passare Sarpi per protestante. Il 26 gennaio 1676 quest'opera fu iscritta all’Indice22.
Due anni dopo fu pubblicata anonima la Historia sopra li beneficii ecclesiastici, (Genève, Pietro Albertino) che fu iscritta all’Indice il 22 giugno 167623.
Nel 1685 l’Inquisitore di Padova, Oliviero Tieghi da Ferrara, informò il Sant’Uffizio e chiese istruzioni a proposito della ristampa delle opere di Paolo Sarpi24.
Nel 1685 l’Inquisitore di Ferrara, Tommaso Menghini, egualmente informò il Sant’Uffizio e chiese istruzioni a proposito di tale ristampa25.
Nel 1693, proveniente da Parigi, arrivò al cardinale Fabrizio Spada, membro del Sant’Uffizio, una denuncia a proposito dell’opera Histoire de l’Inquisition et son origine, forse tratta dalle opere di Sarpi26.
Il 2 giugno 1722, in occasione dei lavori sull’altare di S. Maria dei Sette dolori, fu riscoperta la tomba di Sarpi e il suo corpo integrum atque incorruptum cadaver patris Pauli Sarpi27.
Il 26 gennaio 1740 fu iscritta all’Indice l’opera del genoveffano Pierre-François Le Courayer, Histoire du concile de Trente, escrite en italien par fra Paolo Sarpi de l’Ordre des Servites, London, Paul Vaillant, 1736. Una traduzione in francese e una difesa dell’opera di Sarpi che aveva fornito al mondo cattolico buone ragioni per un rinnovato assalto alle posizioni sarpiane.
Il 10 gennaio 1742, fu iscritta all’Indice l’opera di Romano Damiano, Apologia sopra l’autore della ‘Istoria del concilio di Trento’ che va sotto nome di Pietro Soave Polano, Lecce, 1741.
Il 10 gennaio 1746, fu iscritta all’Indice l’opera di Pierre-François Le Courayer, Défense de la nouvelle traduction de l’Histoire du concile de Trente contre les censures de quelques prélats, Amsterdam, William Smith, 174228.
Il 21 febbraio 1750, l’inquisitore di Venezia informò la Congregazione Sant’Uffizio della pubblicazione in corso delle Opere varie (Helmstat, Mulleri) di Sarpi, ma la reazione romana fu molta tranquilla e si consigliò all’Inquisitore giusto di tenere d’occhio la situazione insieme al nunzio29. Sembrava che Roma non fosse più preoccupata della pubblicazione di opere sarpiane che non vennero più iscritte all’Indice. Invece, tennero sotto controllo più stretto i libri che usavano i testi o la dottrina di Sarpi per criticare la Chiesa.
Il 2 maggio 1753, fu iscritta all’Indice la dissertazione epistolare di Giusto Nave [i.e. Giuseppe Giacinto Maria Bergantini OSM], Fra Paolo Sarpi giustificato con falsa indicazione di Colonia, presso Pietro Mortier, 175230. L'Autore, superiore del convento servita di Venezia, era un erudito illustratosi nella conservazione della memoria dell’Ordine, nella preservazione della ricca biblioteca e nella celebrazione della figura religiosa e intellettuale di Sarpi, di cui raccolse i manoscritti in cinque grossi volumi: Pauli Sarpi collectanea quotquot domi forisque inveniri potuerunt ab H. Iosepho Berganteno in unum congesta anno 1740. L'opera andò sfortunatamente perduta nell’incendio del 1769. L’iscrizione all’Indice non impedì che Bergantini continuasse la sua opera polemica a favore di Sarpi per far riconoscere la sua figura tra i grandi dell’Ordine.
Il 1° febbraio 1762, fu iscritta all’Indice l’opera di Francesco Griselini, Memorie anedote spettanti alla vita ed agli studi del sommo filosofo f. Paolo servita, Lausanne, Bousquet, 176031. La prima edizione svizzera fu seguita da una seconda, sotto il titolo Del genio di f. Paolo Sarpi, a Venezia, da Pietro Basaglia, 1785. Amico del patrizio Marco Foscarini e dei Lumi veneti, Griselini si era impegnato nella difesa della figura di Sarpi contro i pubblicisti della Curia romana e, in particolar modo, contro i gesuiti, tentando di sviluppare il suo discorso fuori dall'ambito religiosa: sottolineò i rapporti di Sarpi con tutto l’ambito culturale veneziano e con il mondo europeo delle scienze (quindi con figure come Vincenzo Pinelli, Fabrizio d’Acquapendente, Galileo Galilei, Giambattista della Porta, Nicolas de Peiresc, Jacques Aleaume, Alexander Anderson, Baldassare Capra etc.).
Il 22 dicembre 1817 fu iscritta all’Indice l’opera del giansenista Eustachio Degola (1761-1826), Justification de fra Paolo Sarpi ou Lettres d’un prêtre italien à un magistrat français sur le caractère et les sentimens de cet homme célèbre, Paris, Eberhardt, 181132.
Il 4 luglio 1837 fu iscritto all’Indice il volume di Aurelio Angelo Bianchi Giovini, Biografia di fra Paolo Sarpi, teologo e consultore di Stato della repubblica veneta, Zürich, Orell, 183633. Dieci giorni dopo, furono iscritte le Scelte lettere inedite, Capolago, Libreria elvetica, 183334.
Nel 1844, al momento di far dono dell’archivio di famiglia al Museo Correr, il conte Francesco Donà delle Rose confidò al direttore G. Nicoletti che il confessore di sua madre, un gesuita, l’aveva obbligata a dare alle fiamme tutti gli scritti di Sarpi conservi nel detto archivio35.
L’11 settembre 1892, pochi giorni prima dell’inaugurazione del monumento a Sarpi, in campo Santa Fosca, prevista per il 20 dello stesso mese, il priore generale servita Andrea Corrado informò il curato della parrocchia di S. Marcuola (dove sarà eretto il monumento di Emilio Marsili) della sua disapprovazione con queste parole: "sono troppo note le perverse dottrine di fra Paolo".
Il 28 dicembre 1908, il priore generale dei serviti ritenne necessario assicurare al papa Pio X (già patriarca di Venezia) l’assoluta lealtà dell’Ordine con queste parole: "la gloria dell’Ordine poté un giorno parer offuscata da una macchia, ciò non fu opera del corpo, ma solo di un membro"36.
Nel 1939, il servita Raffaele Taucci (fondatore nel 1933 e allora capo-redattore della rivista dell’Ordine, Studi storici OSM) pubblicò a Firenze presso Barbera il volume Intorno alle lettere di fra Paolo Sarpi ad Antonio Foscarini. Il Sant’Uffizio intervenne chiedendo che Taucci abbandonasse le sue funzioni nella rivista e che consegnasse tutti gli esemplari al tribunale. Nei corridoi vaticani egli fu soprannominato il padre eretico.
Nell'ottobre 1941, il servita Vincenzo Buffon pubblicò il suo volume Chiesa di Cristo e Chiesa romana nelle opere e nelle lettere di fra Paolo Sarpi, una riscrittura della tesi discussa poco prima a Lovanio. Il Sant’Uffizio intervenne presso l’università costringendola a ritirare all'autore il dottorato in teologia.
Nel 1942 il servita Clemente Francescon ebbe l’intenzione di studiare per una tesina in utroque iure presso l'Università Lateranense il tema Chiesa e Stato nei consulti di fra Paolo Sarpi. Il Sant’Uffizio intervenne e lo avvertì che l’argomento non era accettabile e doveva cambiarlo. Francescon redasse lo stesso il testo, che rimase in forma ciclostilata. Nella sua Introduzione, consultata presso la Biblioteca del convento servita di Monte Berico possiamo leggere quanto segue:
Percorrendo gli scritti usciti sia contro come in favore di fra Paolo Sarpi, ci ha sempre colpiti l’insistenza con la quale tutti gli scrittori, dal 1600 ad oggi, senza distinzione, si son fatti a lui dintorno volendone considerare la sua figura di consigliere o consultore. E non a torto. La sua fama infatti, le sue attività sono dall’Europa conosciute prima ancora che un solo scritto sia comparso sotto il di lui nome. In tutte le opere passate e odierne si rammemora sempre il fiero teologo, l’inflessibile consultore-canonista senza che magari dei suoi preziosi pareri se ne sia letto manco un pizzico. Solo si sa che egli in quella carica appunto seppe dirigere i passi delle Signorie Venete nella disgustosa faccenda del contrasto sorto per delle leggi che, dopo aver dato origine ad un interdetto, non solo non furono ritirate, ma invece vennero applicate con più fermezza di prima non già per spirito di lotta, assente affatto, bensì solo per tener fede ad un principio. Questo fervore di stampa manifestatosi sempre verso il Sarpi-consultore, ci ha spinti a intraprendere uno studio diretto, radicale ed integro sui suoi pareri o consulti, purtroppo ancora troppo poco conosciuti. Naturalmente l’argomento preponderante dei medesimi è di carattere giuridico, anche se, incidentalmente, si frappongono disquisizioni d’altro genere. Proprio ad esso noi abbiamo voluto indirizzare le nostre fatiche. Questo anzi tanto maggiormente abbiamo voluto fare, in quanto altre opere uscite per illustrare in qualche modo i consulti non sono condotte con quello spirito oggettivo con cui uno studioso deve procedere. Tali per esempio gli studi del Cecchetti, il quale parte dalle pregiudiziali di voler provare con i consulti sarpiani la separazione fra Chiesa e Stato, quale predicavano i liberali del secolo passato; tale ancora lo studio dello Scaduto, il quale peraltro, non si serve che poco dei consulti, anzi dei soli dati alle stampe e limitatamente anche di essi. Tale ancora il concetto con cui espone qualche altro consulto il Capasso: libero pensatore e di altri ancora che si affannarono intorno al Servita nel 1892, quando si trattava di erigergli quel monumento che contempliamo in Campo S. Fosca a Venezia. Già il Bianchi Giovini li aveva preceduti nel suggerire loro questo comune indirizzo.
Bibliografia essenziale
- Antonella Barzazi, Sarpi, Paolo, in DBI, vol. 90 (2017).
- Luigi Capranica, Eugenio Venceslao Foulques, Fra Paolo Sarpi, F. Sanvito, Milano 1863.
- Gaetano Cozzi, Paolo Sarpi tra Venezia e l'Europa, Torino, Einaudi 1979.
- Corrado Pin, Sarpi, Paolo, in Enciclopedia Italiana. Ottava appendice: Il contributo italiano alla storia del pensiero. Filosofia, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2012.
- Paolo Sarpi, Opere, a cura di Gaetano e Luisa Cozzi, Ricciardi, Milano-Napoli 1969.
- Paolo Sarpi, Scritti scelti, a cura di Giovanni Da Pozzo, UTET, Torino 1982.
- Paolo Sarpi. Politique et religion en Europe, a cura di Marie Viallon, Garnier, Paris 2010.
- Ripensando Paolo Sarpi. Atti del Convegno internazionale di studi (Venezia, 2002), a cura di Corrado Pin, Ateneo Veneto, Venezia 2006.
- Marie Viallon, Bernard Dompnier, L’habit religieux du penseur politique. Une biographie de Paolo Sarpi, Garnier, Paris 2019.
Appendice documentaria
Risorse on line
Nota bene
La voce nel suo complesso è stata redatta da Marie Viallon, ad eccezione del capitolo "Cenni biografici", che è stato redatto da Daniele Santarelli. Revisione editoriale di Luca Al Sabbagh.
Article written by Marie Viallon | Ereticopedia.org © 2021
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]