Attumonelli, Michele

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Michele Attumonelli (Andria, 1753 – Parigi, 1826) è stato un medico che, sotto l'impulso e l'influenza del suo maestro Domenico Cirillo, aderì alla Repubblica napoletana del 1799. Partecipò alla resistenza dei patrioti filofrancesi nel Castel Nuovo contro l'esercito borbonico e sanfedista. Sfuggì alla condanna a morte esiliando in Francia travestito da soldato francese .

Biografia

Michele Attumonelli nacque ad Andria nel 1753 da una famiglia di estrazione popolare. Compì i primi studi presso il seminario diocesano dello stesso paese pugliese e si trasferì poi a Napoli per studiare medicina presso l’Ospedale degli Incurabili sotto la guida di Domenico Cotugno e di Domenico Cirillo.
Negli anni Ottanta–Novanta del Settecento l'Ospedale degli Incurabili rappresentava il cuore di una fervente attività scientifica e politica. Sull'esempio di maestri come Domenico Cirillo, gli allievi degli Incurabili erano istruiti nella medicina, ma educati anche a coltivare la passione politica e a nutrire l'interesse per la cura dei più deboli ed emarginati. L'Ospedale diventò inoltre l'emblema dell'opposizione scientifica, tra un vecchio e nuovo modo di concepire la medicina, e generazionale tra gli esponenti della società d'Antico regime e i giovani studenti che guardavano con entusiasmo agli eventi del 1789.
Non sembra statisticamente irrilevante notare che tra i più attivi medici allievi degli Incurabili, cospiratori nel 1794 e sostenitori della Repubblica napoletana, siano da annoverare gli studenti provenienti dalle province. Non soltanto Napoli, ma pure gli altri territori del Regno mostravano infatti un'interessante vivacità politico–culturale che trovava una piena maturazione nei rapporti con alcuni ambienti intellettuali della capitale. E non deve essere nemmeno trascurata, per comprendere meglio l'apertura all'innovazione e al cambiamento degli scienziati provenienti dalle periferie del Regno, l'importanza del contatto con la Francia e Parigi. L'esperienza di Michele Attumonelli, esule dopo il 1799, è anch'essa significativa di questo fecondo rapporto tra la provincia, Napoli e Parigi.
Dopo aver ricevuto un'iniziale formazione presso il seminario diocesano di Andria, Attumonelli si trasferì a Napoli per intraprendere lo studio della medicina sotto la guida di Giovanni Vivenzio, di Domenico Cotugno e di Domenico Cirillo. Gli incontri con il primo e con il terzo si rivelarono fondamentali. Da Vivenzio infatti lo scienziato andriese aveva appreso l'interesse per i fenomeni vulcanici e sismici che confluì nella pubblicazione sull'eruzione del Vesuvio del 1779 [Attumonelli 1779]. L'opera tuttavia non proponeva alcun elemento di riflessione scientifica, presentandosi come semplice racconto sequenziale di eventi. Attumonelli inoltre non si soffermò sulla descrizione dei materiali piroclastici emessi dal vulcano, ma preferì limitarsi a una sommaria esposizione delle caratteristiche orografiche del Vesuvio e del Monte Somma.
Se Vivenzio aveva instillato in Attumonelli l'interesse per i fenomeni vulcanici e sismici, Cirillo invece lo aveva iniziato alle ricerche in campo medico, aveva reso l'allievo «un ardente amatore della libertà» e aveva infuso in lui «un combattivo spirito d'amor patrio» [De Ceglia 2007, p. 176]. Da Cirillo lo scienziato andriese apprese l'idea che il medico dovesse essere socialmente e politicamente attivo allo scopo di sostenere la necessità di riforme che restituissero ai più deboli la dignità e il rispetto dei diritti. Dal maestro fu invogliato alla lettura delle opere dei maggiori esponenti dell'Illuminismo francese. Attumonelli fu convinto sostenitore delle teorie di Voltaire e di Condorcet di cui tradusse in italiano la dissertazione Déclaration des principes politiques de la France régénérée [Condorcet 1847]. Fu questo il preludio alla partecipazione alla Repubblica napoletana. Attumonelli si schierò con i patrioti filofrancesi in quanto contrario all'assolutismo monarchico dei Borbone e a un ordinamento politico che egli considerava corrotto e ormai superato. Conclusasi la breve parentesi repubblicana, travestitosi da soldato francese, fuggì a Parigi: «On peut dire qu'alors une nouvelle existence commença pour lui» [Visconti 1826, p. 574].
La nuova esistenza nella capitale francese fu caratterizzata dalle diverse possibilità, non soltanto scientifiche, che essa offriva. A Parigi chi aveva abbandonato la terra d'origine poteva riprendere il discorso politico interrotto in patria. Gli scienziati esuli profittavano inoltre dell'accoglienza dei colleghi transalpini per compiere o riprendere studi che altrove non avevano potuto effettuare. Alcuni furono pure incardinati nel sistema universitario francese, diventando professori di alto profilo. L'emorragia intellettuale, provocata dal ritorno dei Borbone a Napoli e dalla condanna dei “traditori”, aveva quindi privato il Regno dell'Italia meridionale di personaggi che avrebbero potuto invece incoraggiarne lo sviluppo economico e scientifico.
A Parigi Attumonelli si interessò alla medicina terapeutica, pubblicando a distanza di due anni un'opera sull'utilità dell'oppio [Attumonelli 1802] e un'altra sulle acque minerali [Attumonelli 1804].
Nell'introduzione al primo trattato, Attumonelli propone una storia dell'oppio. Impiegato sin dall'antichità, alcuni medici credevano che fosse una rimedio alle malattie, altri invece lo temevano per la «vertu équivoque et mal déterminée» e poiché causava «des vomissemens (sic)» [Attumonelli 1802, pp. 1-2]. Questi pareri contraddittori non potevano essere attribuiti – secondo Attumonelli – all'oppio. Ricorrendo all'osservazione degli effetti prodotti e all'analisi delle malattie per le quali la sostanza era stata un rimedio efficace, l'autore fornisce la descrizione delle qualità dell'oppio. L'approccio terapeutico di Attumonelli abbandonava gradualmente l'usanza di trattare ogni singolo sintomo e disturbo secondo la condizione personale di ciascun paziente, evolvendo verso la diagnosi di un particolare tipo di malattia. A partire dalla descrizione delle malattie curate con la somministrazione dell'oppio era possibile individuare le virtù mediche della sostanza: «c'est ce que je tâcherai de faire dans ce Mémoire».
La memoria sull'oppio dello scienziato pugliese fu presentata e discussa nel novembre del 1802 all'Académie des sciences. La commissione, composta da Jean–Noël Hallé e Jean–Charles Desessartz, giudicò positivamente il lavoro e considerò i rimedi terapeutici proposti dall'autore meritevoli dell'attenzione dei medici.
La pubblicazione sull'utilità dell'oppio nella terapia medica dimostra che Attumonelli sia stato un fautore della dottrina Brown, appresa probabilmente a Napoli frequentando l'Ospedale degli Incurabili e ulteriormente approfondita a Parigi attraverso il confronto con altri colleghi. L'enfasi sui trattamenti stimolanti e rinforzanti come l'oppio, accettati dal brownismo, aveva avanzato non pochi dubbi sul valore della terapia evacuante classica fondata sui salassi, sulle purghe e sugli emetici. Per Attumonelli sembrava di fatto più vantaggiosa una cura secondo i principi browniani che secondo la dottrina tradizionale. È utile comunque precisare che nel Mémoire sur l'opium i trattamenti proposti non sembravano differire molto dalle pratiche e dalle descrizioni del passato. Cambia il quadro di riferimento teorico che era iatromeccanico e non umorale. Nei turbolenti anni conclusivi del Settecento, il sistema elaborato dal medico scozzese e le proposte terapeutiche, al di là della discutibile validità, erano dotate di grande forza polemica nei confronti della tradizione ippocratica. Le spiegazioni mediche di Brown divennero punto di riferimento per i più giovani decisi a contrastare l'antico establishment universitario. Anche Attumonelli faceva del brownismo il simbolo della libertà di pensiero in contrapposizione al vecchio mondo accademico [Cosmacini 1982; Maffiodo 1996; Massafra 2002].
Tuttavia, esaurito l'entusiasmo iniziale con cui il brownismo e i suoi trattamenti erano stati accolti, molti medici cominciarono a guardarli con scetticismo. Il problema della dipendenza dall'oppio divenne sempre più evidente e non fu possibile ignorarlo al punto che in molti, tra i quali Adalbert Friedrich Marcus e Joseph Frank, nei primi decenni dell'Ottocento, denunciavano gli eccessi terapeutici legati al consumo di oppio e di alcol che nuocevano ai pazienti o ne provocavano addirittura la morte. Ciò che preoccupava soprattutto la comunità scientifica ottocentesca era l'impressionante aumento della domanda d'oppio che non fu probabilmente estraneo agli effetti prodotti dal processo di industrializzazione. In questo periodo infatti il consumo massiccio di oppio corrispondeva ai bisogni sociali della popolazione europea che tentava di adattarsi agli sconvolgimenti delle abitudini, dei modi e dei tempi della vita quotidiana e del lavoro causati dall'industrializzazione. Espansione dell'offerta e crescita della domanda erano inoltre alimentate dalle peculiari proprietà farmacologiche dell'oppio, capaci di produrre tolleranza alla sostanza e di indurre i consumatori alla dipendenza. Nei paesi del vecchio continente, dove più vistosa era stata l'affermazione del processo di industrializzazione, l'oppio aveva conosciuto un ampio consumo negli strati più poveri della popolazione, priva di assistenza sanitaria, come automedicamento, come rimedio al dolore, ignorando gli effetti nocivi che esso poteva comportare sulla lunga durata [Cooter 1988; Bynum 1994; Holger 1999].
Oltre all'oppio Attumonelli considerava come rimedio terapeutico altrettanto valido il ricorso alle acque termali. Nel 1804 a Parigi conobbe l'ingegnere ginevrino Nicolas Paul che in Francia aveva fondato diversi stabilimenti di bagni minerali. L'incontro spinse il medico napoletano a comporre il trattato sulle acque minerali e a fornire il suo contributo scientifico alla creazione di altre stazioni termali sul territorio transalpino. Nel trattato, Attumonelli propone una descrizione e una suddivisione delle acque minerali, adottando come criteri di valutazione «la ragione de' loro principj, la loro maniera d'agire, i cangiamenti che esse operano su i nostri corpi» [Postiglione 1808, p. VII]. Come nella memoria sull'oppio, Attumonelli non si limitò nel trattato sulle acque minerali a fornire un semplice catalogo delle malattie contro le quali era possibile ricorrere agli stabilimenti termali. L'opera era arricchita dal riferimento a osservazioni e a esperimenti chimici condotti al fine di illustrare le proprietà delle sostanze analizzate. Ogni paragrafo è inoltre corredato di indicazioni a patologie curate con l'immersione in acque minerali.
Le opere sull'oppio e sull'idroterapia, entrambe concepite e redatte a Parigi, dimostravano, come il medico pugliese avesse assimilato i nuovi orientamenti della medicina europea: la necessità del medico di non concentrare più l'attenzione sul singolo sintomo o disturbo di ciascun paziente, ma l'esigenza di orientarsi verso una classificazione sistematica delle malattie.
Attraverso le pubblicazioni e grazie all'appoggio di influenti personaggi – tra i quali Maria Elisabetta in Baviera principessa di Wagram – Attumonelli aveva raggiunto una posizione di prestigio nella medicina parigina. Ciò lo indusse il 1° aprile 1805 a domandare al Ministro dell'Interno francese l'autorizzazione a praticare la medicina nella capitale. Ottenne questo e altro ancora. Gli fu assegnata pure la cattedra di medicina all'università di Parigi e divenne uno dei più importanti membri della Société de médecine e della Société médicale d'émulation della città.
La posizione raggiunta da Attumonelli, esule napoletano stabilitosi in Francia all'indomani del fallimento della Repubblica napoletana, aveva suscitato l'invidia non soltanto dei francesi, ma probabilmente degli altri emigrati italiani che non avevano conosciuto la stessa sorte dello scienziato pugliese. È forse nell'intento di screditarlo che Attumonelli fu inserito nella lista dei soggetti pericolosi in quanto spia del marchese del Gallo e dei Borbone. Un antiborbonico, allievo di Cirillo, educato agli ideali della Rivoluzione francese, fu considerato un uomo dei Borbone. A proposito di Attumonelli e dei rapporti con il marchese del Gallo, si legge nell'elenco relativo agli esuli napoletani: «Le Marquis Del Gallo, dont il [Attumonelli] est l'espion le plus utile et le plus actif lui procure beaucoup de connaissances, même parmi les Français. Cet homme est très dangereux puisqu'il exerce le double métier de médecin et d'espion, et qu'il jouit d'une certaine considération». L'elenco è allegato a un rapporto dell'ottobre–novembre 1804, «probabilmente di mano italiana», in cui si sostiene che la massiccia presenza di esuli napoletani in Francia, considerata «infecte et pernicieuse», sia dovuta all'invio da parte del re di Napoli di una «combination perfide d'innocents, et de criminels, d'amis de la France, et de vils espions de la Cour de Naples deguisés en Patriotes déportés». È possibile dunque sostenere, in relazione al caso Attumonelli, che spionaggio, infiltrazioni di sradicati o di emissari di ogni genere e provenienza, oltre che accuse volte a screditare gli esuli e gli stranieri nel loro insieme, erano anche tratti ineliminabili nella precarietà di esistenza dell'emigrazione politica, e facile strumento di manipolazione quando, lontana ormai qualunque reale prospettiva rivoluzionaria, ai rivoluzionari non sembrava restare altro che il complotto, la cospirazione, il gesto individuale.
Ai francesi sembrava difficile distinguere gli esuli innocui da quelli pericolosi, anche perché non mancavano, tra i napoletani stabilitisi a Parigi, personaggi ambigui e sospettosi. Bisogna inoltre considerare che la difficoltà era maggiore nel sorvegliare proprio gli scienziati che, in virtù del loro status, godevano della possibilità di muoversi liberamente.
L'inclusione di Attumonelli nel registro degli esuli da sorvegliare non scalfì comunque la carriera del medico andriese. Per lui «la fortuna fu benigna sin dai suoi primi anni parigini e la notorietà arrise sino alla morte, avvenuta nel 1826» [Mongelli 1967, p. 23].
Esponente della nuova generazione di medici napoletani, cresciuto sotto la benevola influenza politica e scientifica di Cirillo e di Cotugno, Attumonelli aveva trovato in Parigi un ambiente intellettuale stimolante per dedicarsi agli studi e alla formazione. Nella vicenda dello scienziato andriese trova inoltre conferma l'idea che alla medicina, ma in generale alla scienza, sottendeva in maniera quasi impercettibile, a cavaliere tra Settecento e Ottocento, l'adesione di alcuni savants al nuovo ordine politico–sociale prodotto dalla Rivoluzione francese e poi dall'epoca napoleonica. La memoria sull'oppio, intrisa di riferimenti alle nuove teorie mediche in opposizione a quelle considerate ormai superate, sembra veicolare un messaggio che non è soltanto scientifico. In Attumonelli l'adesione al brownismo mascherava un'ideologia scientifica carica dell'attesa di rigenerazione della medicina intrecciata all'istanza di riorganizzazione dell'ordine sociale e politico. Il contesto intellettuale francese era il luogo adatto ad alimentare quest'idea di rinnovamento.
Altro aspetto interessante da sottolineare fu la scelta adottata da Attumonelli di stabilirsi definitivamente a Parigi. Una decisione che aveva accomunato diversi scienziati napoletani, in alcuni casi esuli. Per Attumonelli, Parigi era la nuova patria. Da un lato sono facilmente comprensibili le ragioni che lo indussero a compiere un passo così importante: sotto tanti aspetti Napoli non era Parigi, né il Regno meridionale la Francia. Dall'altro il rimpatrio sarebbe stato difficile poiché agli esuli napoletani furono confiscati tutti i loro beni.
La permanenza del medico andriese a Parigi propone infine un'ultima riflessione. All'accoglienza e al sostegno che i francesi, tanto le istituzioni quanto la società, avevano offerto, alla fine del Settecento, agli esuli napoletani e italiani cominciò ad affiancarsi, a partire dai primi anni dell'Ottocento, un senso di diffidenza nei confronti dello straniero. Diffidenza che si tramutò in aperta opposizione e contrasto quando gli scienziati esuli raggiunsero posizioni accademiche rilevanti o acquistarono grande consenso tra la popolazione locale. Emblematica in questo senso fu la vicenda di Michele Attumonelli.

Bibliografia

  • Attumonelli M., Della eruzione del Vesuvio accaduta nel mese di agosto dell'anno 1779. Ragionamento istorico–fisico, Napoli, Stamperia Abbaziana, 1779.
  • Attumonelli M., Mémoire sur les eaux minérales de Naples et sur les bains de vapeurs, Paris, de l'Imprimerie de la Société de médecine, 1804.
  • Attumonelli M., Mémoire sur l'opium, Paris, Panckoucke, 1802.
  • Bynum W. F., Science and the practice of medicine in the nineteenth century, Cambridge–New York, Cambridge university press, 1994.
  • Condorcet N., Déclaration de l'Assemblée nationale, in Œuvres de Condorcet publiés par A. Condorcet O' Connor – F. M. Arago, Paris, Firmin Didot, 1847, X, pp. 253–260.
  • Cooter R. (ed.), Studies in the history of alternative medicine, Basingstoke, Macmillan–St. Antony's College Oxford, 1988.
  • Cosmacini G., Scienza medica e giacobinismo in Italia. L'impresa politico–culturale di Giovanni Rasori (1796–1799), Milano, F. Angeli, 1982.
  • De Ceglia F.P. (ed.), Scienziati di Puglia: secoli 5 a.C–21 d.C, Bari, Adda, 2007.
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  • Maffiodo B., I borghesi taumaturghi. Medici, cultura scientifica e società in Piemonte fra crisi dell'Antico regime ed età napoleonica, Firenze, L. Olschki, 1996.
  • Massafra A., Patrioti e insorgenti in provincia: il 1799 in Terra di Bari e Basilicata, Bari, Edipuglia, 2002.
  • Mongelli N., Medici di Terra di Bari nei moti rivoluzionari del 1799, Putignano, Arti grafiche De Robertis, 1967.
  • Postiglione P., Delle acque minerali di Napoli, de' bagni a vapori. Opera del Dottor Michele Attumonelli, traduzione dal francese con note del dottor Prospero Postiglione, Napoli, Gaetano Raimondi, 1808.
  • Rao A. M., Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia, 1792-1802, Napoli, Guida, 1992.
  • Visconti S., Revue encyclopédique, ou analyse raisonnée des productions les plus remarquables, Paris, au Bureau central de la Revue encyclopédique, 1826, XXXI, pp. 572–574.

Article written by Fabio D'Angelo | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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