Distretto inquisitoriale delle Baleari (Maiorca)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Tra i diciannove tribunali periferici dell’Inquisizione spagnola, compresi i tre d’oltre oceano, il tribunale del regno delle isole Baleari, con sede nella capitale a Maiorca, è probabilmente quello che ha destato la minore curiosità degli storici. I pochi fondi relativi al suo operato, custoditi principalmente nel Archivo Histórico Nacional di Madrid, si riferiscono per lo più alle relaciones de causas inviate ogni anno al Supremo y general consejo de la Inquisición (Suprema), assieme a pochi altri carteggi, sempre diretti a Madrid per ricevere istruzioni o inviare informazioni.
Fondato nel 1488 dal dottor Sancio Marino, già inquisitore di Barcellona, il tribunale maiorchino estendeva la propria giurisdizione sull’intero arcipelago delle isole Baleari, attraverso una rete di commissari e famigli abbastanza estesa. Diversamente da altri tribunali, competenti per distretti più ampi e popolosi, il tribunale maiorchino si avvalse per tutta la sua storia dell’operato di un solo inquisitore (nei tribunali maggiori ne risiedevano due o tre), affiancato dal calificador e dal notario del secreto. Benché la struttura dell’Inquisizione prevedesse la presenza costante di queste figure, la realtà del tribunale maiorchino fu spesso diversa, e molte volte i processi furono celebrati in assenza dell’uno o dell’altro. La sua attività fino al 1578 è stata ricostruita attraverso frammenti di documentazione, attraverso i quali è stato possibile ricostruire in parte l’attività repressiva, in particolare nei confronti della forte comunità di conversos presenti nell’isola. Dal 1578 si conservano le relaciones de causas inviate annualmente a Madrid fino al 1806, una serie documentale completa benché piuttosto scarna nei contenuti, di cui nel 1985 è stata pubblicata un’edizione in quattro volumi.
A partire dal 1588 il tribunale subì una profonda riforma. Il diciottesimo inquisitore insediatosi, Félix Ebia de Oviedo (1578-1593) si adoperò per elevare lo scarso prestigio del tribunale, estendendo la rete di collaboratori e avviando un’attività inquisitoria assai più intensa rispetto ai suoi predecessori, la cui ambizione principale era sempre stata quella di abbandonare il prima possibile l’isola per incarichi migliori. L’attività del tribunale nel giro di pochi anni subì dunque una rapida accelerazione, anche grazie all’uso dei principali strumenti in suo possesso fino ad allora scarsamente adoperati, quali la promulgazione dell’editto di fede annuale e la celebrazione degli autós de fé. Nel 1588 Oviedo insediò il tribunale in una nuova sede, proseguendo anche nell’opera di moralizzazione, fondamentale per l’autorevolezza e la popolarità dell’istituzione, perseguendo con vigore i reati di sollicitación.
Sin dai primi anni del ‘600, il tribunale concentrò la sua attenzione su tutti i reati di competenza inquisitoriale, con particolare determinazione nei confronti dei moriscos negli anni dell’espulsione. E tuttavia, pur non dovendosi confrontare con particolari privilegi cittadini o insulari che altrove avevano provocato duri conflitti, fu spesso ostacolato nelle proprie competenze dal tribunale del Audiencia, il massimo tribunale di giustizia reale ordinaria, la cui giurisdizione spesso si sovrapponeva a quella dell’Inquisizione.
Gli inquisitori di Maiorca intrattennero con Madrid un rapporto costante, avanzando spesso richieste di clemenza o commutazione della pena, soprattutto quando i condannati rivestivano ruoli particolarmente utili nella società. Ma vi fu anche chi cercò di cambiare le sorti del tribunale attraverso una relazione più stretta e a tratti aspra con Madrid, come l’Inquisitore Pedro Diaz de Cienfuegos, che spesso lamentò con toni accesi le carenze del tribunale, polemizzando con i suoi superiori rispetto alla mancanza di personale. Anche relativamente alla comminazione delle sentenze, che spesso Madrid pretendeva di esaminare, l’inquisitore sottolineava le gravi difficoltà che da ciò derivavano, poiché anche il semplice invio di missive rischiava di diventare assai complicato.
Tra le tante complicazioni che aggravarono la vita e il sostentamento del tribunale e della sua estesa rete di informatori e commissari vi furono senz’altro le perenni carenze economiche, a stento compensate dai contributi versati da altri tribunali, che ogni anno inviavano denaro a Maiorca, in particolare il tribunale di Valencia. Tali ristrettezze indussero gli inquisitori maiorchini a tentare di appropriarsi delle canonijas della cattedrale, ma pur avendo ricevuto il permesso dalla santa sede, per diversi anni non poterono beneficiare di tali contributi.
Dopo gli anni di intensa attività del primo ventennio del seicento, il tribunale mantenne un’attività costante almeno fino al 1691, anno in cui culminarono le persecuzioni ai danni dei cripto-giudaizzanti maiorchini, conosciuti col nome di Chuetas (xeutes), iniziate sin dal 1673. Nei decenni successivi l’attività del tribunale conobbe un lento e costante declino, complice anche la sottrazione dell’isola di Minorca, ceduta agli inglesi con la guerra di successione.

Bibliografia

  • Livio Ciappetta, La zingara, l'erborista e lo schiavo. L'Inquisizione a Maiorca (1583-1625), Aracne, Roma 2010.
  • Mateu Colom i Palmer, La Inquisició a Mallorca: 1488-1578, Curial, Barcelona 1992.
  • Lorenzo Pérez Martínez, Lleonard Muntaner i Mariano. Mateu Colom i Palmer, El tribunal de la Inquisición en Mallorca: relacion de causas de fe, 1578-1806, Miguel Font, Mallorca 1985.
  • Francisco Pons Valles, La Inquisicion de Mallorca, Palma Edit. Mallorquina de Francisco Pons, Palma 1965.
  • Angela Selke, Los chuecas y la Inquisición. Vida y muerte en el ghetto de Mallorca, Taurus, Madrid 1971.

Article written by Livio Ciappetta | Ereticopedia.org © 2015

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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