Cameros Estrada, Luis Alfonso de los

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Luis Alfonso de los Cameros Estrada (Alcalà de los Gazules, 6 febbraio 1600 – Valencia, 18 settembre 1676) è stato cardinale, Primo Generale Inquisitore di Sicilia, Giudice del Tribunale della Regia Monarchia ed apostolica Legazia, Arcivescovo Abate e Signore della Città Stato e Arcivescovato di Monreale.

Biografia

Contrariamente alla maggior parte degli Arcivescovi monrealesi, specie quelli spagnoli suoi conterranei, De Los Cameros non vantava natali illustri o gran casato familiare, pur appartenendo ad una famiglia nobile di Spagna. Nella sua genealogia non s’incontrano altri inquisitori o politici o prelati d’alto rango, anche se il nonno materno Alonso Gómez de Olivera Butrón possedva la carica di Regidor perpetuo y Alguacil mayor de Medina, Capitán Sargento Mayor y Alcalde de Hidalgos; il nonno paterno, Ambrosio De Los Cameros, era un nobile di Alcalà anche se non meglio specificato.
Luis, poco più che trentenne, fece presto carriera divenendo Maggior Cappellano e Maestro di Cerimonia di Fernando Enriquez d'Afán de Ribera y Enríquez, già Vicerè di Catalogna Napoli e Sicilia. I servizi prestati lo misero in luce tanto da essere nominato Giudice Ordinario della Delegazione Apostolica del Regno di Sicilia ma, nel corso dei suoi compiti, si mise in contrasto con il potentissimo Arcivescovo di Palermo, cardinale Doria, il che lo spinse a trasferirsi a Madrid. In seguito Filippo IV lo inviò nuovamente in Sicilia, dopo averlo investito del titolo di Giudice del Tribunale della Regia Monarchia ed apostolica Legazia «con l’aggiunta riguardevolissima di primo Inquisitore nel Tribunale del S’Officio».
Luis ha avuto un ruolo decisivo nel sedare le violenze scaturite dalla grave carestia granaria, durante alcune sommosse popolari accadute a Palermo nel 1647 e nel 1656. In seguito ai suoi successi De Los Cameros, 1651, fu insignito della carica vescovile della diocesi di Patti in provincia di Messina. Nel 1656 ebbe l’incarico come trentacinquesimo Arcivescovo, Abate e Signore tanto nello Spirituale quanto nel Temporale della Città, Stato e Arcidiocesi di Monreale (16 ottobre 1656 - 14 maggio 1668). La storiografia settecentesca ci ha lasciato una vivida impressione del governo di Los Cameros a Monreale: grande innovatore urbanistico, costruttore di fontane per l’uso pubblico dell’acqua, conservatore magnifico della cattedrale normanna di Monreale. Prodigo finanziatore degli studi, ha foraggiato il Collegio gesuitico monrealese per la formazione di una cattedra di Teologia Sacra. La sua carriera da Inquisitore Generale di Sicilia ebbe una seconda ripresa proprio nel 1658, quando era ormai sulla via del tramonto, incrociando il destino del frate Diego La Matina eretico formale e assassino, con un ferro da tortura già usato su lui stesso, dell’inquisitore Juan López de Cisneros durante il suo ultimo interrogatorio. De Los Cameros al momento della morte di Cisneros era l’unica figura di rilievo e d’esperienza del S. Officio siciliano e fu nominato ad interim come Inquisitore Generale per celebrare lo spettacolo di fede di quell’anno.
Durante il periodo trascorso come arcivescovo monrealese fu uno degli uomini più potenti del suo tempo (forse l’Arcivescovo di Monreale più potente ed influente di sempre): tra il 1656 e il 1668 fu Giudice della Regia Monarchia, Inquisitore Generale del Regno, Signore ed Arcivescovo di Monreale (giudice di primo e secondo grado sia per il Civile che per il Criminale per circa la metà della popolazione siciliana) e infine barone di settantadue feudi che rendevano annualmente più di settantamila scudi.
Nel 1666, tramite un pubblico bando emanato a Monreale, Luis illustrò chiaramente le sue politiche in merito alla morale, alla famiglia, ai comportamenti quotidiani della società dell’epoca, esplicitando pienamente anche le sanzioni che intendeva adottare per i trasgressori. Il testo del bando era formulato in maniera schematica con la descrizione della colpa seguita dalla relativa pena da scontare che poteva essere carceraria, pecuniaria oppure da subire tramite coercizione fisica o comunque qualsiasi «pena a noi ben vista» per come è spesso dichiarato nel testo del bando. Oltre che concubini, mezzane, superstiziosi, bestemmiatori, maghi e streghe puniti con le leggi ordinarie più la frusta e battiture pubbliche, salta all’occhio il divieto di «tener posata» ovvero sia l’oste non dovrà servir «[…] nissuna Donna Meretrice, o ruffiana, […] sotto pena di onze Venti, et in sussidio di mesi due di Carcere», ma anche l’oste che oserà incorrerà nella sanzione: «[…] e nissun oste, tavernaro o posateri possa tener per servito nella sua osteria, taverna o Posata alcune di dette donne sotto l’istessa pena». Il bando ci offre un’istantanea della chiesa monrealese del tempo. Le varie raccomandazioni, in realtà, ci raccontano più di quanto volessero dire: i sacerdoti devono essere l’immagine specchiata delle virtù della Chiesa quindi non partecipino a commedie (sotto pena di scomunica), non pratichino giochi d’azzardo anche nel privato, non portino capelli lunghi, vestano sempre con lunga tunica nera, non si ammettano preti stranieri a dir messa senza licenza dei superiori, non si dia asilo nelle chiese conventi etc. senza che l’Arcivescovo non ne sia informato e infine che non portino con se, o tengano in casa, nessun genere di armi sia da taglio che da fuoco.
Se lo stato del clero destava tanta preoccupazione per le sue pratiche immorali, lo stato delle chiese della diocesi non era meno preoccupante: «[…] che nessuno possa in quelle (chiese) trattar negotij, far circolo, passeggiare, voltare le spalle al Santissimo Sacramento, o far altri atti indecenti […]; ne vicino le Chiese possano abitare meretrici, o farsi altri giochi pubblici».
La salute dell’anima è ciò che più sta cuore al De Los Cameros pertanto ordina ai medici, con l’intento di salvaguardarla, che entro i tre giorni dalla prima visita l’ammalato debba comunicarsi. Qualora ciò non avvenga sarà tenuto a sospendere le visite all’infermo renitente sotto pena per lo stesso medico della scomunica maggiore «ipso facto incurrenda». Ammonisce gli infermi a comunicarsi non solo in punto di morte, per ricevere il santo Viatico, bensì di farlo per devozione « […] affinché il comun nemico non abbia occasione di affliggere l’infermo e causarli horrore […]». Alla fine del bando è ricordata la norma principale, forse quella più importante per tutto il sistema inquisitorio, cioè il secretum: «[…] comandiamo che chi havesse notitia delle persone delinquenti […] e particolarmente di peccati pubblici, e scandalosi, l’habbia secretamente da rivelare a noi […] sotto pena che concorreranno per conto loro per i peccati degl’altri, che taceranno, e che daranno conto di quelli come de proprij». Non manca la pena per i bestemmiatori «ovvero far Santo il demonio, siano castigati con il badaglio in bocca pubblicamente,e con altre pene à noi ben viste». Per le streghe e le “magare” ordina oltre le pene ordinarie la «la frusta e le battiture». De los Cameros Estrada appesantisce la cappa di severità, che già aleggiava su Monreale, imposta dall’azione inquisitoria dei suoi precedecessori, portando agli estremi il rigore, il sistema punitivo e le ricadute sulla società da lui governata.
Il 13 giugno 1668 lascia la carica monrealese per recarsi a reggere la chiesa di Valencia, partendo dal porto di Palermo con gran concorso di gente da Monreale e Palermo come riporta la cronaca del tempo. Il suo governo sarà ricordato, nella tradizione popolare, come un misto di pietà e carità cristiana mescolata a paternalismo e rigore dispensato con mano severa e a tratti implacabile.

Bibliografia essenziale

  • Michele Del Giudice, Descrizione del Real Tempio e Monasterio di Santa Maria Nuova di Monreale. Vite de' suoi arcivescovi, abbati e signori. Col sommario dei privilegj della detta santa chiesa di Gio. Luigi Lello. Ristampata d'ordine dell'illustr. e reverend. monsignore arcivescovo abbate don Giovanni Ruano, Palermo, nella stamperia d'Agostino Epiro, 1702.
  • Gaetano Millunzi, Serie cronologica degli arcivescovi, abbati e signori della metropolitana Chiesa e dello Stato di Monreale dal Can. Gaetano Millunzi compilata ed offerta a S.E. Rev.ma Mons. Arcivescovo Domenico Gaspare Lancia …, Tipografia Boccone del Povero, Palermo 1908.
  • Giuseppe Schirò, Monreale capitale normanna, Palermo 1978.
  • Decreta Synodalia eminentiss. et reuerendiss. d.d. Cosmi s.r.e. cardinalis De Torres Montis Regalis archiepiscopi, & abbatis. Promulgata in Synodo Dioecesana anno 1638. Accesserunt. nonnullae Bullarum, & Trid. Conc. decretorum summae: nonnullae etiam instructiones, admonitiones, ac formulae, in commune bonum vulgari lingua editae, apud Ioannem Baptistam Maringum, Montis Regali 1638.
  • Francesco Renda, L’Inquisizione in Sicilia, Palermo 1997.
  • Antonino Franchina, Breve rapporto del Tribunale della SS. Inquisizione di Sicilia: del tempo di sua istituzione e notizia delle grazie favori e privilegi che' monarchi le han conceduti … disposto e con diligenza raccolto dal canonico Antonio Franchina.., regia stamperia d'Antonio Epiro, Palermo 1744.
  • Vittorio Sciuti Russi, Il martirio dell’ “Affannoso innocente”: l’Inquisitore di Sicilia Juan López de Cisneros, Acta Histriae, 12, 2004, 1 (XVII), pp. 129-138.
  • Leonardo Sciascia, Morte dell'Inquisitore, Adelphi, 1992.

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Fonti d’Archivio

  • Archivio storico diocesano di Monreale.
  • Archivio storico comunale di Monreale.

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Article written by Antonino Corso | Ereticopedia.org © 2019

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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