Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Lucrezia Gonzaga (Gazzuolo, 1524 - Mantova, 11 febbraio 1576) è stata una nobildonna e letterata, sospettata di eresia.
Biografia
Figlia legittima del nobile condottiero Pirro Gonzaga, del ramo secondario dei Gonzaga di Sabbioneta e Bozzolo, e di Camilla Bentivoglio, a sua volta figlia di Annibale II Bentivoglio, signore di Bologna e di Lucrezia d’Este.
Trascorse l’infanzia nella piccola e fervida corte paterna di Gazzuolo, in provincia di Mantova, luogo propizio agli scambi culturali, frequentata e animata da uomini di corte e umanisti del calibro di Baldassarre Castiglione e del frate domenicano Matteo Bandello, il quale favorì le nozze dei genitori di Lucrezia e di quest’ultima fu anche amorevole precettore.
In seguito alla morte prematura di entrambi i genitori nel 1529, Lucrezia fu affidata alle cure della nonna materna, Antonia del Balzo, fino al 1537, anno in cui il cardinale di Mantova decise che la corte di Luigi Gonzaga a Castelgoffredo era un luogo più propizio all’educazione e istruzione della promettente Lucrezia, la cui formazione classica e umanistica venne deputata al ritrovato Matteo Bandello, all’epoca segretario di Cesare Fregoso.
Nel 1541, all’età di diciassette anni, per volontà della famiglia, Lucrezia venne data in sposa a Giampaolo Manfrone, nobile capitano al servizio della Serenissima, ed insieme si trasferirono nel palazzo che la famiglia Manfrone possedeva a Fratta, nel Polesine di Rovigo. Nel 1546, Giampaolo Manfrone, per motivi dinastici non ancora appurati, attentò alla vita del duca di Ferrara condannandosi ad una logorante prigionia che nel 1552 lo condusse alla morte.
Lo stato vedovile e il clima d’intenso rinnovamento spirituale e devozionale che caratterizzava la vita culturale polesana permisero a Lucrezia di riprendere gli amati studi con ritrovato entusiasmo e rinnovato fervore cristiano nonché di intessere una fitta rete di scambi culturali e epistolari con personalità di spicco dell’epoca, facendo così del palazzo e dei giardini di Fratta – strategicamente situati al crocevia tra il territorio veneziano, il ferrarese e il mantovano – un luogo ideale di ritrovo e scambio per colti fautori di nuove istanze religiose eterodosse quali Ortensio Lando, Luigi Groto, Francesco Thiene, Girolamo Ruscelli e molti altri ancora. La frequenza e lo spessore culturale di questi incontri spinsero Lucrezia a fondare, con l’ausilio del suo segretario, collaboratore e protetto Giovanni Maria Bonardo, mediocre poligrafo polesano in stretti rapporti con Luigi Groto, l’Accademia dei Pastori Fratteggiani. Molti dei membri di quest’accademia, fra cui spicca per partecipazione e familiarità il nome di Ortensio Lando, furono corrispondenti assidui di Lucrezia: Francesco Negri, Manfredo da Porto, Paolo Almerico, Lucrezia Maggi (moglie di Vincenzo Maggi) e Vittoria Martinengo sono solo alcuni dei nomi che compaiono nella lunga lista dei destinatari dissidenti di Lucrezia, le cui lettere familiari – a riprova di quanto ampie e consolidate fossero le sue amicizie e frequentazioni con personaggi di rilievo della scena politica, culturale e religiosa dell’epoca - vennero raccolte e pubblicate a Venezia nel 1552 a cura di Ortensio Lando sotto il titolo di Lettere della molto illustre Sig. la S.ra donna Lucrezia Gonzaga da Gazuolo con gran diligentia raccolte, e a gloria del sesso femminile nuovamente in luce poste. Su questo nutrito carteggio, che ripercorre enfaticamente le tappe della personale tragedia di Lucrezia, attribuendole una palpabile esemplarità cristiano/evangelica, pesa il dubbio di un’incerta autenticità e contestata paternità, frutto di una verosimile, sebbene non comprovata, dipendenza ideativa e redazionale di Lucrezia dal suo ecclettico e irriverente curatore. In effetti, la raccolta è un autentico concentrato di massime erasmiane e di preoccupazioni e convinzioni di ordine dottrinale e spirituale già rinvenibili in alcuni scritti religiosi che Lando pubblicò proprio intorno al 1552 e, in particolare: I Ragionamenti familiari (1550), I Dubbi religiosi (1552), la Breve prattica di medicina per sanare le passioni dell’animo (1553) e il Dialogo nel quale si ragiona della consolatione et utilità che si gusta leggendo le sacre scritture (1552). Alcune missive dalla conclamata portata citazionale, che riproducono fedelmente lunghi e significativi passaggi tratti dall’Enchiridion militis christiani di Erasmo, contribuirono a nutrire i sospetti di eresia che gravavano tacitamente su Lucrezia e che la condussero davanti al tribunale dell’Inquisizione nel 1567. Lucrezia fu accusata e processata insieme a Isabella Mainoldi Gonzaga, Vittoria Martinengo Gonzaga e Caterina Sauli. Queste “madonne”, il cui sodalizio è attestato da stretti legami epistolari, avevano costituito a Mantova un cenacolo eterodosso femminile noto all’inquisitore Ambrogio Aldegati e tollerato da quest’ultimo in virtù del parentado che intercorreva tra le nobili dissidenti e il duca regnante. Quando nel 1567, all’accomodante Aldegati si sostituì l’intransigente Camillo Campeggi, l’ondata inquisitoriale che investì tutta la società mantovana non risparmiò neppure le tre Gonzaga che furono così costrette ad abiurare prontamente e segretamente, e a rimanere confinate in un monastero in attesa della sentenza finale del processo.
Dopo l’esperienza processuale, i rapporti tra Lucrezia e Lando si fecero sempre più blandi e la nobildonna abbandonò gradualmente le attività di mondana militanza eterodossa per condurre una vita più cauta e ritirata, dedita alle cure e agli affetti domestici, a Mantova, dove morì l’undici febbraio 1576.
Bibliografia essenziale
- Francine Daenens, L’autore in contumacia: Ortensio Lando e Lucrezia Gonzaga, in Famiglia e religione in Europa nell’età moderna. Studi in onore di Silvana Seidel Menchi, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2011, pp. 25-43.
- Lucrezia Gonzaga, Lettere della molto illustre Sig. la S.ra donna Lucretia Gonzaga da Gazuolo con gran diligentia raccolte, & a gloria del sesso femminile nuovamente in luce poste, Gualtero Scotto, Venezia 1552.
- Lucrezia Gonzaga, Lettere. Vita quotidiana e sensibilità religiosa nel Polesine di metà Cinquecento, a cura di Renzo Bragantini e Primo Griguolo, Minelliana, Rovigo 2009.
- Ireneo Affò, Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga, Carmignani, Parma 1789.
- Adriano Prosperi, Intorno alle lettere di Lucrezia Gonzaga, in «Bruniana & Campanelliana», XIX, 1, Fabrizio Serra Editore, Pisa, 2013, pp. 187-192.
- Ireneo Sanesi, Tre epistolari del Cinquecento, in «Giornale storico della letteratura italiana», XXIV, 1894, pp. 1-32.
Article written by Elisabetta Simonetta | Ereticopedia.org © 2015
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]