Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Leonardo Donà (Venezia, 12 febbraio 1536 - Venezia 16 luglio 1612) è stato un patrizio, diplomato e uomo politico veneziano.
Dal 1569 al 1573 fu ambasciatore presso Filippo II. Trattò con il re spagnolo i termini della lega santa che sconfisse i Turchi a Lepanto nel 1571. Rientrato a Venezia, proseguì la sua ascesa politica sino ad essere eletto nel Consiglio dei Dieci nel 1576. Dal 1578 al 1580 fu potestà a Brescia. Nel novembre 1580 fu designato ambasciatore a Roma. Al rientro a Venezia assunse nel 1583 la guida del partito dei Giovani. Nel 1589 fu di nuovo a Roma, stavolta in qualità di ambasciatore straordinario, col compito di giustificare a Sisto V le ragioni del riconoscimento da parte di Venezia di Enrico IV, pur ancora protestante, come legittimo re di Francia. Fu di nuovo ambasciatore straordinario a Roma nel 1592. Nel 1595-96 fu ambasciatore a Costantinopoli e nel marzo 1598 ambasciatore straordinario presso papa Clemente VIII a Ferrara. Fu sempre sostenitore di una linea anti-papale e tesa a rivendicare con forza l'autonomia veneziana di fronte alle pretese papali o spagnole. Per questo, proprio in seguito alla grave crisi nei rapporti tra Roma e Venezia scoppiata nel 1605, fu eletto doge il 10 gennaio 1606.
Fu doge fino alla morte avvenuta nel 1612. Gestì con fermezza il conflitto dell'Interdetto.
Bibliografia
- Gaetano Cozzi, Il doge Nicolò Contarini. Ricerche sul patriziato veneziano all’inizio del Seicento, Venezia – Roma 1958 (nuova edizione in Id., Venezia barocca. Conflitti di uomini e idee nella crisi del Seicento veneziano, Venezia 1995, p. 1-245).
- Gaetano Cozzi, Donà, Leonardo, in DBI, vol. 40 (1991).
- Federico Seneca, Il doge Leonardo Donà, la sua vita e la sua preparazione politica prima del dogado, Liviana, Padova 1959.
Voci correlate
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]