Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Jéronimo de Venero y Leyva (Valladolid, 1558 – Monreale, 1628) è stato un alto prelato della chiesa cattolica romana, consultore dell’Inquisizione in Spagna, arcivescovo abate e signore della Città, Stato e Arcivescovato di Monreale.
Biografia e ambiente familiare
Jéronimo nasce da una nobilissima famiglia spagnola: Andres Diaz Venero y Leyva, suo padre, fu nominato direttamente da Filippo II come Governatore e Capitano Generale del Regno di Nuova Granata, Presidente de la Audiencia de Santa Fe, membro del Consejo de Indias. Ha fondato il borgo di Villa de Leyva nel 1572. La gloria familiare era Antonio Leyva principe d’Ascoli Capitano di Carlo V a Pavia. Dal ramo materno degli Hondegardo y Zarate sia annoveravano Diego Lopez de León Hondegardo, nonno di Jéronimo, Alguacil mayor dell’Inquisizione di Cuenca e Cordova, Receptor general dell’Inquisizione di Granata; Lupercio Díaz de Zárate Commissario dell’Inquisizione di Valladolid e un altro Lupercio Diaz che per quaranta anni è stato Segretario dell’Inquisizione. Fratello fi Jèronimo era Frate Pedro Venero y Leyva, domenicano, Calificador della Suprema di Madrid, Consultor e Inquisidor Ordinario dell’Inquisizione di Logroño. Infine, o piuttosto all’inizio, l’esempio più fulgido che Jéronimo ebbe dalla sua famiglia fu di certo quello di Fernan Gonzales primo conte indipendente di Castiglia, fondatore del casato, combattente nella Reconquista contro i Mori di Al- Andaluz nel X secolo.
Cominciò la sua carriera ecclesiastica nel 1572, ricevendo la prima tonsura clericale dalle mani del vescovo Fra Bernardo de Fresneda, confessore di Filippo II e commissario generale del Consejo de Cruzada di Spagna. Nel tempo avvenire accumulerà una serie di canonicati, prebende e importanti titoli, oltre che una laurea in Diritto canonico, nell’università di Alcalà, e il dottorato nella stessa materia a Sigüenza. Nella diocesi di Cuenca ricopre la carica Consultor del S. Officio che tiene per dodici anni. Papa Gregorio XIII gli concede la carica di Chierico di Camera, di Monsignore e l’Abbazia de la Sey nella diocesi di Cuenca. Papa Paolo V lo insignì di un canonicato nella diocesi di Cuenca. La sua lunga permanenza presso la Corte di Madrid gli frutterà l’incarico di Consultore Primario dell’Inquisizione di Cuenca, l’Abito di S. Giacomo della Spada, il titolo di Cappellano del Regno e Vicario per tutta la regione di Leon.
La vicenda di Venero a Monreale cominciò nel 1619, quando re Filippo III lo raccomandò a papa Paolo V che ufficialmente lo nominò come trentunesimo Arcivescovo Abate e Signore tanto nello Spirituale quanto nel Temporale della Città, Stato e Arcidiocesi di Monreale (17 febbraio 1620 - agosto 1628).
La sua figura è largamente ricordata nella storiografia monrealese, e della chiesa siciliana, in numerose opere e saggi in cui è ricordato come grande urbanista, intellettuale, teologo di spicco, benemerito filantropo. Durante il suo governo giunse la Controriforma romana che abbracciava il lato inquisitorio e repressivo, mettendo in secondo piano quello volto all’educazione religiosa popolare e più evangelica, e le sue conseguenze formali: individuazione del peccato, del reo e della sua condanna il tutto ammantato da atteggiamenti filantropici e populisti, spostando il baricentro sulla fase repressiva della trasgressione delle Leggi e dei Sacri Canoni, adottando severissime pene per i rei e i sospetti. Da eccellente canonista indisse e celebrò un nuovo sinodo nel 1622 tutto puntato sulla Fede, sull’Osservanza, la Disciplina e il Culto.
Pur lasciando i ranghi dell’Inquisizione in Spagna poco prima di giungere a Monreale, Venero restò sempre un inquisitore e nel governo del suo feudo non poteva non riflettere questo suo intimo modus operandi. Il suo agire politico e religioso è palesato nella sua opera magna: il De Examen episcoporum opera in undici libri. Nel testo, sotto forma di domanda e risposta, esplicita precisi principi dottrinali, sempre supportati dalle fonti canoniche statute, e altrettante precise norme sui giusti comportamenti e modi d’agire di fronte alle più disparate occasioni che potrebbero condurre in errore il suddito e il fedele.
Tratta il fenomeno del Peccato e dell’Eresia ad ampio raggio: le tipologie di crimine da denunciare, a chi farlo, per quante volte, cosa sia l’inquisizione (come metodologia di ricerca dell’Eresia). Espone i vari casi di possessione diabolica, come riconoscerne le manifestazioni, quali siano i soggetti che vi possono incorrere. A tal scopo sostiene che le intrinseche proprietà della poesia, delle erbe officinali e della musica portano l’uomo alla vanagloria e alla bramosia, aprendo la strada al demonio e alla sua possessione. Il fuoco, liberatore dalla possessione, estirpa il Diavolo e per suo tramite è possibile l’operazione di liberazione del posseduto.
Per gli ebrei prescrive che portino un cappello nero in modo da esser distinti dai cristiani; che non abbiano servi cristiani; che non lavorino durante le pubbliche festività; che nel Parasceve serrino le proprie abitazioni e non escano di casa. Citando Gregorio XIII, prescrive che i cristiani non pratichino giochi di nessun genere con gli ebrei; che non mangino pane azzimo o animali soffocati; che non si servano dei loro i medici o costruiscano sinagoghe e in genere che non abbiano nessun rapporto di familiarità o amicizia con loro.
Venero pose in essere un semplice dettato che sintetizzò nella forma dialogica: «Qui est peccatum ? Est dictum, factum, vel concupitum contra legem Dei vel est recessus volontarius a lege divina». E’ una semplice, quanto stringente, proposizione da cui discende un largo controllo sulla società intera. Nelle pagine del De Examen lo spagnolo esplora una grande quantità di tematiche civili, morali, religiose, sessuali e quant’altro rispondendo puntualmente alle esigenze di una Chiesa che vuol normare ed instradare i comportamenti dei propri fedeli, onde prevenire liberi atti di volontà che possano condurre a nuovi scismi in seno alla comunità dei cattolici romani.
La pietà popolare lo ricorda oggi come il grande salvatore della città di Monreale e della sua popolazione in occasione della grande epidemia di peste del 1624, che fece strage nella vicinissima Palermo. Grazie a delle accorte misure di contenimento del contagio, costruzione di mura di cinta e chiusura delle porte e migliorata igiene pubblica, il morbo non risultò micidiale per la popolazione. Pur non di meno Monreale fu contagiata ugualmente e lo stesso Venero ammorbato ma, per divina intercessione, guarito. Ancora oggi a Monreale si ricorda l’evento con una processione annuale dello stesso crocefisso già portato per le strade in occasione della pestilenza del 1624. Le carte d’archivio, invece, ricordano il suo periodo di governo segnato dal controllo serrato sulla popolazione e l’instaurazione di un clima di sospetto e delazione, con un flusso d’informazioni che dal vicinato più prossimo, tramite il parroco di quartiere, arrivava sino al tribunale vescovile diocesano. Riorganizzò tutto quanto il clero diocesano, istituendo una Collegiata di ventiquattro parroci secolari per annullare l’influenza del potentissimo Capitolo benedettino che fin dal 1172 imperava, accentrando devozione religiosa e donazioni provenienti del vastissimo stato feudale monrealese.
Alla morte del Venero seguì un periodo di sede vacante in cui l’amministrazione finanziaria dei feudi assunta dalla Corona, mentre i padri Benedettini del locale monastero elessero alcuni Vicari Generali nell’attesa che fosse eletto un nuovo Arcivescovo.
Bibliografia essenziale
- Girolamo Venero y Leyva, Examen Episcoporum et eorvm. Qvi approbandi svnt Ad adminiftranda Sacramenta, vtile Examinandis, Examinatoribus, Iudicibus Ecclefiasticis, Aduocatis, et Procuratoribus, Apud Ioannem Baptistam Maringum, Panormus 1627.
- Synodus Diocesana. Celebrata ab Illustrissimo, et Reverendissimo Domino Dominus Hieronymo De Veniero, et Leyva, Dei, et Apostolicae Sedis gratia Archiepiscopo, et Abbate Metropolitanae Ecclesiae Civitatis Montis Regalis, eiusdemque Civitatis, et Status Domino temporali, Habitus Sancti Iacobi della Spata, Regio Consiliario, apud Angelum Orlandi, in Monte Regali, 1630.
- Michele Del Giudice, Descrizione del Real Tempio e Monasterio di Santa Maria Nuova di Monreale. Vite de' suoi arcivescovi, abbati e signori. Col sommario dei privilegj della detta santa chiesa di Gio. Luigi Lello. Ristampata d'ordine dell'illustr. e reverend. monsignore arcivescovo abbate don Giovanni Ruano, Palermo, nella stamperia d'Agostino Epiro, 1702.
- Gaetano Millunzi, Serie cronologica degli arcivescovi, abbati e signori della metropolitana Chiesa e dello Stato di Monreale dal Can. Gaetano Millunzi compilata ed offerta a S.E. Rev.ma Mons. Arcivescovo Domenico Gaspare Lancia …, Tipografia Boccone del Povero, Palermo 1908.
- Nicola Giordano, Girolamo Venero y Leiva e le pergamene della Collegiata del SS.mo Salvatore di Monreale, in “Archivio Storico Siciliano”, Serie III, Vol. VI, 1954, pp. 49-89;
- Giuliana Alaimo Alessandro, Notizie inedite sulla Collegiata del SS.mo Crocifisso di Monreale e sul più grande pannello d’ Italia in ceramica maiolicata del sec. XVIII, Palermo 1956;
- Giuseppe Schirò, La Controriforma nel '600 monrealese: Girolamo Venero y Leyva, Palermo 1986.
- Giuseppe Schirò, L’archivio storico della Collegiata di Monreale, Palermo 1992.
- Francesco Renda, L’Inquisizione in Sicilia, Palermo 1997.
- Antonino Corso, Roberto Cervello, Il Tabulario della Collegiata di Monreale (1572-1897), Palermo 2013.
Fonti archivistiche
- Archivio storico della Collegiata di Monreale.
- Archivio storico diocesano di Monreale.
- Archivio storico comunale di Monreale.
Article written by Antonino Corso | Ereticopedia.org © 2019
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]