Ildegarda di Bingen

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Ildegarda di Bingen (Bermesheim, 1098 - Bingen am Rhein, 17 settembre 1179) è stata una monaca tedesca che si è prevalentemente occupata di teologia e scienza.

Cenni biografici

Ildegarda nasce nel 1098 a Bermesheim. Di corporatura gracile e salute cagionevole (oltre che di temperamento melanconico), è la decima figlia di una famiglia appartenente alla piccola nobiltà della Renania. È ancora bambina quando ha inizio il suo cammino di fede: nel 1106, cioè all'età di otto anni, è introdotta in un monastero obbediente alla regola di san Benedetto, dedicato a san Disibodo, nella diocesi di Magonza. Qui conosce la sua maestra, Jutta von Sponheim, dalla quale impara a leggere attraverso il latino dei Salmi e alla quale rivela il dono profetico della visione. Più tardi verrà affidata al monaco Volmar che starà vicino a lei come segretario fino al 1163. Alla morte della sua maestra Ildegarda viene nominata abbatissa: siamo nel 1136. Da questo momento in poi sarà lei ad occuparsi non solo della formazione spirituale delle monache ma anche dei rapporti della sua comunità con il mondo esterno.
Nel corso di questi anni, al suo fianco, vediamo Volmar, amico e segretario, che raccoglie e trascrive le sue parole intrise di luce divina e Ricardis, una giovane di famiglia nobile; accolta insieme alla sorella minore nel monastero, questa era amata dalla badessa come una figlia e la assisteva durante la sua opera. Nel 1147, cinquantenne, Ildegarda è ancora una semplice fedele della Chiesa, ma sia il suo dono profetico sia la sua abilità di terapeuta presto cominceranno a diventare noti. La Sibilla del Reno decide infatti di scrivere a Bernardo di Chiaravalle: gli racconta le visioni, le voci che ode dal cielo, i dubbi e le incertezze sulla sua attività profetica. Ma lui le risponde rassicurandola: le riconosce il dono di una conoscenza interiore superiore dettata da un maestro divino, vale a dire lo Spirito Santo. In questo modo Ildegarda si rassicura e comincia a prendere consapevolezza delle sue doti.
Poco dopo, il pontefice Eugenio II, un cistercense vicino a san Bernardo, compone una commissione per visitare e interrogare la badessa. È il 1148 quando nella cattedrale di Treviri viene letta la prima opera di Ildegarda, Scivias, non ancora terminata, composta con l'aiuto del monaco Volmar e la giovane Ricardis. Gli scritti della badessa vengono approvati e il papa le chiede di scrivere tutto ciò che lo Spirito Santo le detterà: l'attività profetica di Ildegarda ottiene così un riconoscimento ecclesiastico.
È a partire da questo momento che la profetessa di Bingen acquisisce grande notorietà, ragion per cui molte personalità illustri cominciano a rivolgersi a lei, chiedendole consigli, spiegazioni, proprio come se si trattasse di un oracolo. Tra i suoi interlocutori si rammentano grandi personaggi della storia medievale quali Irene imperatrice di Bisanzio, la regina Eleonora di Aquitania, pontefici e sovrani come Enrico II di Inghilterra e il Barbarossa. A questo punto Ildegarda decide di spostarsi e fondare una nuova comunità nel Rupersberg, di fronte a Bingen, luogo che le era stato indicato in una visione, opponendosi ai monaci di san Disibodio, che, venendo a mancare la profetessa, avrebbero perso gran parte del loro prestigio. Rupertsberg diventa così un centro religioso prospero e famoso e quindici anni dopo, nelle vicinanze, Ildegarda costituisce un monastero affiliato, a Eibingen.
Le sue attività svolte nel monastero sono variegate: Ildegarda non si limita alla lettura dei testi sacri, ma estende il suo dominio di conoscenza anche alla natura. È una studiosa del corpo e della natura umana, proprio come fanno scienziati e medici. Passeggia nell'orto del suo monastero, dove coltiva farmaci; manda i suoi assistenti a raccogliere le erbe più rare, osserva i decorsi delle malattie delle altre sorelle, visita e cura gli infermi e le partorienti di Bingen.
Nonostante le sue ricorrenti malattie, dal 1158 al 1161, Ildegarda viaggia per tutta la regione del Reno: il progetto della riforma monastica e della chiesa sono il tema dei suoi sermoni infiammati, dove attacca la simonia, l'incapacità, la trascuratezza e la corruzione dei ministri di Dio. Oramai settantenne, dopo una malattia particolarmente lunga e dolorosa, intraprende un ultimo viaggio in Svevia, visitando molte città e predicando anche nelle cattedrali. Gli ultimi dieci anni della vita della monaca sono pieni di eventi dolorosi. Quando Volmar muore, nel 1173 i monaci di san Disibodio si rifiutano di inviare ad Ildegarda un altro segretario. Grazie ad un intervento del papa arriva Goffredo che, stando vicino alla monaca per quattro anni, ha modo di comporne la vita. Dopo la scomparsa di Goffredo, ha inizio, nel 1178, un'amicizia con Gilbert di Gembloux, monaco vallone, che si offre di aiutare e servire Ildegarda, vivendole accanto negli ultimi due anni di vita. Ultimo evento singolare prima della sua morte è un atto di ribellione nei confronti della Chiesa ufficiale. A Ildegarda viene ordinato di disseppellire e di gettare fuori dal camposanto il cadavere di un cavaliere scomunicato, ma lei si rifiuta: come una nuova Antigone, si oppone alle leggi della Chiesa e segue il suo pensiero. Traccia così nell'aria una croce come per benedire il sepolcro e poi cancella sul terreno tutti i segni che potevano identificarlo.
Il 17 settembre del 1179 Ildegarda si spegne.

Opere

Come accennato precedentemente, Scivias (vale a dire Conosci le vie) è la prima opera di Ildegarda: si tratta di uno scritto in cui sono riportate le sue visioni, completato integralmente nel 1151. Nel 1158 la Sibilla del Reno avvia la scrittura di un altro testo, il Liber vitae meritorum, che verte su un'unica potente visione, quella di Dio, descritto in forma umana alata, immerso nel cosmo. La terza opera coincide con il Liber divinorum operum, che viene considerato il lavoro più colto e ricco di contenuti di Ildegarda. Accanto a questi tre testi di materia divina, troviamo altri scritti di carattere più scientifico e medico. Si tratta di opere sulla natura, che riguardano la medicina, la biologia, la botanica e che sono stati redatti grazie ad esperienze dirette durante la vita monacale. Tali argomenti vengono quindi affrontati nel Subtilitatis diversarum naturarum libri novem, costituito dal Liber simplicis medicinae e dal Liber compositae medicinae, conosciuto come Causae et curae. Altra opera degna di nota è la Simphonia armoniae celestium revelationum. Infine, tra i testi minori, vanno ricordati i trattati che mostrano l'impegno di Ildegarda nei confronti della Chiesa, una spiegazione dei vangeli, una vita di san Disibodo e una di san Ruperto, un dizionario (Lingua ignota) e centinaia di lettere con personaggi eminenti della sua epoca.

Pensiero

Come si evince dalla natura eterogenea dei suoi scritti, Ildegarda è un personaggio poliedrico: è filosofa, profetessa, medico. Pur non essendo andata a scuola, data la sua condizione di donna (lei stessa si definisce indocta e paupercula forma feminea), dimostra di avere grande capacità di pensiero e un'intelligenza accostata all'eccezionalità della visione: è dal lumen che proviene la sua conoscenza. I suoi pensieri sono dunque dettati dalla visione, nel senso agostiniano del termine. All'origine della visio spiritualis della profetessa c'è la luce, quindi Dio, oggetto diretto della visione intellettuale. Ildegarda, che non aveva avuto maestri, si sentiva quindi prescelta da un Maestro che le avrebbe assicurato con la sua autorità l'ascolto più grande e fiducioso da parte degli uomini. Particolarmente rilevante è la sua teologia ricca di simboli femminili e tutta declinata al femminile. Il piano della salvezza umana è infatti fondato sulla donna per eccellenza, Maria. Eva, inizio della storia, è invece tensione e perfezione non raggiunta; la vergine è paradossalmente accanto alla madre anch'essa sposa divina, e per questo la badessa di Bingen la vuole vestita di bianco e adorna di gioielli. Infine Amore e Sapienza, manifestazioni di aura divina, sono da lei immaginate in forma di donne. Ildegarda fra le mistiche è forse la prima a personificare Amore come personaggio di accentuata femminilità. Amore è infatti una puella con viso splendente di giovinezza, ma tutto il creato la chiama domina. Accanto ad Amore troviamo anche la rappresentazione della Sapienza, che è la veste della creazione: come i vestiti alludono alle forme del corpo che ricoprono, così la Sapienza allude al mistero divino, rivestendolo. Ma questa è vista anche come una donna solenne, dal bianco vestito di seta, con una tunica verde e ricamata di perle, adorna di gioielli: è figurazione del mondo, il macrocosmo, ma anche del microcosmo, l'umanità. Il pensiero di questa singolare figura femminile si mostra quindi molto attento anche alla dimensione umana e materica che, come attraverso una sintesi alchemica, si conciliano nella sfera divina.

Bibliografia

  • Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, In una aria diversa: la sapienza di Ildegarda di Bingen, Mondadori, Milano,1992.
  • Michela Pereira, Le visioni di Ildegarda di Bingen, in Memoria. Rivista di storia delle donne, n. 5, 1992.
  • Michela Pereira, Profezia e scrittura in Ildegarda di Bingen, in Esperienza religiosa e scritture femminili tra medioevo ed età moderna, a cura di M. Modica Vasta, Bonnanno Editore, Acireale, 1992.
  • Peter Dronke, Donne e cultura nel Medioevo: Scrittrici Medievali dal II al XIV secolo, 1986, Milano, Il Saggiatore.
  • Sabina Flanagan, Ildegarda di Bingen. Vita di una profetessa, Le Lettere, Firenze, 1991.

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by Stefania Santoni | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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