Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Giuseppe Perrotta è stato un medico e chirurgo del XVI sec., perseguitato dall'Inquisizione.
Medico napoletano, nel 1582 svolgeva il praticantato come chirugo presso Giovan Giacomo Baratta e discorreva con un suo collega di questioni di fede, mettendo in dubbio la presenza reale di Cristo nell'ostia consacrata e dimostrando un forte interesse verso l'ebraismo (rivelò al collega di essersi messo a studiare l'ebraico con l'aiuto di un ebreo convertitosi non sinceramente). Il suo collega lo denunciò, portando con sé un altro compagno che rivelò che Perrotta leggeva libri proibiti.
Perrotta, cui furono sequestrati vari libri proibiti, perlopiù in ebraico, quindi fu incarcerato e subì un processo, che si svolse dal settembre 1584 all'aprile 1585. La sua permanenza in carcere durò solo due settimane: accusando problemi di salute, fu trasferito per un mese nel Palazzo della Curia e quindi lasciato libero con l'obbligo di non spostarsi da Napoli. Il suo processo, grazie anche alla sua scaltrezza nel difendersi, attribuendo le accuse ad ostilità personali, si chiuse senza gravi conseguenze: Perrotta se la cavò con il pagamento di una cauzione, obbligandosi a curare gratuitamente i malati presso il monastero di Santa Maria la Nova e a visitare tre volte la chiesa di Santa Maria di Piedigrotta. Non fu ulteriormente accusato di eresia negli anni a venire, nei quali ebbe fama di buon cattolico. Nel 1597 divenne lettore di chirurgia presso lo Studio napoletano, mantenendo l'incarico fino alla morte, avvenuta nel 1607.
Bibliografia
- Luigi Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Lapi tip. ed., Città di Castello 1892, vol. I, pp. 331-332, nota 1, vol. II, pp. 28-50 (dove è pubblicato il processo contro Giuseppe Perrotta del 1584-85).
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2020
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]