Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Giulio Antonio Santori (Santoro, Santorio) (Caserta, 6 giugno 1532 – Roma, 7 giugno 1602) è stato un cardinale e inquisitore, protagonista della vita religiosa e politica della Curia romana nella seconda metà del XVI secolo. Figura di primo piano della Controriforma, fu uno dei principali artefici del consolidamento del Sant’Uffizio come organo centrale della Chiesa cattolica post-tridentina, impegnato a definire le procedure dell’Inquisizione, a regolare la censura libraria e a riaffermare la supremazia della Sede apostolica in materia di fede. La sua lunga carriera, iniziata come inquisitore provinciale nel Regno di Napoli e culminata nella viceprefettura del Sant’Uffizio, si svolse nel cuore del sistema di potere ecclesiastico romano, attraversando i pontificati di Pio V, Gregorio XIII, Sisto V e Clemente VIII.
Biografia
Tra 1559 e 1566 fu inquisitore a Caserta e a Napoli, dove si occupò di procedimenti contro esponenti dei circoli valdesiani e di casi di eterodossia diffusi nel clero e nella nobiltà meridionale. Proveniva da una famiglia di giuristi e chierici legata agli Acquaviva d’Aragona, di orientamento filofrancese. Studiò diritto e teologia a Napoli, città in cui conobbe da vicino il clima di tensione religiosa e politica che accompagnò la diffusione delle idee riformate in Italia meridionale.
Trasferitosi a Roma dopo la fine del pontificato di Paolo IV, entrò nella cerchia di Michele Ghislieri, futuro Pio V, con il quale condivise una concezione rigorista e centralizzata dell’autorità ecclesiastica. Con l’elezione di Pio V nel 1566, fu nominato consultore del Sant’Uffizio e arcivescovo di Santa Severina in Calabria, diocesi nella quale applicò con decisione i decreti del Concilio di Trento, riorganizzando la vita del clero e promuovendo la disciplina ecclesiastica.
A partire dal pontificato di Pio V, Santori rivestì un ruolo sempre più importante all’interno della Congregazione del Sant’Uffizio, prima come consultore, poi come cardinale inquisitore, dopo la sua nomina al cardinalato nel maggio 1570. Partecipò alla riorganizzazione della Congregazione e alla definizione dei suoi strumenti giuridici e procedurali, consolidando il controllo del tribunale centrale sulle inquisizioni periferiche e sulla censura dei libri.
Fu coinvolto in procedimenti di rilievo, come i processi a Pietro Carnesecchi e al primate di Spagna Bartolomé Carranza, e prese parte alla fase romana del caso Giordano Bruno, di cui seguì la complessa estradizione da Venezia a Roma. Collaborò con Francisco Peña alla revisione del Directorium inquisitorum di Nicolau Eymerich e intervenne nelle questioni relative all’Indice dei libri proibiti, opponendosi alla diffusione di opere giudicate contrarie alla dottrina cattolica, come quelle di Jean Bodin e Niccolò Machiavelli.
Rivestì numerosi incarichi nella Curia romana: fu membro della Congregazione per i Vescovi e i Regolari, di quella per gli Affari di Francia (che presiedette tra 1589 e 1595) e di quella per i Greci d’Italia, istituita da Gregorio XIII per la “riduzione” delle comunità greco-cattoliche. Nel 1599 fu prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, ancora in fase di formazione, e partecipò alla redazione del Rituale Romanum, approvato da Paolo V nel 1614, che in parte recepì le sue proposte liturgiche.
Nel conclave del 1592 fu tra i principali candidati al papato, sostenuto dalla Spagna e da vari cardinali della fazione inquisitoriale; la sua elezione, data per certa, fu infine impedita dall’opposizione di un gruppo di cardinali filofrancesi, che portarono all’elezione di Clemente VIII. Sotto quest’ultimo, Santori mantenne un ruolo di primo piano nelle questioni dottrinali e disciplinari, pur manifestando dissenso rispetto alla politica di riconciliazione con Enrico IV di Francia.
Morì a Roma nel 1602. Fu sepolto nella basilica dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, nella cappella da lui fondata, ornata da un busto marmoreo di Giuliano Finelli.
Lasciò una Autobiografia (Vita del cardinale di Santa Severina) e vari Diari, tra cui i Libri delle mie private udienze e i Diari concistoriali, che rappresentano una fonte di primaria importanza per la conoscenza della Curia romana e dell’attività del Sant’Uffizio tra la seconda metà del XVI e l’inizio del XVII secolo.
Bibliografia essenziale
- Giuseppe Cugnoni, Vita del card. Giulio Antonio Santori detto il card. di Santa Severina composta e scritta da lui medesimo, in "Archivio della R. Società di storia patria", XII, 1889, pp. 329-373; XIII, 1890, pp. 151-205
- Hubert Jedin, Die Autobiographie des Kardinals Giulio Antonio Santorio [gestorben 1602], Akademie der Wissenschaften und der Literatur, Mainz 1969.
- Saverio Ricci, Il Sommo Inquisitore. Giulio Antonio Santori tra autobiografia e storia (1532–1602), Salerno, Roma 2002.
- Saverio Ricci, Santoro, Giulio Antonio in DSI, vol. 3, pp. 1370-1376.
- Saverio Ricci, Santoro, Giulio Antonio in DBI, vol. 90 (1997).
- Herman H. Schwedt, Die Anfänge der Römischen Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1542 bis 1600, Herder, Freiburg 2013, pp. 226-227.
Links
- Scheda sul cardinale Giulio Antonio Santori sul sito The Cardinals of the Holy Roman Church
- Scheda su Giulio Antonio Santori sul sito Symogih.org
Voci correlate
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]