Borri, Girolamo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Girolamo Borri (Arezzo, 1512 - Perugia, 1592) è stato un umanista e teologo.

Biografia

Addottoratosi in filosofia, teologia e medicina a Padova nel 1535, entrò al servizio del cardinale Giovanni Salviati in qualità di precettore e teologo.
Negli anni quaranta, a Roma, frequentò il circolo eterodosso di Pietro Antonio Di Capua, conoscendo, tra gli altri, Guido Giannetti, Girolamo Donzellini, Giovanni Tommaso Sanfelice e Vittore Soranzo.
In questo periodo fu anche in rapporti epistolari con Pietro Gelido e Renata di Francia.
Dal 1548 al 1550 soggiornò a Parigi. Rientrò quindi a Roma, e nell'aprile 1551 fu arrestato dall'Inquisizione. Rilasciato definitivamente nel 1553, anno, tra l'altro, della morte del suo protettore Salviati, si trasferì a Pisa, dove fu professore di filosofia all'università fino al 1559. Insegnò quindi in altri atenei italiani. Nel 1575 riprese l'insegnamento a Pisa. Qui nel 1581 ebbe un incontro con Michel de Montaigne. Nel febbraio 1583 era di nuovo nelle carceri del Sant'Uffizio a Roma, a seguito della denuncia di un certo Andrea Cesalpino, suo concittadino. Nel 1586 si trasferì presso l'Università di Perugia. Morì nel 1592.

Ebbe fama di averroista e di ateo, accreditata anche da Michel de Montaigne e da Gabriel Naudé.

Opere

  • Del flusso e reflusso del mare (Lucca 1561).
  • Ragionamento della perfettione delle donne (Lucca 1561).
  • De motu gravium et levium (Firenze 1575).
  • De peripatetica docendi atque addiscendi methodo (Firenze 1584).

Bibliografia

  • Processo Morone2, vol. 1, pp. 23-24, nota 46.
  • Carmen Menchini, Borri, Girolamo, in DSI, vol. 1, p. 217.
  • Giorgio Stabile, Borri, Girolamo, in DBI, vol. 13 (1971).

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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