Bona, Giovanni

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Giovanni Bona (Pian della Valle, Mondovì, 10 ottobre 1609 - Roma, 28 ottobre 1674) è stato un cardinale, membro della Congregazione del Sant'Uffizio.

Dopo essersi formato presso i gesuiti a Mondovì, entrò nella Congregazione di S. Bernardo (filiazione cistercense) nel 1635, venendo accolto nell'abbazia di S. Maria di Pinerolo.
Studiò a Montegrosso, dove fu allievo di Girolamo di San Roberto, e nel 1633 si recò a Roma per completare la formazione teologica. Concluso il soggiorno romano, si trasferì nell'abbazia di Vico (nei pressi di Mondovì), dove insegnò teologia; fu quindi priore ad Asti, ritornando quindi a Vico come abate.
Dal 1651 al 1654 fu generale della Congregazione di San Bernardo. In questi anni, trascorsi a Roma, divenne amico del cardinale Fabio Chigi (futuro papa Alessandro VII, 1655-1667). Nel 1654 ritornò in Piemonte ma nel 1659 fu di nuovo designato generale della Congregazione di San Bernardo, incarico che mantenne fino al 1664. Già consultore della Congregazione dell'Indice (1656) e della Congregazione dei Riti (1659), nel 1663 divenne qualificatore del Sant'Uffizio. Nel febbraio 1667 fu quindi nominato consultore del Sant'Uffizio.
Il 29 novembre 1669 papa Clemente IX (1667-1669) lo nominò cardinale. Fu incluso nella Congregazione del Sant'Uffizio (nominato cardinale inquisitore il 29 dicembre 1669, giurò come tale il 21 maggio 1670), oltre che in alcune altre congregazioni cardinalizie (Riti, Indulgenze e Sacre Reliquie, Propaganda Fide).

Giovanni Bona fu autore molto apprezzato di testi di spiritualità.

Bibliografia

  • Lucien Ceyssens, Bona, Giovanni, in DBI, vol. 11 (1969).
  • Herman H. Schwedt, Die Römische Inquisition. Kardinäle und konsultoren 1601 bis 1700, Herder, Freiburg 2017, pp. 110-112.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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