Pico della Mirandola, Gianfrancesco

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Gianfrancesco Pico della Mirandola (Mirandola, 1469 - Mirandola, 1533) è stato un filosofo e umanista italiano, noto per le sue simpatie savonaroliane.

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Biografia

Esordi giovanili

Gianfrancesco (nipote di Giovanni Pico della Mirandola) nacque da Galeotto I Pico e Bianca Maria, figlia illegittima di Niccolò III d’Este a Mirandola nel 1469. Non si conosce molto della sua formazione di letterato e filosofo, avvenuta con ogni probabilità a Ferrara; senza dubbio, però, l’influenza dello zio Giovanni (maggiore di soli sei anni) e l’amicizia con Girolamo Savonarola condizionarono notevolmente la formazione del giovane e gli sviluppi successivi del suo pensiero.
Nel 1496 pubblicò, infatti, il primo volume che confluirà, in seguito, nell’Opera omnia di Giovanni apponendovi una biografia della vita dello zio (morto nel 1494) in prospettiva fortemente moralizzante e devozionale; in memoria dei Giovanni, inoltre, nel luglio dello stesso anno diede alle stampe anche le incompiute Disputationes adversus astrologiam divinatricem dello stesso letterato, aiutato dal medico Giovanni Mainardi. A Savonarola, invece, dedicò sempre nel 1496 il De morte Christi et propria cogitanda. Inoltre nel 1497 Gianfrancesco scrisse due opere indirizzate alle autorità ecclesiastiche: il Defensio Hyeronimi Savonarolae adversus Samuelem Cassinensem e, in seguito alla scomunica del frate avvenuta nello stesso anno, l’Opusculum de sententia excommunicationis iniusta pro Hieronymi Savonarolae innocentia; ancora, al momento della cattura di Savonarola, Pico inviò una lettera pubblica in difesa dell’amico e padre spirituale (l’Epistola in favore de fra Hieronymo da Ferrara dappoi la sua captura). Nonostante gli sforzi compiuti il 23 marzo 1498 il frate fu condannato e arso vivo a Firenze.
Il violento epilogo non mutò la devozione di Gianfrancesco nei confronti di Savonarola e delle sue idee; dall’intenso rapporto spirituale intercorso fra i due, infatti, nacque la Vita Hyerolami Savonarolae, opera celebrativa della memoria del frate e del suo pensiero cui non smise di lavorare fino alla morte. L’editio princeps fu stampata solo nel 1674.

Il periodo dell’esilio

Nel frattempo Gianfrancesco (che nel 1491 aveva sposato Giovanna Carafa da cui ebbe dieci figli) nel 1499 a seguito della morte del padre, entrò in possesso dell’investitura imperiale. In maniera repentina i due fratelli minori con l’appoggio della madre gli dichiararono guerra. Nel 1502, grazie all’intervento del condottiero Gian Giacomo Trivulzio, i due riuscirono a espugnare Mirandola cacciando Gianfrancesco dalla città.
Di quegli anni è il De Immaginatione (Venezia, 1501) opera ispirata al De anima di Aristotele e dedicata all’imperatore Massimiliano I d’Asburgo dal quale Gianfrancesco si recherà due volte (nel 1502 e nel 1505) in cerca di aiuto e protezione. Solo nel 1510 ottene il sostegno dell’imperatore. Determinante per le sorti future di Mirandola fu, però, la morte della madre avvenuta nel 1506 e dei due fratelli (Federico nel 1504 e Lodovico nel 1506) e soprattutto l’appoggio ottenuto da papa Giulio II (Pico, infatti, tra il 1508 e il 1509 si recò spesso a Roma). Durante la campagna armata contro i francesi l’esercito papale, infatti, assediò Mirandola che nel gennaio del 1511 ritornò in possesso di Gianfrancesco. Nel giugno dello stesso anno, però, Gianfrancesco venne esiliato nuovamente da Gian Giacomo Trivulzio finché nel 1514 (dopo aver vissuto tra Roma e Modena) grazie all’intercessione imperiale si riuscì a trovare un accordo. A Pico sarebbe andata Mirandola e a Francesca, la figlia del condottiero, Concordia.
In quegli anni Pico strinse legami di amicizia con importanti umanisti tedeschi del calibro di Willibald Pirckheimer, Johannes Reuchlin e Thomas Wolf che segnarono la fortuna editoriale del filosofo e arricchirono la sua formazione culturale. Scrisse e pubblicò i Theoremata de fide et ordine credendi opera di ispirazione ancora una volta savonaroliana, il De providentia Dei e soprattutto il De rerum praenotione nel quale il filosofo, in opposizione alla prisca theologia di matrice ficiana densa di suggestioni magico-filosofiche, si interroga sulla liceità di previsione del futuro. Nell’opera vi sono distinte, infatti, la praenotio divina ovvero l’unica vera profezia ammessa di matrice biblico-cristiana dalla praenotio naturalis, propria della gente più semplice e basata sull’osservazione e interpretazione degli eventi naturali, dalla praenotio curiosa che, invece, nasce da un desiderio di conoscenza peccaminoso e dalla praenotio superstitiosa «forma di eccessiva fiducia nelle possibilità della ragione umana, […] terreno di azione del demonio, […] origine di tutte le eresie superstiziose, come l’astrologia, la magia e le arti occulte in genere»1.

Il ritorno a Mirandola

Gli anni di relativa tranquillità seguenti il ritorno a Mirandola videro Gianfrancesco completamente impegnato nei propri studi e lavori. Vennero alla luce, infatti, l’Opus de amore divino (pubblicato a Roma nel 1516), i Physici libri duo (stampato Basilea nel 1518) e nel 1519 il De imitatione, carteggio con Pietro Bembo a proposito dell’imitazione degli antichi autori. Nello stesso anno Leone X concesse a Pico di aprire una stamperia a Mirandola per i cui tipi uscì il De veris calamitatum causis nostrorum temporum e nel 1520 l’Examen vanitatis doctrinae gentium et veritatis christianae disciplinae, ritenuto concordemente dalla critica il testo di approdo del pensiero pichiano più maturo. L’opera è suddivisa in sei libri: nei primi tre si dimostra l’inconsistenza delle filosofie antiche «congerie di testi discordanti»2 e della razionalità umana; i tre successivi, invece, sono dedicati alla confutazione della filosofia aristotelica il cui pensiero si era pericolosamente diffuso anche all’interno della dottrina cristiana. Fondamentale per la maturazione di tale impianto critico di matrice anti-aristotelica fu la lettura delle opere dello scettico Sesto Empirico. Ovviamente il fine ultimo dell’opera consiste in una apologetica cristiana che contrappone alle molteplici dissensiones philosophorum la certezza della rivelazione, verità unitaria e omnicomprensiva che non ha bisogno di conferme di matrice filosofica ma che anzi è da questa minacciata.
Al 1520 risale anche l’Oratio de reformandis moribus, opera dedicata al papa e ai suoi collaboratori che in quegli anni erano stati da poco impegnati nel Concilio Lateranense (1512-1517), in nome di una riforma della chiesa contro il nuovo paganesimo e le diverse superstitio rappresentate dalle dottrine antiche.
L’impegno di Gianfrancesco nella lotta contro le eresie si concretizzò tra il 1522 e il 1523 quando il governatore di Mirandola fornì il proprio appoggio alla campagna antiereticale intrapresa dall’inquisitore di Parma e Reggio Girolamo Armellini. Di quegli anni è il trattato Strix, sive de ludificatione daemonum, in cui si sostiene l’esistenza degli spiriti malvagi in grado di irretire l’uomo utilizzando fonti dell’antichità classica e cristiana. Pertanto questioni come la concreta esistenza e realtà dei sabba demoniaci e delle streghe nell’opera di Gianrancesco si elevano da mera superstizione popolare a oggetto di dibattito filosofico-erudito. Dell’opera sono giunti due volgarizzamenti: il primo scritto dal suo amico e autore della lettera prefatoria in apertura dello testo latino, l’inquisitore Leandro Alberti nel 1524, il secondo, stampato nel 1555, dell’abate Turino Turini.
Nel 1532 Pico sempre più vicino agli aspetti mistici della religione pubblicò la biografia Compendio delle cose mirabili della venerabile serva di Dio Catterina da Racconisio, opera dedicata alla vita di Caterina Mattei, monaca domeniana che il filosofo aveva conosciuto nel 1519 e che, a seguito di un intenso scambio epistolare, ospitò e protesse a Mirandola.

Epilogo

A pochi mesi dalla stesura del Compendio, tra il 15 e il 16 ottobre del 1533, fu ucciso Gianfrancesco Pico della Mirandola, insieme al figlio Alberto giunto in soccorso del padre, da alcuni uomini inviati da Galeotto figlio di Francesca. Secondo Leandro Alberti la morte lo colse mentre era intento a pregare il crocefisso.
L’anti-umanesimo pichiano nutrito di scetticismo di stampo pirroniano e di anti-aristotelismo, sebbene a prima vista possa risultare inattuale, anticipò gli sviluppi del pensiero successivo. Per primo, infatti, egli osò schierarsi contro l’ideale rinascimentale della dignitas hominis basato sulla fiducia nelle capacità intellettive e speculative della ratio umana e sulla concordia tra filosofia antica e religione in nome di un atteggiamento fideistico le cui suggestioni furono accolte nell’àlveo della riflessione di stampo riformistico.

Bibliografia

Edizioni

  • Leandro Alberti, Libro detto Strega, o delle illusioni del demonio, del sig. G. P. della Mirandola, a cura di Albano Biondi, Venezia, Esperia Marsilio Ed. 1989;
  • Gianfrancesco Pico della Mirandola, Le epistole “De imitatione” di Gianfrancesco Pico della Mirandola e di Pietro Bembo, a cura di Giorgio Santangelo, Firenze, Olschki 1954;
  • Gianfrancesco Pico della Mirandola, Vita Hieronymi Savonarolae, a cura di Elisabetta Schisto, Firenze, Olschki 1999;
  • Gianfrancesco Pico della Mirandola, Compendio delle cose mirabili di Caterina da Racconigi, a cura di Linda Pagnotta, Firenze, Olschki 2010;
  • Gianfrancesco Pico della Mirandola, La Strega (Strix) di Gianfrancesco Pico. Introduzione, testo, traduzione, commento, a cura di Lucia Pappalardo, Roma, Traditiones [in uscita 2017];

Studi

  • Lucia Pappalardo, Gianfrancesco Pico della Mirandola: Fede, immaginazione e scetticismo, Turnhout, Brepols 2014.
  • Lucia Pappalardo, Le strategie dell’apologetica cristiana nelle opere giovanili di G. P. della Mirandola: il De studio divinae et humanae philosophiae, in Archivio di storia della cultura, vol. XXIV (2011), pp. 3-30.
  • Lucia Pappalardo, Giovan Francesco Pico della Mirandola e la filosofia: dal De imaginatione all’Examen Vanitatis, in «Schola Salerniana: Annali», vol XIII (2008), pp. 245-265.
  • Giovanni e Gianfrancesco Pico della Mirandola, L’opera e la fortuna di due studenti ferraresi, a cura di P. Castelli, Firenze, Olschki 1998.
  • Cesare Vasoli, Giovan Francesco Pico e i presupposti della sua critica ad Aristotele, in Renaissance readings of the corpus Aristotelicum. (Papers from the Conference held in Copenhagen 23-25 April 1998), a cura di Marianne Pade, Copenhagen, The University Chicago Press 2001, pp. 129-146.
  • Paola Zambelli, L’eredità pichiana in mano agli inquisitori: il caso di Gianfrancesco, in Id., L’ambigua natura della magia. Filosofi, streghe, riti nel Rinascimento, Milano. Il Saggiatore 1991, pp. 177-210.

Sitografia

Testi on line

Article written by Cristina Dusio | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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