Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
A carico di una certa Giglia fu aperta un'indagine da parte dell'Inquisizione di Modena nel 1519.
Il verbale è davvero scarno, lungo una sola pagina, ma da esso emergono le immagini oniriche ed evocative di un affollato raduno notturno, in un luogo non ben definito e in presenza di una misteriosa figura femminile denominata «signora del corso» (nel gergo modenese «corso» era sinonimo di sabba) che, con un bastone, resuscitava gli animali, nella fattispecie bovini, le cui carni erano state consumate dai partecipanti.
Il caso di Giglia mette in luce alcuni elementi antropologici inerenti al sabba e al sostrato culturale del modenese e delle aree limitrofe: la figura femminile che riporta in vita i bovini ricorda quella della «domina ludi» o «signora del gioco», ossia una misteriosa creatura avvenente e vestita di scuro, dai piedi caprini, ritenuta solita presenziare gli incontri notturni con i suoi adepti ai fini di insegnare loro le virtù farmacologiche delle piante officinali. Tale credenza, di origine pagana, legata alla cultura celtica - sono stati rinvenuti elementi simili in Sicilia, Scozia e Normandia - e mai realmente sradicata, emerge più volte nei processi modenesi fino a subire, con il passare degli anni, una rielaborazione da parte degli inquisiti e, soprattutto, da parte degli inquisitori, che trasformarono la «domina ludi» in una figura demoniaca.
Fonti e bibliografia
- Archivio di Stato di Modena, Inquisizione, B. 2, bb. 26.
- Maurizio Bertolotti, Le ossa e le pelli dei buoi. Un mito popolare tra agiografia e stregoneria, in «Quaderni Storici», 41, 1979, pp. 470-499.
- Luisa Muraro, La signora del gioco. La caccia alle streghe interpretata dalle sue vittime, La Tartaruga, Milano 2006 (I ed. Feltrinelli, Milano 1976).
Article written by Domizia Weber | Ereticopedia.org © 2021
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]