Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Giacoma da Settimo è stata una donna processata per stregoneria dal Santo Ufficio di Aquileia e Concordia nel 1601.
All'epoca del processo la donna risiedeva a Panigai, nei pressi di Chions, ma i fatti per i quali fu denunciata e processata accaddero alcuni anni prima, quando risiedeva ad Annone Veneto, più precisamente a Villatta di Sotto. Tuttavia era originaria del Bando, nei pressi di Sesto al Reghena, mentre il marito era da Settimo, poco distante e da dove si è sempre creduto venisse.
Sposata con un certo Arsenio, era solita esercitare pratiche magiche per far fronte ad una situazione economica precaria, peggiorata quando il marito rimase infermo. Questo fu adotto dalla stessa come elemento di discolpa in fase di processo, con l'evidente speranza potesse fungere da attenuante.
Principalmente aiutava le persone della propria comunità a ritrovare oggetti smarriti, o a identificare i ladri, nel caso fossero state sottratte.
La sua fama venne meno a seguito di un'accusa indiretta di furto, mossa nei confronti di Giuseppe Giai, secondo lei responsabile di aver sottratto due ruote da carro e una forca a Francesco Marangon, che l'aveva cercata proprio per ritrovare gli oggetti smarriti. Attraverso il sortilegio del tamiso (setaccio), Giacoma scoprì che tutta l'attrezzatura era stata sottratta dal Giai, peraltro permettendone il ritrovamento proprio nei pressi della sua abitazione.
Il fatto agitò gli animi e la comunità locale, tanto che il parroco di Annone – che aveva cura d'anime anche nei piccoli villaggi vicini – si rivolse all'Inquisizione, al fine di porre fine ai mormorii e, soprattutto, assolvere al proprio ruolo e compito, essendo venuto a conoscenza di un peccato commesso da una sua parrocchiana, per il quale non poteva dar assoluzione.
Tra il gennaio 1600 e il giugno 1601 furono quindi ascoltati dal frate Francesco Cumo, commissario delegato dall’inquisitore Girolamo Asteo, tutte le persone coinvolte nella vicenda e alcuni testimoni segnalati durante le deposizioni. Il tutto si svolse nel vicino convento dei minori conventuali di Santa Maria delle Grazie a Motta di Livenza e ad Annone.
Raccolte le informazioni, lo stesso Cumo istruì il processo, tenutosi in due sessioni, sostenute nei giorni 7 e 9 luglio 1601 a Portogruaro, precedute da una lettera del parroco di Chions Giovanni Del Bel, che il giorno prima del processo volle rassicurare il giudice che Giacoma era sotto la sua cura, si confessava regolarmente e non aveva alcunché da rimproverarle.
Confermati i capi d'accusa da parte dell'imputata, portandone però giustificazioni e motivazioni che ne dimostrassero la totale buonafede, il processo si concluse con la sentenza emanata il 7 settembre 1601, con la quale si prescriveva a Giacoma di dover assistere alla messa nella chiesa di Annone «ginuflessa, cum candela bineditta in mano accesa» e altre pene salutari, così da esser definitivamente assolta.
Bibliografia
- Mauro Fasan, Giacoma, la strega di Annone che «con il tamiso sa trovar li ladri», in “Sot la Nape”, 75, 2023, pp. 17-21.
Article written by Mauro Fasan | Ereticopedia.org © 2023
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]