Gattinara, Mercurino

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Mercurino Arborio Gattinara (Gattinara?, 10 giugno 1465 – Innsbruck, 5 giugno 1530) è stato un umanista e cardinale, Gran Cancelliere dell'imperatore Carlo V.

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Biografia

Famiglia e formazione

La famiglia degli Arborio pare abbia avuto origini borgognone, legate alla città di Artois. Una famiglia di prestigio notevole che dipendeva direttamente dal Sacro Romano Impero. Quando Federico Barbarossa fu scomunicato da papa Innocenzo III nel 1160, perdendo quindi tutti i suoi possedimenti, la famiglia Arborio si ritrovò senza un controllo superiore e i loro territori furono posseduti come beni allodiali, ovvero in proprio, senza nessuna concessione da parte imperiale. Più tardi, nel 1243, furono sempre gli stessi Arborio a riunire i loro possedimenti intorno a Vercelli e a fondare il borgo di Gattinara, da cui deriva il nome della famiglia.
Padre di Mercurino fu Paolino Gattinara, sua madre fu Felicita Ranzo, proveniente da una famiglia della nobiltà di Vercelli. Il luogo di nascita di Mercurino è incerto tra Gattinara, Arborio e Vercelli, anche se la prima ipotesi pare la più probabile1.
A 11 anni Mercurino perse sia il padre sia il nonno paterno. Contrasse quindi matrimonio verbale con Andreetta Avogadro, di alcuni anni più grande di lui. Dopo il matrimonio lasciò il paese natale per trasferirsi presso parenti giuristi. La convivenza con loro fu importante, giacché propiziò la formazione del futuro Cancelliere di Carlo V. Inizialmente venne affidato allo zio paterno Pietro di Gattinara, notaio di Vercelli nel cui studio lavorò 3 anni. Dopodiché lo troviamo a casa dello zio materno Bartolomeo Ranzo, giudice sempre a Vercelli. Lavorò con lui per due anni, svolgendo mansioni di suo procuratore e imparando moltissimo dai suoi consigli. Ma allo stesso tempo studiava da autodidatta, come lui stesso ricorda nell'Autobiografia: «si diede a leggere per conto suo e a imparare le Institutiones giustinianee e in breve tempo fu in grado di recitarne a memoria l'intero testo»2.
All'età di 25 anni decise improvvisamente di intraprendere gli studi di diritto all’università. Per mantenersi agli studi si servì della dote della moglie e si trasferì a Torino nel 1490. Giunto a Torino, fu accolto in casa di Giovanni di Gattinara, zio paterno, un altro giurista. Brillante negli studi, si addottorò in utroque iure nel 1493 e gli fu precocemente concessa la licenza per intraprendere la carriera legale.

Al servizio di Margherita d’Asburgo

Distintosi in una causa che coinvolgeva la famiglia regnante, fu scelto dal duca Filiberto di Savoia quale consigliere della moglie Margherita d'Asburgo, figlia dell'Imperatore Massimiliano d'Asburgo. Al seguito della duchessa fu in Savoia, poi in Franca Contea. Nel 1505 venne nominato presidente della Bresse, e un anno dopo, con la morte del duca Filiberto, prese le parti dell'arciduchessa nell'interminabile disputa giudiziaria con Carlo III, suo cognato.
Alla morte di Filippo il Bello, fratello della duchessa, fu costretto a seguire Margherita in Germania. All'arciduchessa fu affidato il governo dei Paesi Bassi e l'investitura della contea di Borgogna. Nel 1508 morì Etienne de Thyard, presidente del parlamento della contea di Borgogna, e Massimiliano decise di sostituirlo con Gattinara, il quale ambiva a questa carica e, per ottenerla, aveva chiesto l'intervento della stessa Margherita. Nel frattempo erano iniziate le trattative per il trattato di Cambrai (10 dicembre 1508) con il quale sarebbe stata stipulata la pace fra Luigi XII re di Francia e l'imperatore e si definivano l'alleanza franco-imperiale contro Venezia e la concessione a Luigi XII dell'investitura del ducato di Milano. La redazione del trattato è dello stesso Gattinara.
Nel maggio 1510 Massimiliano inviò il Gattinara in Spagna presso Ferdinando il Cattolico. Vi rimase per un anno, ma prima di partire aveva incaricato alcuni amici fedeli di seguire le trattative per l'acquisto di una proprietà. Iniziò così l'estenuante querelle per l’acquisto del castello di Chévigny, nei pressi di Dôle, la quale ebbe pesanti riflessi sulla carriera politica e giudiziaria di Gattinara. Dopo che egli aveva infatti già versato una somma e avviato i lavori di restauro del castello, i vecchi proprietari gli fecero sapere di non essere più disposti a vendere e neanche a risarcirlo delle spese sostenute. L’aspra battaglia legale che seguì tra le parti, si trasformò in una vera e propria battaglia politica fra Gattinara e la nobiltà della Franca Contea. Essa non vedeva di buon occhio la figura del Gattinara: molto gelosa dei propri privilegi, non riusciva a sopportare un presidente del parlamento che promuoveva una riforma del codice e una riorganizzazione del parlamento stesso. Nel 1509 Gattinara, trovandosi a Dôle, aveva avuto modo di esaminare alcuni casi giudiziari e rendersi conto del cattivo funzionamento delle amministrazioni e delle istituzioni. Suo scopo era di ripristinare una certezza e un'equità del diritto e della legge, sopprimendo i favoritismi. Con la querelle del castello di Chévigny la nobiltà colse quindi al volo l’occasione per vendicarsi. Mercurino fu accusato di aver sfruttato il suo ruolo di presidente per l'acquisto della proprietà. Allo stesso tempo fu architettato un omicidio contro la sua persona, ma il tentativo fallì. La sentenza finale arrivò solo nel 1517 e non fu delle migliori: per prima cosa egli dovette restituire la proprietà di Chévigny, nonché gli eventuali profitti e guadagni percepiti o da percepire. Gli furono addebitate le spese processuali, una somma esorbitante. Infine gli fu tolta la carica di presidente del parlamento della Borgogna. Quando gli arrivò la notizia, Gattinara si trovava nel convento di Varallo Sesia e, in preda all'amarezza lasciò il monastero diretto verso le Fiandre, dove avrebbe incontrato l'arciduchessa. Margherita gli propose di rimanere al suo fianco ad ottime condizioni, ma egli non accettò. Come lui stesso affermò: «come poteva restare alle sue dipendenze, anche a condizioni piú vantaggiose, senza compromettere il suo onore e il suo nome?»3.

Il cancellierato

Gli inizi: l'elezione imperiale di Carlo V

Gattinara lasciò quindi le Fiandre diretto in Germania, con l'intenzione di mettere a conoscenza l'Imperatore dell'accaduto, in particolare della perdita di quella carica che gli era stata affidata dallo stesso Massimiliano. Venuto a conoscenza dei fatti e della sentenza del processo, l'Imperatore mostrò tutto il suo disappunto e propose a Gattinara di rimanere presso di lui. Egli accettò l'offerta, ma prima di iniziare il suo operato chiese all'Imperatore di poter tornare in Italia per vedere la famiglia. Mentre si trovava in viaggio per far ritorno in Italia, giunse al Gattinara una lettera della duchessa Margherita, nella quale si spiegava che il gran Cancelliere Jean Le Sauvage, suo antagonista, era morto e che re Carlo aveva deciso di assumerlo al suo posto. Sicuramente fu rilevante in questa decisione la persona della duchessa Margherita. Quest'ultima cercò sempre di proteggere il fedele consigliere anche dopo il licenziamento, ed è indubbio che le buone referenze di cui munì Mercurino ebbero un certo valore nella decisione di Carlo V. Inoltre, nella corte di Carlo, Mercurino poteva contare sulla presenza dell'amico e conterraneo Laurent de Gorrevod. Si può supporre che Gorrevod riuscisse a confutare le voci che correvano sul nome del Gattinara nel gruppo dei ministri borgognoni alla corte di Carlo, agevolandone così la candidatura.
Si aprì un nuovo capitolo nella vita del Gattinara, un periodo che sarebbe durato 13 anni, i più importanti della sua carriera politica. In questo periodo si dedicò contemporaneamente a due attivitá: educatore e consigliere del re, governante e diplomatico.
Il Gattinara arrivò alla corte di Carlo V l'8 Ottobre 1518 e, dopo i dovuti giuramenti, si mise subito al lavoro. Immediatamente dimostrò le sue abilità di grande diplomatico e mediatore. La più importante azione diplomatica che Mercurino promosse fu la "campagna elettorale" per l'elezione del re di Spagna Carlo I a Imperatore. Già lo stesso Massimiliano stava esortando i suoi ministri a perseguire tale obiettivo4. Altri erano dell'idea di rifiutare l'elezione, ma così non la pensava Gattinara, il quale auspicava già di trasformare Carlo V in un sovrano universale. Il compito non fu però facile a causa della concorrenza del re di Francia Francesco I e delle numerose opposizioni, soprattutto di papa Leone X.
Ma infine Carlo fu eletto con voto unanime il 28 giugno 1519. In un memoriale di questo stesso giorno, Gattinara dette inizio all'opera di educazione politica del suo signore con queste parole: «Sire, poiché Dio Vi ha concesso la prodigiosa grazia di elevarvi, sopra tutti i re e i principi della cristianitá, ad una potenza che fino ad oggi ebbe soltanto il Vostro predecessore Carlo Magno, Voi siete sul cammino della monarchia universale, della riunione della cristianità sotto un solo pastore»5. Emergeva chiaramente l’idea di monarchia universale, che non contemplava l'imposizione del potere di Carlo V sul mondo, ma una convivenza pacifica di comunità diverse accomunate da un elemento comune, la religione cristiana.
Nello stesso memoriale Gattinara elencava i compiti e i doveri dell'imperatore: scegliere i giusti consiglieri e lasciare loro una certa libertà di iniziativa, promulgare leggi buone e farle applicare, mettere ordine nelle finanze, concedere autonomia ai tribunali. Lo esortava anche al guardarsi dai fiamminghi. Qualche settimana dopo il Gattinara fornì anche diverse opinioni riguardo ai titoli, gli stemmi e le monete. A suo parere il titolo adesso doveva essere "re dei Romani, Imperatore romano eletto, sempre Augusto" seguito poi dagli altri epiteti. La firma doveva essere il suo nome e non "Yo el Rey" come avveniva in Spagna: i sigilli dovevano variare a seconda dei paesi, anche se poi si doveva creare un grande sigillo imperiale, che avrebbe dovuto rimanere presso l'Imperatore ed essere utilizzato solo per le questioni importanti e segrete.
Le indicazioni politiche concrete che Mercurino dette al neo-eletto furono sostanzialmente due. Per prima cosa il Cancelliere voleva che Carlo V stipulasse al piú presto un'alleanza con il re d'Inghilterra Enrico VIII. A suo dire il re di Francia "non si dava pace della grandezza e del successo ottenuto da Carlo V"6, e aveva iniziato a ideare nuove strategie per isolare Carlo da tutte gli stati alleati. Aveva già programmato un incontro con il re Enrico VIII, e per questa ragione Gattinara insisteva affinché l'Imperatore lo precedesse. L'incontro avvenne a Dover, appena in tempo perché Enrico stava per partire per un incontro con Francesco I. Si stipulò un patto fra i due regni, che s'impegnavano a essere uniti e difendersi reciprocamente di fronte a un ipotetico attacco francese. A questo primo colloquio seguì un altro, e anche in questa situazione Gattinara dovette far sfoggio delle sue doti di diplomatico, cercando un compromesso fra i due regnanti in merito a complesse strategie matrimoniali. Si trattava di un possibile matrimonio fra la figlia di Enrico VIII, Maria, e l'Imperatore, contro i precedenti patti che il re d'Inghilterra aveva già stipulato con Francesco I. Secondo questi, Maria sarebbe dovuta andare sposa al Delfino. In secondo luogo si doveva promuovere un'alleanza anche con il papa, il quale aveva avuto fin dall'inizio un atteggiamento oscillante. Francesco I aveva già "corrotto" il Pontefice offrendogli le proprie truppe per la conquista del sud d'Italia. Mercurino riuscì a risolvere anche questo problema, e il 17 giugno 1519 Leone X riconobbe l'autorità di Carlo V sia sull' Impero sia sul Regno di Napoli.
Si poteva così procedere nei preparativi per l'incoronazione di Carlo V, avvenuta ad Aquisgrana il 23 ottobre 1520. Il Gattinara non poté assistere alla cerimonia, perché colpito da un improvviso attacco di podagra. Le feste durarono un intero giorno, un giorno che apriva una nuova tappa nella storia del neo- Imperatore e del suo Cancelliere. Per un decennio circa il diplomatico dovette far fronte a problematiche spinose come la questione italiana, la riforma protestante e i pessimi rapporti con il papato. E' proprio in questo periodo che emerse però la sua grande capacitàpolitica e decisionale, e fu proprio adesso che egli usò tutte le sue "armi" per difendere l'Imperatore, e, di conseguenza, il proprio sogno di monarchia universale.

La rivoluzione amministrativa di Gattinara

Oltre al "Gattinara diplomatico", bisogna anche ricordare la "rivoluzione amministrativa" che egli promosse alla corte dell'Imperatore. Fu infatti autore, fra il 1522 e il 1524, di radicali innovazioni nella macchina amministrativa e governativa, creando anche nuovi organi. Per esempio, riformò il Consiglio di Castiglia, instituì il Consiglio delle Finanze e il Consiglio delle Indie. Con tutte queste innovazioni, furono poste le basi del sistema di governo della Spagna imperiale, come definita da Elliot7.
Il sistema governativo spagnolo si definisce polisinodiale, ovvero caratterizzato da più consigli. I diversi Consigli che formavano la macchina amministrativa potevano essere divisi in due categorie: quelli che dovevano consigliare il sovrano su questioni generali e quelli responsabili del governo di singoli territori. Al vertice vi era sempre il sovrano, il cui potere d'azione variava da uno stato all'altro a seconda delle leggi vigenti in ciascuno. Fra i Consigli responsabili dei singoli territori vi era il Consiglio reale d'Aragona, a cui doveva presiedere un vice Cancelliere e che aveva la funzione di tenere al corrente il re sugli affari dei domini aragonesi. A questo corrispondeva in Castiglia il Consejo Real ovvero l'organo centrale di governo della Castiglia stessa. I consigli che invece dovevano assistere il sovrano in questioni generali erano il Consiglio dell'Inquisizione e il Consiglio di Guerra. Il consiglio dell'Inquisizione aveva il compito di giudicare soprattutto i nuovi cristiani, sospettati di essere tornati alle vecchie credenze. Il Consiglio di Guerra era invece responsabile dell'organizzazione militare della monarchia. Vi erano poi nel regno di Castiglia tre organi finanziari chiamati contadurias mayores, di cui una curava la contabilità e le altre due l'esazione e la gestione dei tributi.
Gattinara instituì il Consejo de Hacienda, per far fronte al triste quadro finanziario della Corona, compromesso dalle numerose campagne militari, e assorbì al suo interno i tre dipartimenti finanziari appena citati. Per la sua realizzazione il Cancelliere si inspirò al Conseil des Finances //fiammingo; questo organo avrebbe dovuto occuparsi delle finanze della Castiglia, ma finì per occuparsi delle finanze dell'intera Corona. Con il nuovo Consiglio delle Indie, Mercurino puntellò l'autorità della Corona nei territori oltreoceano, in particolare grazie al lavoro di due istituzioni: le //Audienciase i viceré8..
Creò il Consejo de Estado, assemblea di rango piú alto delle altre in quanto vi si trattavano le questioni internazionali piú urgenti e rilevanti. Tale organo aveva il compito di fornire pareri su temi di politica genarale. Il Re poteva accettare o non accettare le decisioni prese dai vari Consigli. Se non le accettava, queste venivano discusse nel Consiglio di Stato, e dopodiché rinviate al Re. Una volta che quest'ultimo acconsentiva, il segretario doveva scrivere lettere che poi venivano firmate dal Re e spedite alle autorità periferiche per la loro piena esecuzione.
Tale organismo, da lui concepito, gli dette grande potere decisionale, tanto da pensare che se lo fosse creato "su misura". Ricopriva infatti il ruolo di presidente, il piú prestigioso e autorevole. Inoltre coordinava le varie Cancellerie dei regni tramite la Cancelleria Imperiale, il cui scopo era promulgare in varie forme le volontàdel sovrano e le decisioni prese nei consigli: statuti, ordinanze, riforme, moderazioni, concessioni di privilegi etc.
In piú, egli partecipava agli incontri con gli ambasciatori e i ministri stranieri. Possiamo dunque definirlo "il perno centrale" non solo della diplomazia di Carlo V, ma anche dell'organizzazione del suo Impero.

Le relazioni col Papato, il sogno di una monarchia universale

Il rapporto con la Chiesa non fu mai marginale; Mercurino cercò il dialogo e il riavvicinamento fra essa, guida spirituale, e l'Impero, guida politica. I suoi attacchi nei confronti del Papa devono essere visti proprio in quest'ottica. Per il Gattinara il Pontefice non si doveva lasciar "sedurre" dalle ambizioni politiche e di ricchezza. Doveva guardare al bene dell'umanità raggiungibile solo collaborando con l'Imperatore. In questa prospettiva, si impegnò fortemente per cercar di evitare la spaccatura protestante, di cui aveva già intuito la pericolositá: solo una Chiesa unita poteva cooperare all'instaurazione dell'armonia fra gli uomini che lui invocava.
Il pensiero politico e religioso del Gattinara verteva su punti ben precisi. A parere del Gattinara, il papa doveva mantenere il suo posto e svolgere le funzioni a esso connesso, senza intromettersi in affari altrui. Il problema della riforma protestante per Gattinara era di carattere prettamente politico e non religioso. Si doveva combattere per evitare la spaccatura della Chiesa. Nel suo ideale di monarchia universale, la Chiesa doveva essere unita, unica, al fianco dell'imperatore. Non mancava nel Gattinara un forte provvidenzialismo, che risentiva della visione agostiniana di un Dio che manifesta e impone la propria volontà agli uomini quando lo ritiene necessario.
La prima dura prova da affrontare fu la Dieta di Worms, indetta nel 1521. In questa occasione il lavoro di Gattinara fu "molto duro", come egli stesso ricordò nella sua autobiografia9. Le decisioni da prendere erano varie, soprattutto di natura economica e giuridica. Senza dubbio però quella di maggior rilievo fu la questione di Lutero. Lo stesso Cancelliere insistette per convocare Lutero alla Dieta. Gattinara appoggiò sempre il dialogo e la convocazione di un concilio. Voleva evitare a Lutero una condanna assoluta e suo scopo era farlo rientrare insieme ai suoi seguaci in seno alla Chiesa. Le vedeva come uniche soluzioni a una possibile pace e volle attuare il suo pensiero in questa situazione. Le decisioni prese nella Dieta furono importanti. L'imperatore concluse il 19 aprile con un discorso nel quale ricordava i suoi illustri avi e dove si poteva scorgere un accenno di uno spirito d'iniziativa fino ad allora nascosto. Il discorso si concluse con queste parole relative a Lutero: «Io non ascolterò mai piú queste parole: si abbia pure il salvacondotto; ma da oggi in poi lo considererò come un eretico notorio, e spero che voi da buoni cristiani farete altrettanto»10. Parole dure, che furono tradotte in tutte le lingue e stampate.
Subito dopo la Dieta, Gattinara attuò un'altra fine mossa: l'alleanza con Leone X, allo scopo di cacciare i Francesi dall'Italia. Secondo il Cancelliere la questione italiana aveva un ruolo centrale nella politica del suo Imperatore. L'attenzione del Gattinara nei confronti dell'Italia era dovuta a numerose motivazioni. L'Italia era stata la base dell’ ultimo Impero di immense dimensioni, quello romano. L'Italia era stata la culla dell'Umanesimo e la patria di Dante: Gattinara era lui stesso un umanista, e con Dante condivideva il concetto di monarchia universale e il fatto che la pace nel mondo si potesse raggiungere solo con una monarchia perfetta. L'Italia centro-settentrionale era anche un'area di grande rilievo strategico. Milano, per esempio, era un punto di passaggio per raggiungere i Paesi Bassi e la Germania. Inoltre, da un punto di vista economico, l'Italia centro settentrionale, godeva di una notevole ricchezza, grazie anche alla presenza di porti come Genova. Tutte queste motivazioni ci fanno capire meglio come mai l'Italia sia stata al centro dei disegni politici del Gattinara. Ma prima si dovevano fronteggiare le mire espansionistiche del re di Francia tramite l'alleanza con il pontefice. Quest'ultimo aveva sempre avuto rapporti "altalenanti" con le due potenze, pronto a schierarsi ora con l'una ora con l'altra a seconda dei propri interessi. Anche in questo contesto il papa non mancò di manifestare incertezza, e probabilmente il motivo che lo spinse ad allearsi con Carlo fu la decisione di Francesco I di includere Ferrara nelle sua alleanza.
L'alleanza col papa fu stipulata l'8 maggio 1521 e Gattinara si occupò direttamente della questione. Con tale trattato si dichiarava l'intenzione di instaurare la sovranità di Francesco Sforza a Milano e quella del doge Antonio Adorno a Genova; l'Imperatore avrebbe dovuto restituire Parma e Piacenza al Papa mentre quest'ultimo dette la parola all'Imperatore che lo avrebbe aiutato contro Venezia, e di incoronarlo al più presto in Italia. Naturalmente Francesco I iniziò a fare il possibile per porre ostacoli sul cammino di Carlo V.
Per prima cosa i francesi cercarono di invadere il regno di Navarra mentre le truppe di Carlo V scendevano in Italia invadendo il Ducato di Milano11. Nel frattempo, il 24 novembre 1521, a Calais veniva stipulato un trattato segreto fra il papa, Carlo V e Enrico VIII proprio grazie alle pressioni del Cancelliere. Le tre grandi potenze si alleavano contro la Francia e, a questo punto, le apprensioni di Mercurino riguardo per le finanze si fecero meno assillanti.
Leone X morì il 1° dicembre 1521. Gli succedette Adriano VI, quell’Adriano di Utrecht che era stato precettore e collaboratore di Carlo V. Per molti il sogno di un papa e di un principe che agivano in sintonia si stava avverando, ma la storia andò diversamente. Il papa promosse un tipo di politica che mirava a riconciliare l'antagonismo fra le due potenze e a ristabilire l'unità dei cristiani. Carlo V gli propose di rinnovare l'alleanza stipulata precedentemente con Leone X, ma il pontefice rifiutò12 . L'imperatore non riusciva a capire il comportamento di colui che era stato il suo precettore durante l'infanzia e che aveva sviluppato il suo senso di religiositá. Tutti credevano che si sarebbe creata un' alleanza forte fra queste due figure accomunate da uno stretto rapporto personale da lungo tempo. Addirittura il Papa arrivò a rimproverare fortemente il suo ex alunno, sostenendo che la sua politica non era in grado di far fronte agli attacchi degli infedeli.
Riguardo ai pessimi rapporti che si crearono fra il papa e l'Imperatore, Gattinara non poteva astenersi dall'esprimere le sue valutazioni. Il 18 dicembre scrisse una lettera al pontefice, mettendo in evidenza che i Francesi non avevano mai mantenuto le promesse fatte. Gli raccomandava quindi di non stipulare alleanze con Francesco I perché la situazione italiana sarebbe precipitata ancora. Anche se indirettamente, Gattinara faceva ricadere sul pontefice la responsabilità dell' aggravamento della situazione in Italia.
Allo stesso tempo il Cancelliere proseguiva nella sua opera di educazione politica dell'imperatore, questa volta consigliandogli di non dominare direttamente l'Italia, bensì di farlo attraverso un riconoscimento di diritti già esistenti. Secondo Gattinara il papa temeva la unione tra Napoli e il ducato di Milano, per questa ragione era di estrema importanza non possedere direttamente Milano, in modo da godere anche di una buona reputazione fra i signori e i principi. Si doveva creare un clima di fiducia fra Carlo V e loro, solo così si poteva arrivare a un buon funzionamento del governo centrale e quindi a una pace della cristianitá. Inoltre riaffiorava il problema delle finanze che andavano sempre peggio, mentre si richiedeva un grande apporto di denaro per la guerra contro la Francia e il viaggio in Italia.
Prima della morte di papa Adriano VI si riuscì a stipulare una nuova Lega Santa, grazie a un episodio che colpì il pontefice. Nella primavera del 1523 fu intercettata una lettera del cardinal Soderini, solo apparentemente uomo di fiducia del Papa. In realtà egli era un autentico rappresentante della politica francese e insisteva affinché Francesco I intervenisse in Italia. Per questa ragione il Papa, oltre ad arrestarlo e imprigionarlo a Castel Sant'Angelo, decise di stipulare un'alleanza anti- francese13. Poco dopo, il 14 settembre, il Pontefice morì e possiamo ben dire che questa alleanza fu il suo ultimo atto politico, dove manifestò l'unica scelta di collaborazione con la politica di Carlo V. L'intento di Gattinara era stato di nuovo attuato, ma la storia a partire da questo momento avrà una svolta decisiva.
Ad Adriano VI succedette Clemente VII, e il nuovo pontefice rifiutò di addossarsi gli impegni assunti dal predecessore. Le fatiche di Gattinara erano state di nuovo vane e la situazione appariva uguale precedente all’elezione di Adriano VI. Gli eventi sarebbero precipitati. Francesco I infatti aveva intenzione di recarsi personalmente in Italia, aveva già valicato le Alpi e in poco tempo si era impadronito di Milano. Il papa appena eletto rimase molto colpito dai successi francesi, tanto da decidere di stipulare un'alleanza con la Francia e Venezia. Inoltre il re d'Inghilterra non aveva piú intenzione di finanziare le truppe di Carlo V e quindi di adempiere alle decisioni prese nei precedenti trattati. L’alleanza appena stipulata dunque si sfasciò subito.
Questo fu un duro colpo per Carlo V. In un famoso documento esaminava egli stesso la situazione. Si scorgono uno sconforto e un'incertezza assoluti. La situazione non era delle migliori: come lo stesso Imperatore diceva «i miei amici mi hanno abbandonato e mi hanno ingannato mentre ero in pericolo»14.
Tutta la responsabilità della guerra ricadde su Gattinara, il quale, convinto sempre di un aiuto divino, arrivò a predire la cattura di Francesco I e la sua morte. La storia gli dette ragione, almeno in parte. La celebre battaglia di Pavia si concluse proprio con la cattura del re Francesco I.
Quando giunse la notizia, l'Imperatore e il Cancelliere si trovavano a Madrid e quest'ultimo si mise subito al lavoro. Si doveva decidere cosa fare del Re di Francia, che condizioni imporgli, come comportarsi con il re d'Inghilterra. Riguardo le sorti di Francesco I si crearono due fazioni.
Secondo Gattinara si doveva subito provvedere a un viaggio in Italia dell'Imperatore e a stipulare un accordo con il papa15, quindi riordinare l'esercito per la partenza e pagare puntualmente i soldati16. Prima della liberazione del re di Francia si doveva garantire l'amicizia del Papa e dei Signori italiani. Gattinara era dell'idea che, per raggiugere una sovranità pacifica sull'Europa, si doveva limitare la potenza francese. Non tanto sottraendo alla Francia qualche suo possedimento, ma togliendole capacità d'iniziativa sul piano politico, militare e diplomatico. Dalla parte del Cancelliere stavano qualche spagnolo come Alfonso de Valdés, il savoiardo Laurent de Gorrevod e Adrien de Croy.
Ma Carlo V non volle ascoltare i suoi consigli. Il viceré di Napoli, Charles de Lannoy voleva trasferire in Spagna Francesco I e Carlo si lasciò totalmente convincere, interrompendo così i preparativi per il suo viaggio. Inoltre Lannoy persuase l'Imperatore a non prendere nessun tipo di decisione riguardo alla questione italiana fino all'arrivo di Francesco I.
Gattinara si rese subito conto che la strategia francese stava mettendo in pericolo la pacificazione dell'Italia, ma Carlo V continuò a non ascoltarlo. I Francesi offersero di rinunciare all'Italia, a Napoli, a Milano, all'Artois e un riscatto di tre milioni di talleri d'oro. Ma Carlo era interessato più alla Borgogna che al denaro. Inizialmente Francesco I rifiutò l'offerta ma poi cedette. In garanzia offrì i propri figli in ostaggio. In più avrebbe messo a disposizione delliImperatore una flotta per il suo passaggio in Italia. Tali furono i termini della pace di Madrid. Le trattative furono affidate a Lannoy, Moncada, ex viceré di Sicilia, e al segretario Lalemand. Queste tre personalità facevano parte del gruppo avverso a quello di Mercurino. Sopratutto Lannoy si batté tanto per la liberazione di Francesco I che si arrivò a ipotizzare che avesse avuto promesse di guadagno dal governo francese.
Mercurino era contrario a tutte le decisione prese nella pace di Madrid, in particolare al matrimonio fra Eleonora di Portogallo, sorella di Carlo e il re di Francia. In questo modo Francesco I sarebbe entrato nella linea di successione ai regni di Carlo. Inoltre era contrario alla liberazione di Francesco I. Prevedeva che il re dopo il rilascio, non avrebbe perso tempo a ricostituire un'altra alleanza contro Carlo V, mettendo cosi l'Impero in ginocchio. Era così in disaccordo che rifiutò di sigillare il trattato e consegnarlo alla Cancelleria dell'Imperatore. Decise quindi di rompere del tutto i rapporti con Lannoy e di ritirasi nelle sue terre in Italia. Una sorta di protesta dovuta al fatto che non veniva più ascoltato dal sovrano, a causa dei segretari e generali. Gli insegnamenti continuavano comunque ad arrivare a Carlo sotto forma di memoriali, dove il Cancelliere esponeva con la sua tipica precisione la situazione storico-politica e le decisioni migliori da prendere.
Occorre qui aprire una parentesi sul rapporto che intercorre in questa fase della storia fra i due uomini. Mercurino si rivolse sempre a Carlo V con il dovuto rispetto, da maestro ma anche da padre, una guida, a mio parere. Questo comportamento da una parte era di estrema importanza per la maturazione politica del sovrano, ma dall'altra andava a creare anche un certo fastidio, come accade in tutti i rapporti fra padre-figlio. Questa reazione conflittuale portò alla formazione politica dell'Imperatore, ma anche ad alcuni errori, dovuti proprio al fatto di non aver ascoltato il suo fedele Consigliere. Così come avvenne nel caso appena descritto, in cui abbiamo appena notato come Mercurino sia stato lucido nell'intuire quello che era meglio per l'Impero, mentre Carlo preferì ascoltare i consigli opposti.
Mercurino sosteneva di confidare sempre nell'aiuto divino, ed era dell'idea che prima o poi la storia gli avrebbe dato ragione, così come il suo sovrano. La sua linea era giungere ad un'alleanza con il Pontefice e successivamente con il re d'Inghilterra. L'apertura di un concilio con il fine di riformare la Chiesa si faceva sempre più viva in lui. I suoi numerosi attacchi al Pontefice e le sue critiche contro la curia non sono prove di una mancata religiositá. Era anzi una persona molto religiosa, che non accettava però la corruzione del clero e ne richiedeva la riforma. La critica del Gattinara però è rivolta soprattutto contro il potere temporale del Papa. Il Pontefice inteso non solo come capo della cristianitá, ma anche come capo di uno Stato. Seguendo l'esempio di Dante, Mercurino sostiene il concetto del ciascuno al suo posto: non lasciare che il Papato s'immischi troppo nella politica, o, almeno che non vi si intrometta in senso ostile all'Imperatore. Il Papa si considerava Vicario di Cristo, promotore del suo messaggio, ma poi utilizzava i mezzi piú illeciti per raggiungere i propri scopi politici. Su questo verte la polemica di Mercurino, promotore di quell'ideale di Chiesa unica, unita sotto i suoi due capi: l'Imperatore, che cura il corpo, e il papa, che cura l'anima. Però, nel caso in cui il Pontefice avesse avuto un comportamento non consono alla sua carica, doveva essere l'Imperatore a curare anche i mali spirituali.
Il pontefice attuò programmi ben diversi. Il 22 maggio 1526 fu infatti stipulata una nuova Lega a Cognac fra il Papa, Francesco I, Francesco Sforza, Firenze e Venezia. Una nuova alleanza contro l'Imperatore. Carlo diceva di non capire il comportamento del Pontefice, il quale sosteneva che si doveva difendere quando nessuno però lo aveva assalito. Fu proprio in questo momento che richiamò alla sua corte il Cancelliere, pregandolo di ritornare. Nell'estate del 1526 il Gattinara, iniziò una controffensiva diplomatica contro la Lega e scrisse allo stesso Papa invitandolo a deporre le armi. Proprio in questo periodo Gattinara ebbe modo di leggere le opere di Erasmo, scoprendo una forte somiglianza fra la lotta che lui stava compiendo e quella che Erasmo aveva da sempre dovuto affrontare contro i Papi intransigenti e i luterani.
La guerra fra ebbe come epilogo il sacco della città di Roma ad opera dei Lanzichenecchi. Questi soldati, truppe tedesche in parte luterane e comunque anti-papiste, presero la via di Roma intenzionate a infliggere al Papa corrotto una lezione e per punirlo per la sua alleanza con il re di Francia. I soldati, con la morte di Carlo di Borbone e il ferimento di Philibert d'Orange, si ritroveranno definitivamente senza capi. Presero d'assalto la città dei Papi e la sottoposero a un devastante saccheggio che sconvolse l'intera cristianità.
Questo tragico evento rischiava di far perdere a Carlo il consenso del mondo cristiano, e l'impegno e i consigli del Gattinara furono di fondamentale importanza per l'imperatore e per la sua necessaria riappacificazione con il papa. Gattinara scrisse a Carlo V una lettera da Monaco esprimendo il suo parere a riguardo. Secondo il Cancelliere le cose da fare erano due: o dare ragione ai suoi generali e affermare che si era visto obbligato a combattere contro questo Pontefice, fautore della corruzione ecclesiastica, o lamentarsi di ciò che era accaduto, scaricandosi quindi da qualsiasi responsabilità, e dando quindi la colpa al suo esercito che aveva agito senza comando. Carlo decise di dichiarare che il suo esercito aveva agito senza comandi, in quanto era morto il suo generale, quindi l'imperatore non aveva responsabilità in ciò che era accaduto. Ma, contestualmente, Carlo V affermava che la tremenda tragedia derivava più dal giusto giudizio divino che dalla volontà degli uomini. Una punizione voluta da Dio per restaurare una nuova cristianità.
Gattinara era ben convinto che ciò che era accaduto non si doveva alla volontà dell'Imperatore, bensì a quella di Dio. Ritornava nuovamente un forte provvidenzialismo, da sempre presente nel Cancelliere, comune ad un'altra importante figura dell’entourage di Carlo V: Alfonso de Valdés.
Si doveva quindi provvedere più presto al viaggio in Italia, allo scopo di costringere il Papa a convocare un concilio. Questo desiderio era lo stesso Carlo a manifestarlo in una lettera al pontefice nella quale ribadiva il suo sogno di una cristianità riappacificata e unita.
Prima fu stipulato il trattato di Barcellona17 con il papa, che fu seguito dalla pace di Cambrais con la Francia del 1529. Quest'ultima era una conferma del trattato di Madrid, nel quale era stato riconosciuto il dominio Francese sull'Artois e la Fiandra e deciso l'abbandono di Milano, Genova e Napoli.
Tutto si doveva preparare per il viaggio. Noto è l'incontro che ci fu fra l'Imperatore e Gattinara sofferente di podagra, per avere delucidazioni sull'argomento. Il Cancelliere sperava che i preparativi della partenza potessero concludersi entro il Natale del 1528, ma considerava la cosa impossibile. Questo atteggiamento poco fiducioso non apparteneva al comportamento consueto del Gattinara: fino ad adesso non lo avevamo mai visto rinunciare alle proprie idee senza combattere. Infatti tanta sfiducia apparente aveva un fine strategico. Gattinara aveva ben capito che il sovrano possedeva una forte volontà e una certa testardaggine nelle sue iniziative, soprattutto quando erano sbagliate. L'atteggiamento pessimistico del Cancelliere, per il sovrano rappresentò invece una spinta ad andare avanti. Il timore del Cancelliere era che Carlo potesse ricadere nelle soluzioni sbagliate suggerite da chi gli stava attorno. E questa volta Gattinara non lo avrebbe permesso, a costo di "mettere in scena" una titubanza che non faceva parte di lui.
I preparativi si potrassero per parecchi mesi. Gattinara accettò la nomina a cardinale (13 agosto 1529), più volte rifiutata in passato, adeguandosi alla volontà dell'imperatore. Il soggiorno di Carlo V a Bologna durò quattro mesi. Fu incoronato dal papa come re d'Italia il 22 febbraio 1530. Due giorni dopo, nella chiesa di S. Petronio, Carlo V fu incoronato anche Imperatore del Sacro Romano Impero, benché la corona imperiale gli fosse già stata conferita dieci anni prima ad Aquisgrana. Questa volta però la consacrazione giungeva direttamente dalle mani di papa Clemente VII, assumendo quindi un significato diverso.
Gattinara vide finalmente attuarsi il suo scopo, ciò per cui aveva combattuto e lavorato tutta la vita. Subito dopo l'incoronazione il Gran Cancelliere morì, come se anche in questo caso, il potere divino gli avesse concesso il privilegio di vedere esaudito il suo sogno. La morte del Gattinara segnò una svolta nella vita del sovrano, che non si lasciò mai piú influenzare da nessuno nella stessa misura. Grazie all'opera del Gattinara, Carlo V era riuscito in una parte cospicua delle imprese che resero grande il suo Impero e indimenticabile la sua figura.

Bibliografia

  • Michel Bataillon, Erasmo y España, a cura di Antonio Alatorre, Ediciones F.C.E. España S.A, Madrid 1950.
  • Karl Brandi, Carlo V, a cura di Federico Chabod, Einaudi, Torino 1961 (ed. or.: Monaco 1937).
  • John E. Elliot, La Spagna Imperiale 1469-1716, Il Mulino, Bologna 1982.
  • Mercurino Arborio Gattinara, Autobiobiografia, a cura di Giancarlo Boccotti, Bulzoni, Roma 1991.
  • Manuel Rivero Rodríguez, Gattinara, Carlos V y el sueño del imperio, Sílex, Madrid 2005.
  • Manuel Rivero Rodríguez, Alfonso de Valdés y el Gran Canciller Mercurino Arborio di Gattinara: El erasmismo en la Cancillería imperial (1527-1530), "e-Spania", 13 (2012).

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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