Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Franzino Singlitico (Rodi, c. 1516-17 – Roma, 1564) fu un rampollo di una delle famiglie più importanti della nobiltà feudale cipriota, perseguitato e condannato a morte dall'Inquisizione romana.
Franzino Singlitico di Pietro nacque intorno al 1516-17 a Rodi, ma era discendente di una delle famiglie aristocratiche più in vista del Regno di Cipro. Si trasferì a Padova per frequentare lo Studio di quella città, ma poco dopo abbandonò gli studi. Si diceva, inoltre, che si fosse recato in Germania. Fu attivo nel commercio di pietre preziose. Nel 1550 viveva tra Venezia e Cipro. Nell’isola si divideva fra Nicosia e Famagosta. Fu ritenuto responsabile di opinioni che si richiamavano al patrimonio dottrinale della Riforma, inizialmente dal domenicano Lorenzo di Orseti da Bergamo (1548), che rivestiva la carica di vicario arcivescovile e inquisitore a Cipro, e in seguito dal Sant’Uffizio veneziano (1550). A Cipro intervennero le autorità civili che impedirono le deposizioni, e per conseguenza la questione non sfociò in un processo. A Venezia, tuttavia, gli fu intentato un processo per una serie di devianze dall’ortodossia religiosa. In particolare, era accusato di mettere in dubbio il prestigio e l’autorità della Chiesa romana, della gerarchia e del clero, di identificare la chiesa di Cristo con l’unione dei suoi fedeli, di negare i sacramenti dell’eucaristia e della confessione auricolare, il culto dei santi e la venerazione delle icone e degli oggetti sacri (che egli chiamava idoli), le devozioni, i digiuni quaresimali, i suffragi per i defunti ecc.; come pure diverse dottrine particolari, come quelle del merito delle opere buone, del libero arbitrio e del purgatorio. Veniva accusato, inoltre, di discutere pubblicamente questioni di fede sia a Cipro che a Venezia, e di leggere, possedere, riprodurre in forma manoscritta e diffondere a Cipro testi proibiti (ad esempio, alcuni libri tedeschi o le Prediche di Giulio della Rovere [Basilea, prima dell’ottobre 1574]).
Nella fase iniziale delle audizioni in giudizio, la strategia difensiva di Franzino si basò sul rigetto delle accuse. In seguito pose la questione della non competenza dell’Inquisizione, argomentandola con la sua identità di suddito eterodosso della Serenissima appartenente alla Chiesa ortodossa e con la leale obbedienza sua e della famiglia alla Dominante. La tua richiesta, tuttavia, non divenne oggetto di trattativa. L’insistenza dei giudici, la sua permanenza in carcere e i danni subiti dalla sua salute annientarono infine la sua resistenza e lo spinsero alla confessione. Fu condannato a un anno di relegazione nel monastero dei frati minori. Cinque mesi più tardi, comunque, gli fu concesso un permesso provvisorio che gli consentì di riparare a Ginevra, dove rimase dodici anni. Lì conobbe e visse per un certo tempo nell’abitazione di Francesco Porto, un erudito docente di lingua greca proveniente da Creta, a sua volta condannato a Venezia dal Sant’Uffizio (1558) per le sue convinzioni di stampo calvinista e rifugiatosi in Svizzera. Nel 1563 Franzino Singlitico rientrò in Italia e venne arrestato a Mantova mentre era in possesso di libri proibiti. Condotto a Roma, fu condannato a morte dall’Inquisizione come «relapso impenitente heretico ostinato» (1564).
Bibliografia
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Voci correlate
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]