Rovatti, Francesco

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Francesco Rovatti (Reggio Emilia, 1719 - ?), figlio di Domenico Rovatti, è stato un maestro di scuola e predicatore della Basilica Collegiata di San Prospero, direttore spirituale della Confraternita di San Gerolamo, catechista della Congregazione della Dottrina Cristiana, ma specialmente è stato confessore di diversi monasteri situati nella città di Reggio Emilia (dal 1743 al 1750) e reo di adescamento di penitenti in confessionale.

Già interdetto dal suo ruolo di ministro della confessione sotto l’episcopato di Ludovico Forni (1723 – 1750) a causa di un debito contratto con alcune sue penitenti, Francesco Rovatti era stato incarcerato dal tribunale vescovile il 12 dicembre 1767, poiché sospettato di aver commesso lascività durante il Sacramento della Confessione nei confronti di cinque donne tra laiche e religiose: Anna Ferrari, Giulia Borri, Rosa Pierotti, Elena Corbelli e Anna Altarelli.
Edotto dal carcere il 21 gennaio 1768 il Rovatti era comparso davanti al vicario generale del vescovo e delegato speciale nelle cause della Fede (Ippolito Maioli), all’auditore dei criminali (Marco Antonio Manodori) e al sindaco e fiscale della curia (Giovanni Panizzi Cagnoli), per essere interrogato sui sospetti che aleggiavano intorno alla sua figura di confessore. Questi aveva confermato le accuse, asserendo di aver commesso atti peccaminosi con le suddette donne sia prima che dopo l’atto di Penitenza, utilizzando lo stesso confessionale come luogo per organizzare gli incontri carnali all’esterno. Anna Ferrari, all’interno del confessionale, in cinque anni era stata invitata otto volte all’abitazione del sacerdote. La donna, accettando l’invito, era diventata l’oggetto del piacere di Rovatti con il quale praticava atti di vicendevole masturbazione. La contrizione della Ferrari per l’atto peccaminoso commesso, aveva trovato la consolazione del sacerdote che aveva cercato di placare il suo tormento tramite argomentazioni tendenti alla dottrina della cosiddetta “Orazione di quiete”. Giulia Borri era stata oggetto di violenze per mezzo del cilicio posizionato sulla sua coscia, mentre Rosa Pierotti era stata invitata a casa del chierico per avere rapporti sessuali (costituto del 6 febbraio). Con Anna Altarelli il sacerdote aveva avuto diverse copule dal 1763 al 1767 e venti erano stati gli incontri sessuali che il Rovatti aveva avuto con Elena Corbelli, la figlia nubile del notaio Nicolò Corbelli, consumati sia nella propria abitazione, sia a casa della donna.
Nuove vittime vennero menzionate nel costituto dell’8 febbraio: le sorelle Anna e Teresa Mazzi, in occasione di aver discorsi spirituali col sacerdote, erano state invitate tre volte alla sua dimora e, sotto tale pretesto, erano state vittime di diverse effusioni; lo stesso canovaccio era avvenuto per Teresa Orlandini; atti di mutuo onanismo erano avvenuti tra il Rovatti e Margherita Manfredi alla casa di un altro ecclesiastico (don Alfonso Bertozzi) e, infine, vari incontri sessuali si erano svolti con la serva Gertrude Bedogni.
Alla domanda del magistrato se il Rovatti fosse conscio della gravità del reato commesso, quest’ultimo giustificò il suo operato disdicevole come mosso dall’istinto primordiale della “passione” accecante, esplosa a causa del celibato sacerdotale che evidentemente gli diede molte ristrettezze.
Il 12 e il 15 febbraio 1768 si erano presentate spontaneamente al cospetto del giudice Anna Altarelli ed Elena Corbelli. Queste, nonostante precedentemente fossero state chiamate a giudizio da parte del vicario generale su tale vicenda nel dicembre del 1767 e non avessero detto nulla ai danni del Rovatti poiché spinte da “carità” verso il loro confessore e timore nel veder infangata la loro reputazione, in tale occasione avevano confermato le disonestà che il sacerdote commise nei loro confronti. Un’altra donna, Lucia Campori, aveva denunciato gli abusi del reo poiché spinta da un altro confessore affinché cessasse ogni rapporto spirituale con il Rovatti: quest’ultimo, infatti, aveva obbligato la penitente a “dormire” col proprio futuro marito nonostante il voto di castità prematrimoniale che ella si era imposta (costituto del 5 marzo 1768).
Il chierico, ormai reo confesso e nonostante una arringa difensiva avvenuta il 3 giugno 1768, venne ritenuto dalla Sacra Congregazione del Sant’Uffizio (nella persona del segretario della stessa, il cardinale Neri Corsini) colpevole di Sollicitatio ad turpia e di molinosismo (quest’ultima sentenza risulta però, allo stato degli atti processuali, mancante delle consuete motivazioni dottrinali).
L’11 agosto il Rovatti venne torturato super intentionem (alla presenza del vicario generale del vescovo e di quello dell’inquisitore, al secolo Giuseppe Maria Orlandi, futuro magistrato della Fede di Modena e Reggio Emilia a seguito dell’unione della sede reggiana con quella modenese nel 1780), mentre il giorno seguente fu interdetto dall’ascolto delle sacramentali confessioni, posto sotto l’abiura de vehementi e incarcerato per tre anni.

Fonti

  • Archivio Diocesano di Reggio Emilia (ADRe), Processi criminali vescovili, Processi criminali Sacra Inquisizione (1650-1786), Contra Franciscus Roatti, b. 95.

Bibliografia essenziale

  • Luca Al Sabbagh, Confessione e crimine sessuale. Il caso di don Francesco Rovatti (Reggio Emilia 1768), in Fernanda Alfieri e Vincenzo Lagioia (a cura di), Infami macchie. Sessualità maschile e indisciplina in età moderna, Viella, Roma, 2018, pp. 159-179.

Article written by Luca Al Sabbagh | Ereticopedia.org © 2018

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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