Puccerelli, Francesco

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Francesco Puccerelli (S. Giovanni Valdarno, ca. 1510 - ?, post 27 febbraio 1570) è stato un notaio fiorentino perseguitato per eresia.

Studiò forse a Bologna ed esercitò la professione di notaio, a partire dagli anni trenta del XVI sec., in vari luoghi del ducato fiorentino. Dal 1542 svolse la sua professione presso il tribunale fiorentino della Mercanzia. Inquisito dal tribunale del Sant'Uffizio di Firenze nel 1549, il suo processo si concluse con un'abiura de formali (pronunciata il 22 gennaio 1550) e con la condanna a tre anni di servizio sulle galere.
Andrea Ghetti da Volterra testimoniò contro di lui. Dalla documentazione processuale emerge che le dottrine professate da Puccerelli risentivano di echi valdesiani e radicali: non si sarebbe trattato, quindi, di un "semplice" luterano.
Puccerelli rivolse una supplica al duca Cosimo I, ricevendo una risposta abbastanza ferma da parte del segretario del duca Lelio Torelli.
Dopo il processo non si hanno più notizie di Puccerelli: si ricava soltanto dalle carte notarili del figlio che morì dopo il 27 febbraio 1570.

Bibliografia

  • Gustavo Bertoli, Attività dell'Inquisizione a Firenze fra il 1549 e il 1552. Tre ricerche, Edizioni CLORI, Firenze 2021.
  • Lucio Biasiori, «Una fede a suo modo»: il processo al notaio Francesco Puccerelli e la politica religiosa di Cosimo I, in Lucia Felici (a cura di), Ripensare la Riforma protestante. Nuove prospettive degli studi italiani, Claudiana, Torino 2015, pp. 51-72.
  • Lucio Biasiori, Puccerelli, Francesco, in DBI, vol. 85 (2016).
  • Salvatore Caponetto, Un "luterano" fiorentino del Cinquecento: il notaio ser Francesco Puccerelli, in I valdesi e l'Europa, Società di Studi Valdesi, Torre Pellice 1982, pp. 268-283.
  • Massimo Firpo, Gli affreschi di Pontormo a san Lorenzo. Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Einaudi, Torino 1997.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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