Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Francesco Mario Pagano (Brienza, 8 dicembre 1748 – Napoli, 29 ottobre 1799) è stato un filosofo e giurista.
Nacque a Brienza, allora in Principato Citra, da famiglia benestante di notai originari di Nocera de’ Pagani, il cui padre, Tommaso, figlio di un notaio, aveva sposato Anna Pastore, di Sicignano. A dieci anni si trasferì a Napoli dallo zio sacerdote, Nicola, per proseguire gli studi: ebbe come maestri Gherardo De Angelis, Giovanni Spena e Antonio Genovesi. Dallo Spena apprese il greco ed il latino, entrando, altresì, in contatto con noti eruditi come Giuseppe Glinni e Alessio Pelliccia. Inoltre, seguì le lezioni di Genovesi all’università di Napoli e tornò, per breve tempo, a Brienza, dove il padre era prematuramente morto nel 1762. Comunque, pur essendosi trasferito nella capitale del Regno, come molti giovani delle province, mantenne rapporti con la propria terra, tornando ancora saltuariamente a Brienza, prima nel 1767, per riprendersi da una grave malattia, poi tra il 1772 ed il 1776.
Terminò gli studi laureandosi nel 1768 con il Politicum universae Romanorum nomothesiae examen, dedicato a Leopoldo di Toscana ed all’amico grecista Giuseppe Glinni di Acerenza. L’anno dopo, concorse alla cattedra di Etica nel Real Collegio della Nunziatella con il Disegno del sistema della scienza degli uffizi, un trattato sui doveri dell’uomo nel quale il giovane autore intraprendeva uno studio di tipo analitico su passioni, virtù e vizi, che potevano essere dominati dalla legge naturale e da quella umana. Sicché la sua formazione giuridica ben si legava all’anelito etico impartito, come noto, da Genovesi. Tuttavia, non avendo superato l’esame, solo nel 1770 fu nominato Lettore straordinario di Etica all’università.
Entrò ben presto nel circolo del marchese Francescantonio Grimaldi, dove conobbe Gaetano Filangieri e si confermò nelle proprie idee che collegavano etica e politica in un sistema volto a «espurgare» un buon cittadino dalle passioni in vista del bene comune. Intanto, colpito dal fatto che l’ammiraglio russo Orlov avesse sconfitto la flotta turca nei pressi di Chio il 5 luglio 1770, scrisse e pubblicò l’Oratio ad comitem Alexium Orlow, nella quale prospettava la necessità di liberare la Grecia dalla dominazione turca, istituendo uno Stato russo dalle ceneri dell’Impero ottomano. Composta in onore del conte Alexey Grigoryevich Orlov (1737-1808), l’orazione è preceduta da una lettera al conte Antonio Gicca, che aveva raccontato a Pagano la battaglia cui aveva partecipato. L’autore consegnò l’orazione, come egli stesso racconta, a Gicca che, in qualità di consigliere di legazione a Pietroburgo, offrì il discorso all’Accademia Imperiale che, nel maggio 1777, assegnò a Pagano la medaglia di giubileo dell’Accademia.
Nel 1775, ottenne anche la cattedra di Diritto criminale e si dedicò all’attività forense fino al 1784. Di quest’attività restano tre Allegazioni (anche se non risulta che egli le avesse raccolte in volume), legate a casi clamorosi, il primo dei quali fu la difesa dei nobili Annibale e Vincenzo Poerio di Taverna, contro gli assassini del fratello Ignazio, ossia Antonio Gioia, Filippo Palladino e Biagio Capuano, che egli riuscì a far condannare anche se il Gioia non aveva confessato nemmeno sotto tortura. Pagano contestò la legittimità del silenzio sotto tortura e riuscì ad ottenere un’udienza con nuovi giudici. Quest’allegazione risulta, comunque, di notevole interesse per la serrata argomentazione contro la tortura calata non già in un contesto filosofico, ma nella realtà della prassi giuridica.
Il 30 gennaio 1778, dopo il trionfo nella causa Poerio, fu chiamato a difendere Nicola Corsino, un venditore ambulante che, accusato di furto ai danni del nobile calabrittese Gaetano Del Plato, era detenuto, con altri imputati, da ben sette anni, senza risoluzione del caso per mancanza di prove dirette. L’avvocato Pagano riuscì a far scarcerare gli imputati sostenendo che andassero scarcerati e non costretti a giurare, come usuale in caso di «indizi a tortura».
Il grande successo delle due cause, che furono assai seguite a Napoli, gli portò buoni proventi, che gli consentirono di acquistare un terreno all’Arenella, dove costituì una sorta di accademia, alla quale partecipava, tra gli altri, Domenico Cirillo; nel contempo, Pagano alla Massoneria di rito scozzese. Apparente testimonianza dell’adesione alle idee massoniche di rinnovamento è la tragedia Gli Esuli Tebani.
Del 1783 è il primo volume dei Saggi Politici, oggetto di feroci critiche per l’apparente materialismo e panteismo: alle accuse, rispose con una lettera di 28 pagine ai revisori Diodato Marone e Francesco Conforti, che probabilmente espressero il loro giudizio nel primo semestre del 1786. Nel frattempo, componeva (1784), l’Aritmetica legale, pubblicata postuma con il titolo di Logica dei probabili. Tra l’altro, frequentava anche un circolo letterario che si riuniva intorno ai fratelli Di Gennaro - Antonio, duca di Belforte e Domenico, duca di Cantalupo -, ritrovo di intellettuali riformatori, legati ad ambienti latomistici, favorevoli alla monarchia e che avevano dato vita alla rivista «Scelta miscellanea», fondata dal¬l’a¬ba¬te de Silva nel 1783.
In quell’anno di febbrile attività pubblicistica si colloca il clamoroso caso Totaro, sul quale resta l’ultima delle tre allegazioni pervenute. Sabato Totaro era stato accusato di omicidio premeditato per furto contro Giuseppe Gensani. Di regola, il Totaro sarebbe stato condannato a morte, ma essendo accusato solo su prove indiziarie, ritenute inferiori a quella testimoniale, come detto per il caso Poerio, la Vicaria avrebbe dovuto procedere alla pena straordinaria. Pagano si diede, dunque, in appello, a cercare di testimoniare l’uguale valore probatorio della prova indiziaria per far condannare a morte il Totaro. Tra l’altro, le stesse argomentazioni utilizzate nell’arringa erano sviluppate nelle opere che andava componendo in quel periodo. Con una serrata argomentazione filosofico-giuridica, sviluppata ampiamente, Pagano riuscì a far prevalere il senso di giustizia etica che gli ispirava il caso e a far condannare il Totaro sulla base dei fatti.
Nel 1787, pubblicava le Considerazioni sul processo criminale e le due tragedie Gerbino e Agamennone, dedicate alla regina Carolina, dopo aver steso un abbozzo di commedia, La Mengrelliana, nel settembre dell’anno precedente.
Due anni dopo, il 17 luglio 1789, fu nominato avvocato dei poveri nel Tribunale dell’Ammiragliato e Consolato di mare, in seguito a concorso che vinse davanti a Giuseppe Guidobaldi. Egli fu nominato, in effetti, in un periodo di notevoli agitazioni popolari, in quanto i pescatori protestavano riguardo l’abolizione dell’assisa del pesce: egli intervenne nella questione componendo il Ragionamento sulla libertà del commercio del pesce, nel quale difendeva l’abolizione e suggeriva, altresì, provvedimenti atti a mitigarne le asprezze per non danneggiare ulteriormente i pescatori napoletani. In quello stesso anno, pubblicò, pur non facendolo mettere in scena, il Corradino.
Nel 1791, la seconda edizione dei Saggi in tre volumi non ottenne il consenso del pubblico e fu messa all’Indice, né maggiore successo ebbe, nel 1792, la commedia Emilia.
Nel 1794, assunse la difesa «di fiducia», su richiesta dei congiunti degli imputati e dispensa del sovrano, dei partecipanti alla congiura giacobina: il 24 novembre di quell’anno, fu nominato giudice del tribunale dell’Ammiragliato. Tuttavia, sospettato anch’egli per le idee espresse nei Saggi, il 27 febbraio 1796 fu arrestato e rinchiuso in Castelnuovo. Sembrerebbe che, in questo biennio, fosse detenuto con il canonico Giovanni Penna, con il quale ebbe modo di discutere sull’antica Calvi, dettandogli due dissertazioni poi pubblicate dal barone Antonio Ricca. Scarcerato il 25 luglio del 1798 per mancanza di prove, si ritrovò privato delle cariche e costretto a riparare, il 27 novembre, a Roma, dove ricevette la cattedra di Diritto nel Collegio Romano, pur se non ebbe modo di iniziare ad insegnare e fu ulteriormente costretto a spostarsi, recandosi a Milano per alcuni mesi.
Comunque, tornò a Napoli il 1 febbraio 1799, entrando tra i 25 componenti il Governo provvisorio.
Il ruolo del giurista burgentino, giunto a Napoli dall’esilio milanese, fu, dunque, fin da subito di rilevante importanza. Infatti, già dalla costituzione del primo Governo provvisorio della Repubblica napoletana, entrò in esso come componente, distinguendosi nella discussione relativa alla legge feudale, avviata il 18 febbraio, nell’ambito della quale Pagano stesso presentò uno dei due progetti.
A metà dell’aprile 1799 fu nominato un secondo Governo della Repubblica, rafforzato dalla separazione del potere legislativo da quello esecutivo, attribuiti a due specifiche commissioni. Pagano presiedette quella legislativa, di 25 componenti, venendo sostituito, dal 19 al 3 giugno 1799, da Domenico Cirillo. Inoltre, sostenne, in pubblici dibattiti, la necessità di legare l’azione politica al bene comune, in un significativo connubio tra politica ed etica, affermando che «non avremmo potuto dirci pienamente liberi, finché l'amor della libertà non avesse estinto in noi l'egoismo, e purgato l'animo da tutte le vili passioni, che ne derivano». Le leggi alla cui discussione fu presente il Pagano in seno ai Governi della Repubblica, furono, dunque, nel complesso: sui fidecommessi del 10 febbraio; sulle prestazioni decimali del 5 marzo; legge eversiva della feudalità del 7 marzo; sull’abolizione del testatico del 22 aprile; sull’abolizione della tortura del 1 maggio; sulla coccarda tricolore del 2 maggio; sulla «santità delle carte bancali» del 6 maggio; sull’abolizione del dazio sui grani del 9 maggio; sul potere giudiziario del 14 maggio; sulla confisca dei beni agli emigrati del 28 maggio; sui boschi del 4 giugno; sull’assisa sul pesce del 6 giugno. Il suo operato nell’ambito della Commissione legislativa fu volto non solo a progettare un migliore e più rigoroso servizio di polizia e di giustizia penale, ma anche, e soprattutto, nella stesura del Progetto di Costituzione della Repubblica. Esso, pur già pronto a fine marzo, fu sottoposto a discussione, in sede legislativa, solo il 20 maggio.
Il Progetto di Costituzione, pur modellato sulla costituzione francese dell’anno III della Repubblica (22 agosto 1795) presentava elementi di significativa novità. Così, se per andare incontro ad istanze più radicali si dava centralità all’uguaglianza quale base dei diritti, sul terreno del diritto di cittadinanza risultavano ristretti i limiti di età per il voto, collegato al requisito di saper leggere e scrivere, nonché di conoscere il catechismo repubblicano. D’altro canto, ad un’organizzazione del potere legislativo ed esecutivo ispirata alla carta francese, corrispondeva una differente organizzazione del potere giudiziario, caratterizzato dall’introduzione in ogni comune di un tribunale della censura. Nuovo organo costituzionale, finalizzato a dirimere i contrasti tra i due principali poteri del nuovo Stato, era l’eforato, che, come scrisse, aveva «la custodia della Costituzione, e della Libertà». Dunque, un progetto costituzionale rivolto al popolo.
Arrestato con gli altri patrioti alla caduta della Repubblica, fu rinchiuso in Castelnuovo, nella cosiddetta «fossa del Coccodrillo», insieme ad altri quali Cirillo, Albanese, Logoteta, Manthoné e Conforti. In seguito al fallito tentativo di evasione dei patrioti detenuti a Santa Maria a Parete, la Giunta di Stato, il 24 agosto, decise di farlo incarcerare, insieme ad altri 137 ex patrioti, a Sant’Elmo.
Condannati dalla Giunta speciale di Stato istituita dai Borbone, Pagano, Cirillo, Ciaia e Pigliacelli furono trasportati al Carmine. Francesco Mario Pagano fu impiccato per primo, in Piazza Mercato, alle 18.30 del 29 ottobre 1799.
Bibliografia
- Gioele Solari, Studi su Francesco Mario Pagano, Giappichelli, Torino, 1963.
- Franco Venturi, Illuministi Italiani, V, Riformatori napoletani, Ricciardi, Milano-Napoli, 1971.
- Antonio Trampus, Il comitato di legislazione: la genesi del progetto di costituzione, in Progetto di Costituzione della Repubblica Napoletana presentato al Governo Provvisorio dal Comitato di Legislazione, a cura di F. Morelli e A. Trampus, Marsilio, Venezia, 2008.
Article written by Antonio D’Andria | Ereticopedia.org © 2019
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]