Trivelli, Enrico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Enrico Trivelli (Napoli, ca. 1709 – Roma, 23 febbraio 1737) è stato un letterato e poeta, processato e decapitato per aver scritto opere di argomento politico e versi satirici contro la Chiesa.

Vita

Enrico Trivelli nacque a Napoli nel 1709 ca. dal conte Giuseppe Trivelli e da Leonilda Leone, originari di Vasto. La famiglia aveva ottenuto il titolo nobiliare tramite il capostipite Luzio Trivelli due anni prima, nel 1707, per la fedeltà prestata al marchese del Vasto dopo la conquista del Regno da parte degli spagnoli; ancor prima, questa stessa fedeltà aveva fatto cadere in rovina i Trivelli e costretto il conte Giuseppe e sua moglie a riparare a Napoli per evitare ulteriori vessazioni. Dopo qualche anno, tuttavia, la famiglia tornò a Vasto ed è qui che Trivelli intraprese i primi studi di grammatica, retorica e filosofia. Negli anni Venti i coniugi si trasferirono nuovamente coi figli a Napoli e qui Enrico proseguì gli studi superiori dedicandosi alla filosofia, alla giurisprudenza e alla geometria. Secondo la cronaca di Padre Ghezzi riportata da Ademollo, nel 1730 Trivelli avrebbe ucciso un uomo per aver disonorato sua sorella ed in seguito a questo fatto si sarebbe visto costretto a lasciare Napoli e a recarsi a Roma. Tuttavia, non essendoci tracce di questo omicidio nelle cronache di Vasto, quella del Ghezzi potrebbe essere una notizia semplicemente volta a screditare il poeta; più probabilmente Trivelli si trasferì a Roma in cerca di fortuna. Arrivato nella nuova città, solo, senza protettori né fonti di sostentamento, non riuscendo a trovare incarichi regolari d’altro tipo e trovandosi anche a contrarre debiti per via delle ristrettezze economiche, iniziò a svolgere l’attività di copista nella bottega di Martorello e Martino Dominici. Al tempo stesso prese a frequentare i caffè e gli ambienti letterari, cominciò a farsi conoscere e apprezzare, tanto che il custode dell’Arcadia Francesco Lorenzini lo accolse nell’Accademia col nome di Idasio Nivalgo, affinché fondasse una colonia a Vasto.
Nel 1736, a Roma, la Spagna iniziò a reclutare uomini con la forza, servendosi talvolta anche di agenti travestiti e prostitute; a questi soprusi il popolo rispose ribellandosi con tumulti e rivolte, complice il silenzio di Clemente XII. Il clima politico si fece sempre più teso e, nel contesto di questa crisi, iniziarono a circolare scritti politici e pasquinate contro il Papa, per la debolezza con cui aveva affrontato la situazione. Le autorità ecclesiastiche decisero di intervenire e iniziarono a muoversi perché fossero trovati i colpevoli; anche Trivelli, autore di satire, pasquinate, dialoghi fra cardinali, sonetti contro i rappresentanti della Chiesa e opere politiche legate ai tumulti popolari del periodo, si trovò ad essere incastrato con l’inganno. Grazie a Dominici, presso cui il poeta lavorava come copista, e grazie anche alla complicità delle persone a lui più vicine, al bargello riuscì con relativa facilità di intrappolarlo. Il 30 ottobre 1736 iniziò il processo a suo carico che si concluse il 21 dicembre dello stesso anno; il 23 febbraio successivo venne emessa la sentenza con cui l’imputato fu condannato a morte «per composizioni di scritture malediche e sediziose contro il Pontefice della Santa Sede». Il conte Errico Trivelli venne decapitato il 23 febbraio 1737, all’età di 27 anni, nella piazza di Ponte Sant’Angelo, alla presenza del popolo «che in gran quantità si era portato per esserne spettatore».

Opera

Le prime prove letterarie del Trivelli risalgono all’inizio degli anni ’30. Nel 1730 compose in onore del nuovo pontefice Lorenzo Corsini la Canzone del conte Errico Trivelli per l’esaltazione di N.S. Papa Clemente XII, stampata poi a Firenze nel 1732 e di cui già all’epoca del Marchesani si conservava solo il primo foglio; secondo quanto riportato sempre dal Marchesani nella sua Storia di Vasto, in questa edizione si annunciavano un «voluminoso» Canzoniere e degli «eruditissimi» Discorsi intorno all’Arte poetica che Trivelli sarebbe stato in procinto di dare alle stampe ma che poi effettivamente non vennero mai pubblicati. Al 1732 risale la Lettera filologica del conte Errico Trivelli (Napoli, Felice Mosca), un’opera dedicata alla retorica. Ancora del 1732 è l’Ode in diciotto ottave recitata in Campidoglio per il concorso dell’Accademia del Disegno, pubblicata all’interno del volume Gli eccelsi pregj delle Belle Arti e la scambievole lor Congiunzione con le Mattematiche Scienze (Roma, Giovanni Maria Salvioni, 1733). A seguito dei tumulti del 1736, Trivelli scrisse, senza completarlo, il Consiglio dato al Re delle Due Sicilie da un ministro di quella Corte, una delle opere politiche che lo portò all’arresto e alla morte. Questo trattato dalla vena provocatoria, ripercorsa la storia del potere temporale del Papa, arriva ad affermare che la Chiesa non gode di diritti sul Regno di Napoli e dunque invita il re a non avere contatti con il potere ecclesiastico, «riserbando all’autorità del medesimo il solo culto delle cose sagre e degl’altari». Trivelli, oltre a schierarsi contro l’autorità pontificia, prende posizione contro il popolo romano, colpevole di non aver avuto alcun rispetto delle autorità spagnole durante il tumulto popolare del 1736. Prima dell’esecuzione, certo della sua integrità e della sua fede, Trivelli compose una Protesta contro il potere ecclesiastico nella quale continuò a dichiararsi cristiano, nonché un’ode-supplica di 240 versi indirizzata a Clemente XII, con cui cercò senza successo di spiegare le proprie ragioni e quindi di essere graziato. Di Trivelli resta anche un giocoso e al tempo stesso drammatico Testamento in versi in cui il poeta, alle soglie dell’esecuzione, non manca ancora una volta di difendere la propria innocenza.

Bibliografia

  • Maria Claudia Toniolo, Letteratura clandestina e complotti politici nella Roma di primo Settecento: il caso di Enrico Trivelli (1736-1737), in «Roma moderna e contemporanea», Rivista interdisciplinare di storia, XI, 1-2, 2003, pp. 229-251.
  • Gianni Oliva, Un poeta al patibolo, in Id., Le frontiere invisibili. Cultura e letteratura in Abruzzo, Bulzoni, Roma 1982, pp. 87-108.
  • Luigi Benedetti, Tre istoniesi a Roma, La commerciale moderna, Roma 1962.
  • Luigi Anelli, Ricordi di storia vastese, Tipografia editrice L. Anelli, Vasto 1906.
  • Alessandro Ademollo, Le giustizie a Roma dal 1674 al 1739 e dal 1796 al 1840, Forzani e C., Roma 1882.
  • Luigi Marchesani, Storia di Vasto, città in Apruzzo citeriore, Osservatore Medico, Napoli 1838.

Article written by Claudia Zavaglini | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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