De Freschi Olivi, Elena

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Elena De Freschi Olivi è stata una donna ebrea perseguitata dall'Inquisizione di Venezia.

Contro di lei si svolse un processo inquisitoriale che andò dal 18 marzo al 25 settembre 1555. Dal testo del processo non è possibile ricavare dati relativi alla vita dell’imputata, se non il fatto che avesse un figlio di nome Giovanni Battista, medico ebreo convertito al cattolicesimo come la madre, che la difese dalle accuse.

Tendenze eterodosse

L’accusa è quella di "giudaismo", ma nel processo le testimonianze al riguardo sono non uniformi e non sempre chiare. L’accusa è fondata su frasi blasfeme e sconnesse pronunciate dall’imputata durante la Messa; tali frasi, però, in realtà non hanno nulla a che fare con l’ebraismo, perché sono semplici imprecazioni volgari, a volte sconnesse e prive di un vero senso compiuto, altre volte decisamente blasfeme e offensive, ad esempio contro la Madonna. Inoltre, una testimone riferì che l’imputata mangiava la carne il venerdì e il sabato. Un’altra testimone, tuttavia, riferì che l’imputata era una buona cristiana, ma che era instabile ed a causa di ciò a volte faceva affermazioni che in condizioni normali non avrebbe fatto; in quei momenti, però, non avrebbe mai detto cose contro la fede. Del fascicolo processuale fa parte un importante testo redatto dal figlio dell’imputata, nel quale si afferma che essa soffre di disturbi mentali ed è lunatica, cioè preda della pazzia secondo le fasi della Luna; nei momenti di lucidità, invece, la donna compievamolte opere buone. Il figlio medico insisteva molto su questo particolare, dando importanza più alle azioni che alle parole della madre.
Il fascicolo processuale contiene inoltre una lettera del podestà di Treviso Bernardino Vitturi nel quale si segnala che Elena non è stata accolta nell’ospedale di Treviso.
Infine, l’ultimo testo è una lettera del figlio medico della donna ai Savi sopra l'eresia, nel quale egli li pregava di commutare la pena di sua madre in prigione perpetua presso il proprio domicilio, non tenendola reclusa in carcere, dato che non sarebbe stata in grado di sopportarlo.

Fonti e bibliografia

  • Archivio di Stato di Venezia, Sant'Uffizio, busta 12, fascicolo processuale n. 10.
  • Elena Brambilla, Il segreto e il sigillo: denunce e comparizioni spontanee nei processi inquisitoriali, in I tribunali della fede: continuità e discontinuità dal Medioevo all'età moderna, Claudiana, Torino 2007, pp. 111-161: pp. 126-127.
  • Romano Canosa, Storia dell'Inquisizione in Italia: dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, vol. 2: Venezia, Sapere 2000, Roma 1987, pp. 77-80.
  • Francesca De Poli, Venezia e l’Inquisizione. Undici processi davanti al tribunale dei Savi all’Eresia della Repubblica di Venezia negli anni 1554-1588, Aracne, Roma 2019, pp. 43-66.
  • Pier Cesare Ioly Zorattini (a cura di), Processi del S. Uffizio di Venezia contro ebrei e giudaizzanti, t. I, 1548-1560, Olschki, Firenze 1980, pp. 151 sgg.

Article written by Francesca De Poli | Ereticopedia.org © 2021

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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