Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Donato Rullo (Lecce, prima decade del XVI sec. - Roma, 10 dicembre 1566) è stato un mercante ed umanista, perseguitato da parte dell'Inquisizione romana.
Biografia
La sua è una curiosa figura di abile (e ricchissimo) mercante e raffinato umanista.
Nato da famiglia di ceto mercantile, molto abile a far fruttare le proprie rendite con investimenti bancari e mercantili, studiò a Padova nei primi anni trenta, entrando in contatto con Reginald Pole e la sua cerchia. Fu poi a Napoli, inserito nel circolo di Juan de Valdés.
Nel 1541 si trasferì quindi a Roma come familiare del Pole. Partecipò al circolo viterbese del cardinale inglese e fece parte del suo seguito a Trento nel 1545-46. Da Trento passò a Venezia, dove nel 1546 curò l'edizione delle Rime spirituali di Vittoria Colonna (di cui curava anche gli interessi finanziari). Nel febbraio 1550 assistette alla morte di Marcantonio Flaminio a Roma.
Nel 1553 fu compagno del Pole nel suo ritiro nell'abbazia di Maguzzano sul lago di Garda.
Seguì quindi il Pole in Inghilterra nel 1554, e in Inghilterra rimase anche dopo la morte del Pole (novembre 1558), al riparo dall'offensiva di Paolo IV contro gli "spirituali"). Alla morte di Paolo IV, come l'amico Priuli, poté rientrare in Italia. Tra 1560 e 1565 si hanno poche tracce di lui, ma presumibilmente visse in relativa tranquillità per tutta la durata del papato di Pio IV.
L'elezione di Pio V sancì inevitabilmente la sua rovina: arrestato a Lecce nell'estate 1566, fu trasferito nelle carceri dell'Inquisizione a Roma, dove morì il 10 dicembre 1566.
Bibliografia
- Processo Morone2, vol. I, pp. 211-213, nota 17.
- Carlo De Frede, Religiosità e cultura nel Cinquecento italiano, Il Mulino, Bologna 1999.
- Marco Iacovella, Rullo, Donato, in DBI, vol. 89 (2017).
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]