Spallaccini, Domenico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico Spallaccini (Orvieto, 23 Novembre 1649 - Roma, 18 luglio 1711) è stato un lenone, ladro, truffatore e finto prete condannato a morte dall'Inquisizione.

Figlio di mastro Bartolomeo, "bigonzaro" (falegname esperto nella costruzione di botti e altri recipienti di legno), fu, ventenne, per circa un anno terziario francescano, ma fu cacciato dall'ordine per la sua condotta inappropriata. Nel 1681 sposò la vedova Geltruda Farinae con lei fu processato per lenocinio (i due facevano prostituire in casa propria una giovane tredicenne). Mentre la moglie fu esiliata, Domenico fu incarcerato a Orvieto. Fuggito, iniziò a rubare, finché non fu di nuovo incarcerato nel 1697 e recluso ancora a Orvieto. Fuggì di nuovo e, ripreso, fu confinato al Puntone di Civitavecchia. Dopo due anni di lavori forzati, riuscì a dileguarsi e cambiò identità, fingendosi prete, dopo essersi procurato un abito sacerdotale presso un rigattiere. Dal 1707 in poi disse messe e amministrò i sacramenti abusivamente, vagando per lo Stato Pontificio sotto falsi nomi. Scoperto durante un viaggio a Loreto, in quanto riconosciuto da alcune persone che aveva in precedenza truffato, fu arrestato, trasferito nelle carceri dell'Inquisizione ad Ancona e quindi a Roma. Condannato a morte dall'Inquisizione romana, fu impiccato e bruciato a Campo de' Fiori il 18 luglio 1711.

Bibliografia

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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