Orano, Domenico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico Orano (Roma, 14 febbraio 1873 – Roma, 5 ottobre 1918) è stato uno scrittore, critico, docente, filantropo e uomo politico (fu in particolare consigliere comunale a Roma). Promosse altresì una rete di Istituti di assistenza, un tempo ubicati nel quartiere Testaccio.

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Cenni biografici

Primogenito di Maria Fiorito Berti e Giuseppe Orano, avvocato e professore universitario di origini sarde, si laurea a pieni voti in Giurisprudenza a ventidue anni (seguirà poi le orme del padre entrando a far parte dell'albo degli avvocati), poi in Lettere con lode solo un anno dopo.
Nel 1897 Domenico vince il concorso per gli studi di perfezionamento di Storia moderna della "Fondazione Corsi" e ottiene la borsa di studio per il perfezionamento in Archeologia presso la Scuola italiana di archeologia. Nel 1899 termina il corso di Filosofia presso la Regia Università di Roma. Nel 1901 prende parte al concorso generale bandito per le cattedre di storia e geografia nei licei e negli istituti tecnici arrivando tredicesimo su trentatré ed è nominato, l'anno successivo, docente al Ginnasio di Ozieri. Nello stesso anno è bibliotecario alla Casanatense (fino al 1906) dove ricopre il ruolo di conservatore di manoscritti. L'ultima nomina è quella presso l'Istituto di Chieti che lo vede docente di secondo ordine nel 1907 per poi rinunciare definitivamente alla carriera di insegnante quattro anni dopo nel 1911, anno che coincide con il massimo impegno nella costruzione degli Istituti di assistenza al Testaccio cui dedicò tutto se stesso. Gli interessi del primogenito degli Orano si moltiplicano negli anni, senza mai contrapporsi del tutto. Basterà dare un'occhiata alle sue pubblicazioni per capire quanto egli fosse dapprima legato agli studi umanistici come si evince dalle sue Pagine critiche, opera in due volumi che lo vide impegnato fino al 1912, ma anche dai primi studi sul sacco di Roma (Marcello Alberini e il Sacco di Roma del 1527, sua tesi di laurea in Giurisprudenza pubblicata nel 1895 confluita ne Il Sacco di Roma del 1527, edito nel 1901) e dagli approfondimenti su figure di straordinario interesse storico come Francesco Sforza (I suggerimenti di buon vivere dettati da Francesco Sforza per figliuolo Galeazzo Maria, 1902). Di grande rilievo gli studi sul Leopardi cui Domenico dedicherà molti articoli e un volume, Un po' di luce sulla misteriosa provenienza dei manoscritti leopardiani che si dicono esistenti nella biblioteca Vaticana, 1899, edito un anno dopo la serie di manifestazioni da lui organizzate per il Centenario leopardiano, evento di portata nazionale organizzato per i cento anni dalla nascita del poeta che tanto stimava. Sono di questo periodo le lettere che Domenico scambia con i fratelli Pascoli, Giovanni e Maria. Il poeta di Myricae sarà invitato a leggere La ginestra in uno degli incontri organizzati dal Comitato.

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Di poco successivi gli studi sugli eretici e sulla schiavitù. La posizione di bibliotecario alla Casanatense gli consente libero accesso a una serie di fonti che sono di supporto alle ricerche su papi dispotici del passato e sui loro soprusi. Tali studi porteranno alla pubblicazione de Il papato e la schiavitù del 1903 e di altri opuscoli come Liberi pensatori bruciati in Roma dal XVI al XIX secolo, del 1904. Favorevole alla monarchia e convinto sostenitore dello stato laico che vede in Giordano Bruno il suo emblema (numerosi gli interventi, gli opuscoli e gli articoli dedicati all'intellettuale nolano tra i quali spicca un commento ad un suo autografo pubblicato su «La Tribuna» del 20 settembre 1907), Domenico si fa portavoce di numerose campagne anticlericali che vedono nella Chiesa cattolica l'unica colpevole dell'arretratezza del Paese. Da qui i lavori sui papi celebri per i loro soprusi culminati nella pubblicazione dell'opuscolo La Chiesa, il Papato e la schiavitù (1903). Gli eccessi di un pensiero così apertamente laico provocheranno i risentimenti del giornale «La Vera Roma» che pubblicherà un articolo quasi diffamatorio contro Domenico, che in risposta cita i direttori del giornale in giudizio.

Il giovane Orano è inoltre accusato di essere favorito nella carriera per la sua appartenenza alla Loggia massonica del Grande Oriente d'Italia. Sono anni cruciali per la Massoneria italiana: il vincolo di segretezza è stato messo in discussione e ci si interroga se gli adepti debbano o no uscire allo scoperto. Tant'è che suo fratello, Paolo Orano, anch'egli massone, scrive in un articolo apparso su «L'Idea Nazionale» del 7 agosto 1913: «tutto quello che c'è di veramente nuovo e sano nella vita pubblica contemporanea non è compatibile con i metodi di associazioni segrete».
Non ultima, in ordine d'importanza, la carica di consigliere comunale a Roma ricoperta da Domenico dal 1910 e che lo vede protagonista di numerose vicende legate soprattutto al rinnovamento del quartiere Testaccio e vicino ai radicali e al sindaco Ernesto Nathan.
Gli ultimi quindici anni della vita di Domenico Orano sono infatti dedicati al risanamento di uno dei rioni malsani della Roma di allora, il Testaccio. La rete di circa venti Istituti da lui progettati e creati costituiscono la più importante espressione di una vita dedicata al prossimo come risulta evidente dalle parole che egli stesso riporta nell'opuscolo dedicato agli Istituti di assistenza del Testaccio:

Non sono che un educatore; non voglio essere che un umanitario; non desidero che vivere col popolo e pel popolo al di sopra di ogni fede religiosa, fuori di ogni partito politico. Ecco il mio ideale, il mio dovere e il mio destino.

Domenico Orano muore a Roma il 5 ottobre 1918. Nulla resta della sua vita sentimentale, le cui tracce sono state, su suo espresso desiderio, distrutte. Alla sua morte il commissario prefettizio del Comune di Roma, l'avvocato Giacomo Piazza, stila una relazione sugli istituti di educazione popolare e di assistenza da lui fondati. Nella relazione si delinea la situazione finanziaria e si evince la volontà di Orano di lasciare l'eredità del Patronato scolastico Testaccio alla Loggia massonica "Roma". Il fratello Emanuele gli succede come presidente fino al 1921. Il regime fascista mette al bando tutto ciò che è connesso con la massoneria, compresi gli istituti. Del resto il progetto pedagogico del fascismo era in netto contrasto con quello di elevazione delle classi popolari pensato da Domenico.

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Il commento di Domenico Orano a un autografo di Giordano Bruno

Il 6 giugno 1889 in Campo de' Fiori a Roma avveniva l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, opera dello scultore e futuro gran maestro Ettore Ferrari. Tra i documenti di Domenico troviamo non pochi riferimenti al filosofo bruciato a Campo de' Fiori. Già lo zio Domenico Berti aveva dedicato un opuscolo e un articolo al Nolano e ne aveva pubblicato un autografo, forse trasmettendo al nipote gli ideali di libertà di pensiero e di lotta al clericalismo che il Bruno incarnava. È del 20 settembre 1907 l'articolo che pubblica il commento di Domenico Orano ad un autografo di Giordano Bruno di cui troviamo numerosi esemplari a stampa, alcuni dei quali presentano le correzioni dello stesso autore. Orano analizza l'autografo latino di Giordano Bruno posseduto dal collezionista Leo Olschki – "Che cosa è ciò che è? Quello che fu. Che cosa è quello che fu? Quello che è. Niente di nuovo sotto il sole" –, e ne trae la seguente riflessione:

«Questo passo celebre, tolto dalla Bibbia (Ecclesiate I. 9, 10), era il motto preferito da Giordano Bruno, come quello in cui si raccoglie il concetto della materia e della forza da cui il Nolano prendeva le mosse per arrivare a quella geniale intuizione che ne fa l'antesignano dell'evoluzionismo moderno. La Bibbia però dice "Che è quello che fu? Quello che sarà. Che è quello che avvenne? Quello che accadrà?". Or qui si parla solamente del passato e del futuro. Giordano Bruno invece usa il presente. E questa variante fu voluta e fu ripetuta tutte le volte che i versetti furono citati. La variante bruniana acquista importanza dinanzi alla cognizione che ormai si ha del pensiero del Nolano. Il senso del presente fu imperioso nella mente del Bruno. Quod est, suona dominio della realtà veduta. Per la prima volta, forse, l'anima scientifica squilla nella parafrasi di un pensiero religioso. L'Ecclesiaste non esprime una materialità come invece la esprime il Nolano […]. "Nulla di nuovo sotto il sole" Ecco la riaffermazione della ferreità delle leggi cosmologiche e dei loro ricorsi solari e tellurici; ecco probabilmente sotto la veste amorfa del versetto, biblico e pessimista, il veleno del dubbio contro la creazione divina […]. Non vi è dunque creazione ma tutto si continua e si concatena. La materia e le forze sono sempre le stesse. Per tal modo la coscienza filosofica del Bruno splende quale alba della rinnovazione moderna.»

Fonti e bibliografia essenziale

  • Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Archivio Orano.
  • Domenico Orano, Gli istituti di educazione e di assistenza pubblica del Testaccio fondati o presieduti da Domenico Orano, Industrie Grafiche, Pescara 1910.
  • Domenico Orano, Come vive il popolo a Roma. Saggio demografico sul quartiere Testaccio, Ettore Croce, Pescara 1912.
  • Giacomo Piazza, Il Testamento di Domenico Orano. Relazione del Commissario Prefettizio sugli istituti di educazione popolare e su assistenza sociale del Testaccio fondati e diretti dal Prof. Domenico Orano, Tipografia Cooperativa Sociale, Roma 1918.
  • Irene Ranaldi, Testaccio. Da quartiere operaio a Village della capitale, Franco Angeli, Milano 2012.

Article written by Roberta Cotticelli | Ereticopedia.org © 2020

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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