Domenico di Lorenzo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico di Lorenzo (citato nelle fonti anche come Domenego di Lorenzo o Domenego calegher) è stato un calzolaio vissuto nel XVI sec. perseguitato dall'Inquisizione veneziana.

Emerse come il punto di riferimento di un gruppo di artigiani veneziani che coltivavano un'eresia millenaristica, già seguaci di Benedetto corazzaro, galvanizzati dalla vittoria della Lega Santa contro i Turchi nella battaglia di Lepanto (1571), che pareva confermare le profezie del loro maestro.
Il gruppo di artigiani, sulla base di uno scritto (andato perduto) di Benedetto "corazzaro", discutevano e interpretavano i mosaici dei fratelli Zuccato a San Marco, identificando secondo uno schema provvidenziale i personaggi raffigurativi: la donna avrebbe rappresentato la Chiesa, il Drago i Turchi ma anche Martin Lutero, il bambino un personaggio salvifico, un "papa angelico" oppure un patrizio veneziano oppure un "capitano da mar" che avrebbe unificato l'Europa e il mondo mediterraneo.
Domenico era già molto anziano all'epoca dei fatti per cui venne perseguitato, portava una lunga barba bianca e faceva proselitismo tra le botteghe dei suoi colleghi artigiani nei pressi di Rialto.
Come risulta dagli atti del processo inquisitoriale del 1573, la setta attendeva la venuta di un personaggio salvifico, che avrebbe unificato l'Europa e il mondo mediterraneo, ponendo fine alle guerre tra cristiani e turchi e convertendo questi ultimi.
Biagio Lancillotti, tessitore di seta processato insieme a Domenico, così testimoniò il 15 settembre 1573: "Havemo parlato di quella donna, che partorirà un homo, che credo sia il papa, che farà un ovil e un pastor". Domenico, nella sua testimonianza del 7 settembre 1573, aveva dal canto suo parlato di "un homo che Dio non genera come ha generato Cristo, ma genera, cioè eleze a destrution de infideli et heretici, et far vegnir tutto il mondo sotto questa fede, et far quel che ha ditto Cristo: Erit unum ovile et unum pastor." Nelle parole di Domenico quest'uomo provvidenziale non sarebbe stato come Cristo, ma come "quel sol del qual parla Malachia quando parla del sole, perché Cristo è la luce che dà lume al sole, cioè a questo homo". Aggiungeva Domenego: "questo sarà figliuol di Dio e della Chiesa, che lo partorirà con grande dolore".
Il personaggio salvifico, oltre che con un futuro papa, potrebbe essere identificato con un membro della famiglia Priuli, una delle più potenti del patriziato veneziano (come confermerebbe una lettera di Lunardo Forlano a Giovanni Battista Ravaioli, datata 10 aprile 1573).
Domenico contestava altresì l'autorità e le deliberazioni del concilio di Trento e leggeva la Bibbia in volgare (nella traduzione di Antonio Brucioli).
Domenico fu infine condannato, insieme a Benedetto Floriani, Lunardo Forlano e a Biagio Lancillotti, ad essere esposto per due ore in una gabbia al pubblico ludibrio in piazza San Marco (alla gabbia fu affisso un cartello che ricordava gli errori ereticali dei quattro). La sentenza fu eseguita il 19 settembre 1573.

Bibliografia

  • Carlo Ginzburg, Due note sul profetismo cinquecentesco, in "Rivista storica italiana", 78/1, 1966, pp. 185-227.
  • John J. Martin, Venice's hidden enemies: Italian heretics in a Renaissance city, University of California Press, Berkeley 1993, in part. pp. 201-205.
  • Ottavia Niccoli, "Prophetie di musaicho". Figure e scritture gioachimite nella Venezia del Cinquecento, in Forme e destinazione del messaggio religioso. Aspetti della propaganda religiosa nel Cinquecento, a cura di Antonio Rotondò, Olschki, Firenze 1991, pp. 197-227.

Voci correlate

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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