Adelasio, Domenico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico Adelasio (Bergamo, ca. 1495 - Bologna?, post 1555) è stato un frate domenicano e inquisitore.

Membro di una famiglia della nobiltà locale, fu inquisitore di Bergamo dal 1536 al 1554, con una breve interruzione dal 1540 al 1542 allorché fu priore del convento di S. Domenico a Modena, dove non mancò tra l'altro di proseguire la propria attività inquisitoriale, dirigendo, in qualità di vicario inquisitoriale, i processi a carico di Francesco Seghizzi, Marco Caula e Giovanni Bertari.

Come inquisitore di Bergamo ebbe un ruolo di primo piano nel procedimento contro Vittore Soranzo, trasferendosi a Roma nel 1551 per seguire il suo primo processo romano, e continuando ad agire contro di lui anche in seguito alla fine di tale processo e al reinserimento di Soranzo nella diocesi di Bergamo, cosa che suscitò l'irritazione veneziana, al punto che nel novembre 1554 il governo della Serenissima lo arrestò e trasferì a Venezia con altri dieci frati suoi sodali, quindi lo bandì in perpetuo dal territorio della Repubblica (28 maggio 1555). Il trasferimento forzato e l'espulsione non mancarono di causare un conflitto giurisdizionale con la Santa Sede.
Poco dopo la sua liberazione dalle carceri veneziane, fu interrogato a Bologna il 29 agosto 1555 dall'inquisitore Tommaso Scotti in merito a Giovanni Morone. All'incontro seguì una lettera dello stesso Adelasio allo Scotti datata 7 settembre 1555. È questa l'ultima traccia che si ha di lui, il che lascia supporre che sia morto poco dopo.

Bibliografia

  • Processo Morone2, vol. I, pp. 304 sgg.
  • Processo Soranzo, t. I, pp. 162 sgg.
  • Massimo Firpo, Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 2006

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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