Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Dionisio Gallo è stato un umanista, mistico e visionario francese del XVI sec.
Originario di Gisors, si trovava a Parigi ed era rettore del collège de Lisieux quando nel febbraio 1563 ebbe un'esperienza mistica che condizionò tutto il suo agire da quel momento in poi: gli apparve la Vergine che gli affidò la missione di riformare la Chiesa e convertire i Turchi, ungendolo col crisma. Incarcerato a seguito della sua infiammata predicazione, fu liberato quasi subito grazie ai suoi agganci in corte (aveva stretti rapporti con re Carlo IX, di cui fu forse tutore): redasse quindi una Legatio, nella quale esponeva le sue teorie, che continuò a diffondere a corte (l'incrudelimento della situazione politico-religiosa francese non fece altro che esaltare ancora di più il suo spirito profetico). Nel 1564-65 soggiornò a Torino, Roma e Firenze, allo scopo di diffondere il suo messaggio. Attorno al giugno 1566 (o poco prima) giunse a Venezia, dove predicò tra i più influenti patrizi,e perfino nel cortile di Palazzo Ducale, insistendo anche sul carattere "divino" e sulla missione provvidenziale dello Stato veneziano (inserendosi qui in una lunga tradizione). Fu quindi arrestato dall'Inquisizione veneziana (suo compagno di carcere fu Publio Francesco Spinola). Nel 1567 fu bandito dalla Repubblica di Venezia e dopo questa data non si hanno più notizie di lui.
Bibliografia
- Marion Leathers Kuntz, Voci profetiche nella Venezia del sedicesimo secolo, in "Studi Veneziani", n.s., XXII, 1991, pp. 59-74
- Marion Leathers Kuntz, The Anointment of Dionisio: Prophecy and Politics in Renaissance Italy, The Pennsylvania State University press, University Park 2001
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]