Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
David Lazzaretti (Arcidosso, 6 novembre 1834 – Bagnore [Santa Fiora], 18 agosto 1878), è stato un predicatore, fondatore del movimento giurisdavidico attivo ad Arcidosso (Grosseto) fino al 2002.
La vita tra cronaca e simbologia
Nacque alle pendici del monte Amiata, in Maremma, da Giuseppe Lazzeretti, di mestiere barrocciaio, e da Faustina Biagioli. La gioventù ordinaria di montanaro – si era sposato nel 1856 ed ebbe cinque figli – viene periodicamente scossa da visioni in cui gli appare un «vecchio frate» (scil. S. Pietro?). In séguito a questa non comune «esperienza psicologica individuale» prende la decisione del romitaggio nella Sabina, rinchiuso in un convento abbandonato presso Montorio Romano, dove si alimenta con un tozzo di pane che gli passa un vecchio eremita tedesco. Un altro eremo d'elezione sarà nell’isola di Montecristo (Arcipelago Toscano).
Nel 1873, tornato da un pellegrinaggio in Francia, modifica il cognome in Lazzaretti, con allusione al miracolato del Nuovo Testamento (in Giovanni 11, 43) e a un personaggio, Lazzaro Palavicino, di un romanzo di successo di Giuseppe Rovani (per Borroni e Scotti, Milano 1845-46), su una casata forse risalente ai re taumaturghi di Francia. Lo stesso avviene con il toponimo monte Labbro (sede dei «fautori» della sua rivelazione), rinominato monte Labaro (scil. vexillum); alla cui sommità fu eretta una nuova chiesa e una simbolica Turris Davidica, costruita a secco in una forma tortile (si veda qui l'immagine degli edifici sacri in un vecchio disegno; foto tratta dal sito Turismo in Maremma).
Lazzaretti per questi episodi venne percepito come un «uomo santo» dalla propria comunità d’origine, una condizione che alimentò il proselitismo in quelle zone di montagna remote e depresse, nelle quali il nuovo Regno d’Italia poteva avere difficoltà ad estendere il controllo statale; e infatti la Chiesa in un primo tempo sostenne la sua predicazione considerandola come «lo strumento per una resistenza culturale, popolare» (Pitocco).
Il nuovo messia
Esiste una tradizione che lo vuole predestinato al messianesimo fin dalla nascita, con episodi paranormali, da leggenda miracolistica. La sua preveggenza trova una prima formulazione nello scritto Sogni o visioni (Tip. Giachetti figlio e c., Prato 1871), che oltre ad essere il resoconto di esperienze personali di vita attiva e contemplativa, risentiva inevitabilmente anche di quel «lento processo psicologico e culturale, frutto del clima sociale e religioso» (Pitocco) dell’epoca: Roma veniva strappata allo Stato Pontificio; Lazzaretti era stato arruolato nella cavalleria piemontese contro le truppe papaline.
Si accentua così la fase visionaria all’insegna del mistero rivelato, di un'investitura messianica: i due avventi di Cristo (simboleggiati nello stemma delle due C simmetriche con una croce al centro); motivi che sarebbero diventati il nucleo forte della futura Chiesa giurisdavidica (scil. del Diritto di Davide) di Arcidosso, attiva almeno fino al 2002, quando è mancato l’ultimo sacerdote Turpino Chiappini.
Organizzazione in comunità
La comunità lazzarettista (detta della Santa Lega o della Fratellanza cristiana), tra 1870 e ’72, si organizza in tre istituti a carattere sociale, religioso ed economico. La nova religio declinata in polis si diede delle regole, stampate nel 1871 con l’imprimatur della Chiesa. Il ramo della “Società delle famiglie cristiane” fu un’esperienza «importante e clamorosa» (Pitocco) – si pensi al voto esteso alle donne e all’obbligo scolastico –, per l’aspetto di mutuo soccorso che sfociava in un “comunismo” da Chiesa primitiva. Ma era un’ideologia che non aveva nulla da spartire con il socialismo, se non nelle versioni “utopistiche” di questo, anch'esse di marca francese. Piuttosto il sostrato teologico, espresso con la missione dei tre istituti, ricalca le “virtù teologali” di fede, speranza e carità.
La dottrina
Un altro ciclo della cristianità che influenzò Lazzaretti fu l’esempio di Gioacchino da Fiore e la sua escatologia delle tre età: 1) del Padre con la legge di Giustizia (Mosè e i comandamenti); 2) del Figlio Gesù con la legge di Grazia; e 3) il futuro regno dello Spirito Santo, improntato alla legge di Diritto. La tradizione gioachimita era stata recepita da Lazzaretti nelle Lettere profetiche di S. Francesco di Paola relative al Gran Monarca… (ma apocrife), ristampate per sua cura (Salvatore Barbieri, Napoli 1873), e ovviamente aggiornate a un “secondo diluvio” come premessa di un’età nuova. Proprio in quell’anno - come si è detto - aveva fatto un viaggio in Francia, dove era forte la tradizione rivelazionista che predicava la restaurazione della monarchia capetingia (con i motivi del “re dei re”, dell’“unto del Signore”).
Nel 1877, con La mia lotta con Dio ossia Il libro dei Sette Sigilli: descrizione e natura delle sette città eterne (pubblicazione uscita presso Filippo Corsini e compagni, Arcidosso 1877), dove in testa al frontespizio si legge «Cristo duce e giudice, completa redenzione degli uomini», Lazzaretti offre l’immagine finale della sua escatologia: il «cono calcareo» del monte Labaro come la «Città della nuova beata Sionne e Turrisdavidica […] la Città Celeste», la prima delle sette “città eternali” del Regno messianico.
La repressione da parte di Chiesa e Stato
Di fronte allo strutturarsi dottrinale dei movimenti lazzarettiani, misti a vaghi elementi risorgimentali – nell’iconografia troviamo spesso Lazzaretti con la camicia rossa, da garibaldino, o con una bandiera dello stesso colore –, tra il 1877 e ’78 la Santa Sede decise di porre un limite dichiarandoli eretici, e mettendo all’Indice le sue opere. Il potere civile, a sua volta, poneva sotto sorveglianza il “profeta dell’Amiata” e i suoi seguaci, insospettito da slogan come «la Repubblica è il Regno di Dio».
Quando nell’agosto 1878 Lazzaretti con il suo séguito decise di scendere a valle in un corteo variopinto (alcuni cimeli di quella carovana sono oggi conservati nel Centro studi che porta il suo nome, ad Arcidosso), come una processione, per annunciare l’avvento del regno dello Spirito Santo, dalla pattuglia dei carabinieri di ronda furono sparati dei colpi verso i fedeli – forse con uno zelo da indurre qualche sospetto –, e un proiettile ferì mortalmente Lazzaretti colpendolo alla testa.
Il 1° settembre 1878 «L’illustrazione italiana» dava notizia della fine del “messia” dell’Amiata, definendolo «un avanzo del passato smarrito là in un lembo di terra che è della gentile Toscana, ma che per maremme e per monti rimane quasi diviso dalla grande corrente della nuova vita italiana». Morto lui, però, restavano i 23 seguaci che furono arrestati e poi nell’autunno del 1879 giudicati dalla corte d’assise di Siena con l’accusa di «Attentato contro la sicurezza interna dello Stato», e assolti.
L’eredità di Lazzaretti
Diversi (D’Annunzio tra i primi) hanno paragonato la storia di David Lazzaretti a quella di Oreste De Amicis – di dieci anni più anziano, messia dell’Abruzzo, ma l’antropologo Alfonso Di Nola notò che Lazzaretti «conta ancora i suoi seguaci settari nel nostro mondo contemporaneo. Sì, perché il popolo prima o poi riconosce i suoi profeti veri, consanguinei ed organici, per così dire, a un ceto o a una classe sociale» (riferito da Ottaviano Giannangeli).
Sul predicatore di Arcidosso esiste una ricca bibliografia per un'ampia tradizione di studi, che si è nutrita dell’originalità e complessità della sua vicenda, dei diversi scritti che ci ha lasciato. Studiosi di varie discipline si sono interessati a questa figura: Cesare Lombroso – dopo averne studiato le spoglie – lo annovera tra i monomaniaci, anche svilendolo presso la cultura dominante; Gramsci lo ricorda nei Quaderni; lo storico inglese Eric Hobsbawm lo vede come un «rivoluzionario primitivo». Esiste anche una versione a fumetti della sua vicenda (cfr. Piccini), a conferma dell'aura mitica che la figura di Lazzaretti ha assunto anche tra i giovani con canzoni, documentari e opere teatrali a lui ispirati.
Un bilancio definitivo non si può tirare per l’ambiguità di un giudizio non giustificabile solo con spiegazioni razionali: eresia come ideologia; «rovesciare il governo e mutarne la forma» fu uno dei capi di accusa nel processo di Siena; anche la rivoluzione, del resto, come paradigma si presenta in Lazzaretti in modi assai originali. Sono pertanto da tenere in conto anche le motivazioni psicologiche individuali, di follia ed esaltazione visionaria.
Presso gli archivi di Stato di Siena e di Grosseto si trovano molte fonti su Davide Lazzaretti; mentre nella località della Zancona (fraz. di Arcidosso) è conservato un archivio dei seguaci.
Vagamente ispirata a Lazzaretti, se non altro per la vicinanza geografica, è la comunità di cattolici praticanti della fraz. di Grosseto chiamata Nomadelfia (scil. dove la fraternità è legge; il movimento era sorto tuttavia negli anni ’30 del Novecento a Mirandola [Modena]), i quali hanno scelto di adottare uno stile di vita ispirato agli Atti degli Apostoli, e simile all’esperienza dei kibbutz o dei falansteri. Un’altra gemmazione, anche eteronoma, del lazzarettismo è – secondo qualcuno – il “teatro povero” di Monticchiello (fraz. di Pienza).
Bibliografia
- Giacomo Barzellotti, David Lazzaretti di Arcidosso (detto il santo): i suoi seguaci e la sua leggenda, Zanichelli, Bologna 1884, 18852; Forni, Sala Bolognese 19773; poi rist. con il tit. Monte Amiata e il suo profeta: (David Lazzaretti), Treves, Milano 1910.
- Alfio Cavoli, Il Cristo della povera gente: vita di David Lazzaretti da Arcidosso, 1834-1878; introduzione di Ernesto Balducci; con 20 lettere inedite, Nuova immagine, Siena 1989, 20022.
- Davide Lazzaretti e il monte Amiata: protesta sociale e rinnovamento religioso. Atti del Convegno, Siena e Arcidosso, 11-13 maggio 1979, a cura di Carlo Pazzagli, Nuova Guaraldi, Firenze 1981.
- Giovanni Filoramo, Metamorfosi del tempo apocalittico nel movimento di Davide Lazzaretti, in Id., Millenarismo e New Age: apocalisse e religiosità alternativa, Dedalo, Bari 1999, pp. 133-154.
- Leone Graziani, Studio bibliografico su David Lazzaretti: profeta dell’Amiata; con saggi critici di Francesco Sapori e Piero Misciattelli; appendice: Scritti di D. L., La Torre Davidica, Roma 1964; online: http://digidownload.libero.it/universotuttoamore/Graziani/StudioLazzaretti.htm.
- Eric J. Hobsbawm, Primitive rebels: studies in archaic forms of social movement in the XIX and XX centuries, Manchester University Press, Manchester 1959; trad. it. I ribelli: forme primitive di rivolta sociale, Einaudi, Torino 1980.
- Filippo Imperiuzzi, Storia di Davide Lazzaretti: profeta di Arcidosso, Tipografia Nuova, Siena 1905.
- David Lazzaretti, Visioni e profezie, con una introduzione di Francesco Sapori, R. Carabba editore, Lanciano 1913, rist. 2009.
- David Lazzaretti, Scritti 1871-1873, a cura di Nello Nanni, Effigi, Arcidosso 2016.
- Eugenio Lazzareschi, David Lazzaretti: il Messia dell’Amiata; 5 ill. f.t. Morcelliana, Brescia 1945.
- Hilaire Multon, Prophétesses et prophéties dans la seconde moitié du pontificat de Pie IX (1859-1878). Entre défense du pouvoir temporel et Apocalypse hétérodoxe, in "Dimensioni e problemi della ricerca storica", 1, 2003, alle pp. 132, 146 sgg., 158 sgg.
- Lucio Niccolai, David Lazzaretti: il racconto della vita, le parole del “profeta”, Effigi, Arcidosso 2006; online intervista all’autore: http://www.effigi.it/blog/?s=niccolai.
- [Lucio Niccolai], David Lazzaretti davanti al Sant'Offizio: documenti e atti della Suprema Sacra Congregazione sulla "Causa" Lazzaretti: novembre 1877 - luglio 1878, Effigi, Arcidosso 2007.
- Pietro Nocito, Cesare Lombroso, Davide Lazzaretti, in "Archivio di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali", 1, 1881 [1880], fasc. 1-2, 44 pp.
- Arrigo Petacco, Il Cristo dell’Amiata: la storia di David Lazzaretti, Mondadori, Milano 1982.
- Demetrio Piccini, Davide Lazzaretti: il Cristo dell’Amiata, “Storie toscane – Fumetti d’autore”, 2012.
- Franco Pitocco, Lazzaretti, David, in DBI, vol. 64 (2005).
- Andrea Verga, Davide Lazzaretti e la pazzia sensoria: discorso con cui il prof. A. V. inaugurò le sue conferenze psichiatriche nell’Ospitale maggiore di Milano, il 3 dicembre 1879, F.lli Rechiedei, Milano 1880.
Article written by Rossano De Laurentiis | Ereticopedia.org © 2017
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]