Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Costanza Zaccaria, nominata anche Costanza Barbetta, è stata una donna processata per stregoneria dall'Inquisizione di Modena nel 1519.
Il procedimento contro di lei fu condotto da Bartolomeo Spina nel settembre 1519.
La donna fu accusata di praticare incantesimi d’amore in nome di Lucifero. La moglie di un certo Pellegrino Bernardi sostenne che l’imputata avesse una pessima reputazione e che fosse stata chiamata da un'altra donna, Laura Betocchia, per formulare un incantesimo d’amore che legasse alla Batacchi il marito, con un rituale che prevedeva l’utilizzo di scongiuri in nome del demonio ("in nomine magni Diaboli").
Altri testimoni confermarono il tutto, aggiungendo che la donna era solita far cadere il piombo nell’acqua (pratica molto diffusa) per compiere ulteriori malefici.
L’incantesimo ad amorem fu descritto piuttosto chiaramente da una testimone, Clara di Giovanni: era accesa della legna e scaldato del ferro posto sopra la camicia del marito. Il tutto veniva eseguito sempre invocando il demonio.
Un altro testimone dichiarò che la Barbetta era solita rubare l’olio cresimale e conservarlo in un’ampolla e descrisse un rituale di magia amatoria che prevedeva l’utilizzo di rose ed una formula magica.
Tutti i testimoni insistettero sulle invocazioni al demonio. Inoltre sembra che la donna si servisse di argento vivo e noce moscata per i suoi incantesimi e nel fascicolo processuale è menzionata anche una messa nera che sarebbe stata celebrata dalla donna.
Fonti e bibliografia
- Archivio di Stato di Modena, Inquisizione, B. 2, bb. 24.
- Matteo Duni, Under the Devil's Spell. Witches, Sorcerers and the Inquisition in Renaissance Italy, Syracuse University in Florence, Firenze 2007, ad indicem, in part. pp. 95-98.
- Domizia Weber, Sanare e maleficiare. Guaritrici, streghe e medicina a Modena nel XVI secolo, Carocci, Roma 2011.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]