Ponce de La Fuente, Constantino

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Constantino Ponce de la Fuente (San Clemente, ca. 1502 – Siviglia, 1560), noto come Doctor Constantino, fu predicatore, teologo ed erasmista spagnolo. Figura eminente della cerchia riformatrice sivigliana, cappellano di Carlo V e canonico magistrale della cattedrale di Siviglia, venne processato dall’Inquisizione e condannato post mortem come eretico.

Biografia

La sua origine conversa rimane congetturale. Non si conoscono con certezza i suoi ascendenti, ma il sospetto di sangue ebraico accompagnò la sua figura in vita e dopo la morte, condizionandone i rapporti con l’ambiente ecclesiastico e accademico. Studiò presso la nuova Università di Alcalá, istituzione voluta dal cardinale Cisneros e divenuta in breve tempo il laboratorio più avanzato dell’umanesimo ispanico. Qui respirò il clima erasmiano e la spinta innovatrice degli studi biblici: la pubblicazione della Bibbia Poliglotta e l’istituzione della cattedra di greco e di ebraico furono esperienze decisive per la sua formazione. Apprese con rigore le lingue classiche e si abituò a leggere la Scrittura nei testi originali, approccio che avrebbe segnato per sempre la sua predicazione e la sua opera catechetica.

Le ragioni della sua partenza da Alcalá restano incerte, ma forse è da collegarsi all’inasprimento della repressione anti-erasmiana o all’applicazione del nuovo statuto di limpieza de sangre, che ne avrebbe reso difficile la permanenza in un contesto sempre più sospettoso verso chiunque fosse percepito come “nuovo cristiano”. Si trasferì a Siviglia nel 1533, dove completò la sua licenza in teologia presso il Collegio di Santa María de Jesús e, due anni più tardi, fu ordinato sacerdote. In poco tempo la sua fama di predicatore si diffuse oltre i confini della città: il suo stile, insieme sobrio ed efficace, fondato su un cristocentrismo di matrice umanistica, gli permise di attrarre un pubblico variegato, dalle élites urbane ai semplici fedeli, e di conquistare una notorietà che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua carriera.
A Siviglia intrecciò rapporti stretti con altri protagonisti della riforma spirituale cittadina, come Juan Gil (doctor Egidio) e Francisco de Vargas, con i quali condivise l’aspirazione a una religiosità più interiore e meno legata alle esteriorità rituali. Questo tentativo di rinnovamento, pur rimanendo formalmente nell’alveo della Chiesa, fu percepito come minaccia dai settori più conservatori del clero locale e suscitò presto reazioni polemiche e sospetti di eterodossia.

A partire dalla metà degli anni Trenta intraprese con crescente impegno un’opera di produzione teologica, orientata alla composizione di testi catechetici e omiletici concepiti per una larga diffusione, nei quali si riflette l’intento di rendere accessibile a un pubblico ampio un modello di istruzione religiosa fondato sull’autorità della Scrittura e su un registro espositivo sobrio ed essenziale. La Suma de doctrina christiana (1543), la Exposición del primer Psalmo (1546), il Catecismo christiano (1547) e la Doctrina christiana (1548) proponevano un’istruzione religiosa centrata sulle Scritture e lontana dalla scolastica tradizionale. La sua opera più nota, la Confesión de un pecador (1547), dapprima anonima, è considerata una delle vette della prosa spirituale cinquecentesca.

Nel 1548 entrò al servizio di Carlo V come predicatore reale, incarico che gli conferì prestigio e visibilità presso la corte imperiale. Al seguito del principe Filippo, partecipò a viaggi ufficiali in Italia, Germania, Fiandre e Inghilterra, potendo così misurarsi con i centri nevralgici della cristianità europea e con le tensioni generate dalla Riforma. La sua predicazione, improntata a un linguaggio biblico e a un cristocentrismo essenziale, fu ascoltata con attenzione sia dall’imperatore sia dal giovane erede, che ne apprezzarono lo stile diretto e la forza oratoria. Secondo alcune testimonianze, lo stesso Filippo, anni più tardi, avrebbe ricordato i sermoni di Ponce di fronte ai giudici inquisitoriali, segno della risonanza che essi ebbero nell’immaginario della corte.
Rientrato a Siviglia nel 1555, si trovò però di fronte a un contesto profondamente mutato. L’arcivescovo Fernando de Valdés, divenuto inquisitore generale, aveva già colpito duramente la cerchia riformista cittadina e imposto una linea di rigida ortodossia. La memoria del processo e della pubblica abiura di Juan Gil (doctor Egidio) pesava ancora sul clero sevillano e rendeva particolarmente delicata ogni predicazione che desse spazio all’interiorità o alla centralità della Scrittura. Nonostante questo clima di crescente sospetto, il cabildo cattedrale decise di nominare Ponce canonico magistrale (1556), riconoscendone il prestigio e la competenza teologica contro le resistenze dell’entourage valdesiano.
La sua posizione, tuttavia, divenne sempre più fragile. Nel 1558 l’Inquisizione avviò una nuova inchiesta sulle sue opere e sulla sua dottrina predicata, ordinando il suo arresto e la reclusione nel castello di Triana (agosto). In quella circostanza venne anche confiscata la sua biblioteca privata, che custodiva volumi di matrice riformata e manoscritti originali, a conferma dell’ampiezza dei suoi interessi e della sua vicinanza a un universo culturale ormai posto sotto accusa.

Morì in carcere, probabilmente il 9 febbraio 1560, prima che si concludesse il suo processo. Nel grande autodafé celebrato a Siviglia il 22 dicembre dello stesso anno, i suoi resti furono dissotterrati e bruciati insieme con la sua effigie. Tutte le sue opere erano già state incluse nell’Indice del 1559.

Opere

  • Suma de doctrina christiana (Siviglia, 1543).
  • Exposición del primer Psalmo (Siviglia, 1546).
  • Catecismo christiano (Siviglia, 1547).
  • Confesión de un pecador (Siviglia, 1547, anonima; poi Évora 1554).
  • Doctrina christiana (Siviglia, 1548).

Per approfondire vedi Opere di Constantino Ponce de la Fuente in formato digitale sul sito Post-Reformation Digital Library.

Bibliografia

  • María Paz Aspe Ansa, Constantino Ponce de la Fuente. El hombre y su lenguaje, Fundación Universitaria Española, Madrid 1975.
  • Michel Boeglin, Réforme et dissidence religieuse en Castille au temps de Charles Quint. L’affaire Constantino de la Fuente (1505?-1559), Champion, Paris 2016.
  • José R. Guerrero, Catecismos españoles del siglo XVI. La obra catequética del Doctor Constantino Ponce de la Fuente, Madrid, Instituto Superior de Pastoral, Madrid 1969.
  • J. C. Nieto, Constantino Ponce de la Genio y figura, Doctor Sutil: la obra constantiniana, Constantino: ¿Erasmiano o luterano?, in El Renacimiento y la otra España, Droz, Gèneve 1997, pp. 217-269, 349-362.
  • Karl Wagner, El doctor Constantino Ponce de la Fuente y su biblioteca, Diputación Provincial, Sevilla 1979.

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2025

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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