Parr, Catherine

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Catherine Parr (Blackfriars, agosto 1512 – Castello di Sudeley, 5 settembre 1548) è stata una nobildonna inglese, regina consorte di Inghilterra e Irlanda come sesta e ultima moglie del re Enrico VIII dal 1543 al 1547, anno di morte del sovrano.

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Infanzia e giovinezza

Catherine Parr (o anche Katherine, Katheryn, Kateryn o Katharine), italianizzata in Caterina Parr, fu la sesta ed ultima moglie del re Enrico VIII Tudor, sovrano d’Inghilterra, e l’ultima regina consorte della Casa Tudor.
Omonima sia della prima moglie del re inglese, Caterina d’Aragona, che della quinta consorte di Enrico VIII, Caterina Howard, la Parr ebbe però la fortuna di trascorrere pochi anni accanto al sovrano e di sapersi difendere dal suo carattere irascibile, riuscendo infine a sopravvivergli, anche se per poco, come regina vedova.
Di famiglia nobile e originaria del nord dell’Inghilterra (Westmoreland), Caterina nacque nel 1512, probabilmente nel mese di agosto, presso il quartiere di Blackfriars a Londra, come prima figlia di Sir Thomas Parr di Kendal, discendente dal re Edoardo III per parte materna, e di Maude Green, che era stata una delle dame di compagnia della regina Caterina d’Aragona. Durante la gravidanza, la madre continuò a servire la regina Caterina, di cui divenne intima amica e confidente, tanto che la sovrana fu la prima madrina della nascitura, a cui fu dato proprio il nome di Caterina in omaggio alla regina inglese.
Caterina aveva anche un fratello minore, William, che sarebbe diventato prima barone di Kendal e poi primo marchese di Northampton, e una sorella più piccola, Anne, poi contessa di Pembroke per matrimonio.
La famiglia Parr non era molto ricca ma era legata a tutte le famiglie nobili del nord, come i Vaux, i Throckmorton, i Neville, i FitzHugh, i Talbot e i Dacre; inoltre, Sir Thomas era un cortigiano molto caro al re, con cui condivideva una stretta amicizia, tanto da essere ricompensato con importanti responsabilità: rivestiva, infatti, la carica di Sceriffo del Northamptonshire e del Lincolnshire e in seguito fu nominato Maestro dei Rioni, Maestro delle Guardie e Controllore del Re.
Sfortunatamente, il padre di Caterina morì nel 1517, a causa della peste o del sudor anglicus, la malattia del sudore, quando la Parr aveva appena cinque anni: la madre, ancora giovane, decise di non risposarsi più e di dedicarsi completamente alla gestione dei suoi possedimenti e all’educazione e alla crescita dei suoi tre figli. Così, Caterina ricevette una buona educazione e, oltre ad apprendere nozioni tipicamente femminili come il cucito e il ricamo, imparò a leggere e a scrivere e studiò varie lingue, come il latino, il greco, l’italiano e il francese, appassionandosi anche alla teologia. Inoltre, venne presto mandata a vivere con suo zio, Sir William Parr, nel Northamptonshire, per perfezionare la sua educazione ed apprendere sia le buone maniere che l’arte della conversazione, oltre ad imparare a danzare, cantare e suonare e diventare così una perfetta dama di corte, destinata ad una vantaggiosa unione.
Verso il 1524, quando la Parr aveva quasi dodici anni, sua madre iniziò delle trattative matrimoniali con un cugino del suo defunto marito, Lord Dacre, per maritare sua figlia ad Henry Scrope, figlio ed erede di Lord Scopre, che era il genero di Lord Dacre. Lo stesso Lord Dacre aveva apertamente caldeggiato tale unione, convincendo la madre di Caterina e avviando le trattative necessarie: ben presto, però, sorsero delle difficoltà sull’importo della dote e nel 1525 Lady Parr decise di abbandonare il progetto, che sarebbe comunque sfumato per la morte di Henry Scrope nel marzo di quello stesso anno.
Intanto, la giovane Caterina cresceva e compiuti tredici anni si presentava come una giovane ragazza di piccola statura, dal viso delicato e paffuto, con pelle chiarissima, occhi nocciola, un naso grazioso e lunghi capelli castano ramati; aveva un’aria vivace, appariva «dignitosa, aggraziata e di aspetto allegro, e… lodata per la sua virtù»1 e mostrava un buon carattere, poiché era «gentile, affettuosa, generosa e intuitiva.»2 Il suo aspetto e il suo carattere facevano di lei una ragazza pronta per il matrimonio e sua madre non tardò a guardarsi intorno, alla ricerca del miglior partito da proporle per garantirle una buona posizione sociale e una vita dignitosa.

I primi due matrimoni

Dopo il fallimento delle trattative matrimoniali con Henry Scrope, la madre di Caterina non si arrese e iniziò nuovamente a progettare un nuovo legame matrimoniale per sua figlia. Così, nel 1529, a diciassette anni, la Parr si sposò per la prima volta con Lord Edward Burgh (o anche Borough), nipote del secondo barone Burgh, e si trasferì presso la sua famiglia a Gainsborough Old Hall, nel Lincolnshire.
Inizialmente gli storici avevano ipotizzato che Caterina avesse sposato il nonno di suo marito, l’anziano e malato Lord Edward, che però aveva già avuto una moglie e degli eredi e non avrebbe avuto bisogno di una sposa così giovane. Inoltre, la madre della Parr era una madre affettuosa e non vi era «alcuna possibilità che lei avrebbe acconsentito a dare in sposa la sua figlia adolescente ad un pazzo diagnosticato, avanzato d’età e con una famiglia matura alle spalle, anche se in nome di un titolo per Caterina.»3
Il giovane Lord Edward aveva circa vent’anni e non godeva di buona salute, forse sia fisica che mentale, anche se aveva comunque dei doveri e delle responsabilità: gestiva infatti un feudo e serviva come giudice di pace. I primi tempi dopo il matrimonio furono abbastanza difficili, a causa del carattere irascibile e prepotente del padre di Edward, Sir Thomas, che gestiva la casa col pugno di ferro e pretendeva assoluto rispetto ed obbedienza. A ciò, si univano la nostalgia di casa provata dalla Parr e le difficoltà legate al concepimento di un figlio: la stessa madre di Caterina dovette recarsi presso la figlia e consigliarle di cambiare dimora, per vivere più serenamente il rapporto col marito. Così, la coppia si spostò nel maniero di Kirton-in-Lindsey, una cittadina a una decina di miglia sopra Gainsborough, lontana il giusto per sottrarsi alla rigida autorità di Sir Thomas e per provare a costruirsi una propria famiglia.
La nuova dimora era abbastanza modesta, ma Caterina e il marito avevano la propria indipendenza e la giovane poteva finalmente esercitare il suo ruolo di moglie e padrona di casa. Per alcuni anni, i due giovani vissero sereni, gestendo i propri affari e provando a concepire un erede, ma nella primavera del 1533, dopo soli quattro anni di matrimonio, Lord Edward morì, lasciando Caterina vedova e senza figli.
La giovane, così, non potendo restare nella dimora appartenente alla famiglia del defunto marito, una volta ricevuta la sua dote, fu costretta a cercare una nuova sistemazione e, probabilmente, si trasferì in casa di Lady Strickland (Katherine Neville), vedova di un cugino della Parr, Sir Walter Strickland, nella residenza di famiglia nel castello di Sizergh a Westmorland. Qui, una volta ripresasi dal lutto, nell’estate del 1534, si sposò per la seconda volta con John Neville, terzo barone Latimer, cugino di secondo grado di suo padre e parente di Lady Strickland, entrando a far parte di una delle famiglie più antiche e potenti del Nord.
Il secondo marito era più vecchio della Parr di circa vent’anni ed aveva già due matrimoni alle spalle e alcuni figli, ma aveva un titolo, una solida posizione e vari possedimenti, cose che rendevano Caterina entusiasta e convinta di aver trovato un buon partito. Così, la nuova Lady Latimer si trasferì nella residenza del marito, a Snape Castle, nello Yorkshire, e iniziò la sua nuova vita.
Dopo alcuni anni di quiete familiare, nel 1536 Lord Latimer fu coinvolto a forza nel “Pellegrinaggio di Grazia”, una rivolta religiosa scoppiata nel nord dell’Inghilterra e guidata da Robert Aske: i rivoltosi protestavano contro il distacco del re Enrico VIII dalla Chiesa di Roma e contro le manovre politiche del primo ministro del re, Thomas Cromwell, e Lord Latimer, che aveva inizialmente manifestato il suo disaccordo verso il divorzio e il nuovo matrimonio del sovrano, venne forzato a rappresentare gli insorti e le loro lamentele.
Durante l’assenza del marito, Lady Latimer e i suoi figliastri vennero tenuti prigionieri dai ribelli nella residenza di famiglia, sotto continue minacce e poche notizie certe sul comportamento di Lord Latimer, e questa fu «l’esperienza più terrificante della vita di Caterina»4, che la segnò profondamente.
Alla fine, Lord Latimer riuscì a tornare a casa e, dopo aver convinto i ribelli a lasciare in pace lui e la sua famiglia e dopo essersi discolpato dinanzi al re per la sua partecipazione forzata alla rivolta, poté tornare alla sua vita, ma la sua reputazione fu gravemente compromessa, tanto che sia lui che la moglie vissero i successivi anni nella loro residenza, concedendosi solo brevi viaggi a Londra e brevi visite ai familiari di Caterina. E fu proprio in occasione di tali viaggi, durante i quali la Parr ebbe modo di poter frequentare anche la corte, che la donna conobbe Sir Thomas Seymour, fratello della defunta regina Jane Seymour, con cui intrecciò un’amicizia speciale.
Nell’inverno del 1542, la salute di Lord Latimer peggiorò e Caterina dovette accudire suo marito per svariati mesi, finché nel marzo 1543 non si ritrovò nuovamente vedova e senza figli. All’apertura del testamento, però, la Parr scoprì di essere diventata tutrice della figlia di Lord Latimer, Margaret Neville, e intestataria di una grande fortuna e di svariate proprietà che le erano state lasciate per volere del marito. Così, decise di fare ritorno a Londra e di ricominciare a frequentare la corte, grazie anche all’amicizia che un tempo legava sua madre alla prima regina, Caterina d’Aragona, cosa che le permise anche di avvicinarsi all’entourage della principessa Maria, figlia del re e della prima sovrana inglese, e alla stessa famiglia del sovrano.

Il matrimonio con Enrico VIII

In occasione del suo ritorno a corte, Caterina, ormai vedova rispettabile e con una gran fortuna da poter utilizzare, ritrovò nuovamente Thomas Seymour e l’amicizia tra i due sfociò in una relazione romantica, che li avrebbe portati sicuramente al matrimonio se il re Enrico VIII, alla ricerca di una nuova consorte dopo il suo fallimentare quinto matrimonio con Caterina Howard, non avesse di colpo notato la giovane vedova.
Nonostante alcuni regali ricevuti dal sovrano e il grande onore di vedere ammettere il suo stesso fratello all’interno del Consiglio Privato del re, Caterina non aveva percepito l’interesse di Enrico VIII e aveva continuato ad incoraggiare Sir Seymour, affascinata dal suo aspetto e dai suoi modi. Ciò ingelosì a tal punto il re che decise semplicemente di rimuovere il “problema Seymour”: nel maggio 1543, il sovrano inviò Sir Seymour presso un’ambasciata permanente alla corte del reggente dei Paesi Bassi a Bruxelles, dividendo così i due innamorati.
Questo fu un duro colpo sia per Caterina che per Thomas, ma la Parr «fu obbligata a nascondere i suoi veri sentimenti perché il re ora iniziava a volerla conquistare sul serio, e lei non aveva alternative se non lasciargli pensare che i suoi tentativi di conquista erano ben accetti»5, anche se la donna non avrebbe mai voluto sposare il re, ormai sempre più vecchio, malato e irascibile, né tantomeno diventare regina.
Iniziò così un insistente corteggiamento da parte del sovrano, sempre più conquistato dall’«affettuosa e amabile personalità e dalle doti intellettuali»6 della Parr, che ormai si era rassegnata ad anteporre la volontà del suo re, e di Dio, dinanzi alle proprie volontà personali e che quindi accettò la successiva proposta di matrimonio di Enrico.
Dopo aver ottenuto una licenza speciale da parte di Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury, Caterina ed Enrico VIII si sposarono il 12 luglio 1543 nello “studio della regina” nel palazzo di Hampton Court, con una piccola cerimonia privata, officiata dal vescovo di Winchester, Stephen Gardiner, e alla presenza di pochissimi partecipanti, tra cui le due figlie del re, Maria ed Elisabetta, figlie rispettivamente di Caterina d’Aragona e di Anna Bolena, e la nipote del sovrano, Margaret Douglas. La famiglia di Caterina, invece, era rappresentata solo da sua sorella e da suo cognato, Anna e William Herbert, ma erano presenti anche «le tre dame aristocratiche che le erano più vicine, Caterina, Duchessa di Suffolk (nata Willoughby), Anna, Contessa di Hertford (nata Stanhope) e Joan, Viscontessa Lisle (nata Guildford).»7 La cerimonia fu semplice e molto celere, con uno scroscio di applausi quando alle domande del vescovo nessuno si oppose all’unione, che venne sancita col dono di un anello da parte di Enrico alla sua nuova moglie.
Al matrimonio seguì una colazione celebrativa, durante la quale Caterina venne proclamata regina consorte d’Inghilterra, senza però essere incoronata, come era accaduto alle prime due mogli del sovrano, e senza che ci fosse alcuna processione sul fiume con conseguente entrata trionfale a Londra. La nuova sovrana si mostrò lieta della sua nuova unione e scelse come motto “Essere utile in tutto ciò che faccio”, a dimostrazione di volersi dedicare con tutta se stessa alla sua nuova vita da regina d’Inghilterra.

La vita a corte come regina d’Inghilterra e il tentato arresto

Una volta divenuta regina, Caterina si adoperò fin da subito per riconciliare il re con le sue due figlie, Maria ed Elisabetta, e strinse un sincero legame anche con il giovane principe Edoardo, il figlio di Jane Seymour, terza moglie del sovrano, e futuro erede al trono. Grazie a lei, i tre figli del re vennero spesso invitati a soggiornare a corte, dove poterono frequentare assiduamente il re e la sua nuova consorte e creare così un vero legame familiare e una serena quotidianità domestica. Inoltre, la Parr si preoccupò di chiamare a corte anche la sua vecchia figliastra, Margaret Neville, figlia del suo secondo marito, e la inserì tra le sue dame di compagnia.
Non solo la famiglia reale, ma anche tutta la corte, con la nuova regina, iniziò a godere di una nuova ventata di entusiasmo e spensieratezza: Caterina amava la danza, la musica e la pittura e si circondava di dame e intrattenitori, rendendo tutti i luoghi in cui si trovava assai piacevoli, grazie anche al suo personale gruppo di violinisti, provenienti da Milano e Venezia, incaricati di allietare con la loro musica sia la regina che i suoi ospiti. La sovrana era poi particolarmente interessata ai fiori e alle erbe ed era una grande appassionata di moda: infatti, «le piaceva vestire con eleganza: gonne di foggia francese, maniche e pieghe alla veneziana, scarpe con decorazioni d’oro»8 e con i colori più regali, come il cremisi, il nero e il viola, a cui poi aggiungeva moltissimi gioielli.
Oltre a ciò, però, aveva anche delle ambizioni intellettuali e amava lo studio, tanto che si interessò personalmente all’educazione dei figliastri Elisabetta ed Edoardo e cercò ella stessa di approfondire le sue conoscenze, specie in latino e in greco, esercitandosi costantemente.
I primi mesi di matrimonio furono intensi e gioiosi e Caterina riuscì a conquistare tutti per la sua integrità, la sua bontà e il suo altruismo, tanto che Enrico la scelse come sua reggente, dal luglio al settembre 1544, mentre egli si trovava in Francia per la sua ultima spedizione militare. Anche in questo caso, la regina svolse il suo compito egregiamente e, grazie al favore degli altri consiglieri, ottenne il controllo effettivo del governo: si occupò, così, di finanziare e rifornire le truppe inglesi stanziate in Francia, firmò cinque proclami reali e si mantenne in costante contatto con il luogotenente delle regioni settentrionali, George Talbot, conte di Shrewsbury, sulla instabile situazione dei confini con la Scozia.
È possibile che le sue capacità come reggente, unite alla forza di carattere e alla dignità e decisione mostrate, abbiano influenzato positivamente la giovane figliastra Elisabetta, che un giorno sarebbe diventata una delle più grandi regine inglesi.
Una volta che il re tornò dalla spedizione in Francia, la vita di corte riprese a scorrere serena e la nuova sovrana mostrò di avere interesse anche per la teologia: se era stata cresciuta in giovane età come cattolica, essendo nata prima della riforma protestante e della scissione dell’Inghilterra dalla Chiesa di Roma, in età più adulta, e specie dopo aver sposato Enrico, iniziò ad interessarsi sempre di più alla “nuova fede” protestante, contagiando anche molti del suo seguito. Tale interesse religioso sfociò anche in alcune opere scritte, come: “Psalms or Prayers” (“Salmi o Preghiere”), stampato nell’aprile 1544, poco prima che Enrico partisse per la sua spedizione, e utilizzato come mezzo di propaganda proprio per la guerra contro la Francia, che il re avrebbe vinto grazie alle preghiere del popolo; “Prayers or Meditations” (“Preghiere o Meditazioni”), stampato nel giugno 1545 e tradotto dalla principessa Elisabetta in latino, italiano e francese come regalo per suo padre; e infine “The lamentation of a sinner” (“Il lamento di un peccatore”), pubblicato solo dopo la morte del sovrano, verso la fine del 1547, per la sua inclinazione dichiaratamente protestante.
Le opinioni religiose della regina e il suo atteggiamento favorevole verso la riforma, però, la resero sospetta agli occhi di alcuni esponenti cattolici e conservatori, come il vescovo di Winchester, Stephen Gardiner, e il cancelliere Thomas Wriothesley, che cercarono di screditarla dinanzi al sovrano, instillando in lui il dubbio che Caterina fosse una protestante faziosa e che cercasse di corrompere lo stesso re discutendo continuamente con lui di materia religiosa.
Così, quando il vescovo Gardiner chiese al sovrano di poter iniziare un’indagine per eresia sul conto della regina, Enrico VIII, stanco e malato, diede il suo permesso e lasciò che si indagasse anche sul seguito della sovrana. Punto cruciale di tale indagine furono i presunti contatti tra Caterina e una giovane donna del Lincolnshire, Anne Askew, accusata di eresia: la giovane venne arrestata e torturata più volte per indurla a confessare di essere sostenuta dalla regina e dalle dame del suo seguito, ma Anne si rifiutò di parlare e di abiurare le sue confessioni religiose, tanto da essere poi condannata a bruciare sul rogo.
Non avendo ottenuto alcuna confessione dalla Askew, il vescovo Gardiner chiese allora al sovrano il permesso di perquisire gli alloggi della regina, alla ricerca di opere compromettenti, con un mandato d’arresto immediato e anche stavolta il re concesse di proseguire con le indagini. Ormai, però, la sovrana era stata prontamente avvisata delle macchinazioni che si stavano portando avanti contro di lei grazie al medico personale del re, forse su richiesta dello stesso sovrano che non voleva perdere un’altra consorte, e, dopo un primo momento di panico e sconforto, iniziò una sua contromossa, desiderosa di rientrare nelle grazie di Enrico e di riconciliarsi con lui.
Come prima cosa, la regina ordinò di sprangare l’ingresso dei suoi appartamenti, per ritardare le perquisizioni, e poi, radunate tutte le sue dame, iniziò a raccogliere meticolosamente ogni appunto, lettera o libro giudicati pericolosi o compromettenti per bruciarli nel camino e farli sparire definitivamente. Fatto ciò, riaprì i suoi appartamenti e si recò in visita dal sovrano, costretto a letto per un’infiammazione alla gamba ulcerosa, e lì si mostrò contrita e dispiaciuta di avergli recato una qualsiasi offesa, dichiarando di aver discusso con lui di religione solo per alleviargli il dolore delle sue sofferenze e per distrarlo dalla noia dell’immobilità forzata. Nonostante i tentativi di Enrico di farla compromettere, arrivando a definirla “dottore” in materie religiose e accusandola di voler istruire gli uomini su competenze che non le appartenevano, la sovrana riuscì a mantenere la sua compostezza, asserendo di essere «solo una donna, con tutte le naturali imperfezioni del mio sesso»9 e sottomettendosi completamente alla volontà del suo re e «alla sua superiore autorità, come uomo, come suo marito e signore e come “capo supremo e governante su questa terra, secondo soltanto a Dio”.»10 Dinanzi a una tale dimostrazione di docilità, Enrico tornò immediatamente a mostrarsi tenero e comprensivo, abbracciando e baciando la moglie più volte e accordandosi con lei per una passeggiata nei giardini per il mattino seguente, dove avrebbero potuto continuare a confrontarsi e a discorrere in armonia.
Il giorno dopo, il re e la regina, perfettamente riconciliati, furono interrotti durante la loro passeggiata da una guardia armata capitanata dal cancelliere Wriothesley, ignaro del cambiamento di idee di Enrico, e della riconciliazione tra marito e moglie, e intenzionato a far arrestare la sovrana e a trascinarla nella Torre di Londra. A tale spettacolo, Caterina si spaventò moltissimo, ma il sovrano andò su tutte le furie e stracciò il mandato d’arresto presentato dal cancelliere, costringendolo ad eclissarsi dopo numerose scuse.
Tale episodio segnò profondamente Caterina, che lo ritenne un avvertimento: da quel momento, la regina decise di frenare le sue osservazioni in materia religiosa e provvide a mostrarsi sempre obbediente e assertiva nei confronti del marito, limitandosi a condividere pienamente tutti i precetti religiosi del sovrano e a tenere lontano da sé l’ombra dell’eresia e del rogo.

La vedovanza, il quarto matrimonio e la morte

Nonostante alcune voci di corte facessero circolare la notizia che il re si era stancato della regina e volesse sostituirla con una sua amica, la Duchessa di Suffolk, o che volesse addirittura riprendere con sé la sua quarta moglie, Anna di Clèves, gli ultimi mesi del 1546 passarono veloci e cauti fino a Natale, quando i coniugi si separarono: la regina trascorse le festività a Greenwich con la figliastra Maria, mentre Enrico si spostò ad Hampton Court con solo i suoi consiglieri più stretti. Era la prima volta che Caterina trascorreva le feste divisa dal marito e, senza saperlo, non lo avrebbe più rivisto fino alla sua morte.
Agli inizi del 1547 le condizioni del re si aggravarono sempre di più, tanto che il sovrano dispose un’indennità a favore della sovrana per il suo mantenimento e ordinò che, dopo la sua morte, Caterina continuasse a ricevere il rispetto dovuto come regina d’Inghilterra, sebbene sarebbe stata solo una regina vedova.
Il 28 gennaio 1547 Enrico VIII Tudor morì, senza che Caterina facesse in tempo a raggiungerlo: «la morte del vecchio re non fu annunciata per tre giorni, sebbene la regina Caterina, ora regina vedova, fu immediatamente informata»11, tanto da riuscire a presenziare all’incoronazione del figliastro Edoardo VI, il 31 gennaio, prima di ritirarsi dalla corte e sistemarsi nella sua casa di Old Manor a Chelsea.
Ormai libera, ricca e indipendente, Caterina riprese la sua relazione con Thomas Seymour, l’uomo che aveva sempre amato e che intanto era diventato primo Barone di Sudeley e Lord Ammiraglio. I due decisero di sposarsi e il matrimonio, celebrato probabilmente già nel maggio 1547, fu tenuto segreto, sia per evitare scandali e dicerie, poiché appariva sconveniente che Caterina prendesse un nuovo marito a distanza di così poco tempo dalla morte del sovrano, sia per prevenire qualsiasi ostilità da parte del cognato Edward Seymour, Lord Protettore del regno e primo Duca di Somerset, e degli stessi figli del defunto re, in special modo Lady Maria.
Passarono così diversi mesi prima che il nuovo matrimonio di Caterina diventasse di dominio pubblico e, alla notizia, sia il nuovo re, Edoardo VI, che la sua sorellastra, Lady Maria, ne furono dispiaciuti, tanto che Maria arrivò a chiedere alla sua sorellastra Elisabetta di evitare di interagire ancora con la loro ex matrigna. Inoltre, dopo che l’unione tra Caterina e Thomas venne alla luce, iniziò un’accesa rivalità tra la ex regina e sua cognata, Anna Seymour, Duchessa di Somerset, che sfociò in frequenti litigi anche con il cognato Edward Seymour: le dispute riguardavano soprattutto i gioielli di Caterina, che la cognata Anna avrebbe voluto per sé, essendo la moglie del Lord Protettore del regno, carica, secondo lei, più importante di quella di regina vedova.
Nonostante le difficoltà, però, il matrimonio era saldo, tanto che Caterina invitò a vivere nella sua casa la figliastra Elisabetta, per meglio prendersene cura e per tenerla lontano dalla corte del nuovo re, oltre che per continuare a seguirla nella sua educazione.
Poco dopo, all’età di 35 anni, Caterina si scoprì incinta per la prima volta e ne fu molto sorpresa, dal momento che nei suoi tre precedenti matrimoni non aveva mai avuto alcun concepimento. I mesi della gravidanza, però, furono mesi difficili, poiché in tale periodo iniziarono a circolare strane voci sui rapporti tra la giovane Elisabetta e Thomas Seymour, che avrebbe tentato di circuire la ragazza per poterla poi addirittura sposare. Così, a malincuore, nel maggio 1548 la Parr dovette allontanare la figliastra dalla sua casa e le due, sebbene continuassero a mantenere un’affettuosa corrispondenza, non si rividero mai più.
A giugno, Caterina si trasferì nel castello di Sudeley, di proprietà del marito, nel Gloucestershire e portò con sé una delle dame di compagnia che l’assistevano quando era regina, Lady Jane Grey, figlia di Lady Frances Brandon, a sua volta figlia della sorella del re Enrico VIII, per potere avere compagnia e per poterla personalmente educare.
Il 30 agosto 1548 la regina vedova dette alla luce una bambina, che fu chiamata «Maria, come la figliastra della regina, anche se la madrina fu Jane Grey»12, rimasta al fianco di Caterina fino al termine della gravidanza. Nonostante sia Caterina che suo marito Thomas si aspettassero un maschio come primogenito, la Parr fu comunque contenta di aver partorito una bambina bella e in salute, anche se il parto difficile la lasciò molto debole.
Pochi giorni dopo, però, Caterina fu colta da una violenta febbre, identificata come “febbre puerperale” e corrispondente ad una setticemia, che aveva precedentemente colpito anche Jane Seymour, terza moglie del re Enrico VIII, dopo la nascita del figlio. Le sue condizioni apparvero sin da subito gravi e la Parr cadde vittima di allucinazioni e deliri, accompagnati da attacchi di diffidenza paranoica nei confronti di tutti coloro che le erano intorno, specialmente verso il marito, che accusava di averla abbandonata e di volerla condurre alla morte.
Con l’avvicinarsi della fine, però, la febbre iniziò a diminuire e Caterina poté sfruttare alcuni momenti di lucidità e calma per dettare le sue ultime volontà a favore del marito, che non aveva mai smesso di amare.
Sei giorni dopo la nascita della figlia Maria e poco più di un anno dopo il matrimonio con Seymour, il 5 settembre 1548, Caterina Parr spirò a soli 36 anni. Venne subito preparata una veglia funebre, presenziata da Lady Jane Grey, e dopo due giorni, il 7 settembre, la regina vedova fu sepolta nella Cappella di Santa Maria, nel castello di Sudeley, dove aveva vissuto negli ultimi mesi e dove aveva partorito sua figlia.
L’anno successivo, suo marito venne giustiziato e sua figlia Maria venne affidata alle cure di un’amica della Parr, la Duchessa di Suffolk, ma dopo il 1550 non si ebbero più notizie della bambina, probabilmente morta in tenera età.
Durante la guerra civile inglese, il castello di Sudeley fu utilizzato come base militare dal re Carlo I e perciò, nel gennaio 1643, fu preso d’assedio e saccheggiato: quasi certamente la tomba di Caterina Parr fu danneggiata e il suo monumento funebre distrutto. Dopo tale episodio, il castello fu abbandonato e lasciato all’incuria, finché, nel 1782, 234 anni dopo la sua morte, la tomba della regina Caterina venne riscoperta e aperta, trovando il corpo conservato in perfette condizioni: più volte, nel corso degli anni, la tomba venne continuamente aperta e vennero raccolti frammenti degli abiti della Parr e varie ciocche dei suoi capelli, finché quando fu aperta l’ultima volta, nel 1817, si scoprì che conteneva solo ossa, che vennero sistemate nella cripta sotto la cappella del castello. Infine, nel 1861, la bara fu nuovamente scoperta e spostata nella sua posizione finale, nella cappella restaurata e con un monumento funebre a vegliare il riposo dell’ultima regina consorte di Enrico VIII.

Bibliografia

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  • Raffaele D’Amato, Le grandi dinastie che hanno cambiato la storia, Newton Compton Editori, Roma, 2014.
  • Sara Prossomariti, I grandi personaggi del Rinascimento, Newton Compton Editori, Roma, 2017.

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by Martina Tufano | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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