Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
I benandanti furono dei guaritori accusati di stregoneria nel Friuli del Cinque-Seicento.
Le credenze popolari locali attribuivano ai benandanti, nati «con la camicia», cioè ancora avvolti nel sacco amniotico (considerato segno benaugurante; si riteneva peraltro che la «camicia» amniotica avesse il potere di proteggere dalle ferite), la capacità di uscire dal corpo in spirito per affrontare le streghe e le altre creature diaboliche che minacciavano la fertilità dei campi. Queste battaglie notturne si svolgevano durante le quattro tempora, e i benandanti combattevano armati di rami di finocchio contro streghe e stregoni armati, invece, di canne di sorgo. Se i benandanti vincevano, il raccolto sarebbe stato propizio, altrimenti misero.
Le credenze nei benandanti comprendevano quindi un filone «agrario» (battaglie estatiche per la fertilità dei campi, in genere riservate ai benandanti uomini), ma anche un filone «funebre» (benandanti che svolgevano processioni notturne e parlavano con i morti; in quest’attività erano coinvolte perlopiù benandanti donne) ed un filone «terapeutico» (benandanti che curavano malattie e ferite, praticando una magia positiva e benefica in opposizione alla magia diabolica distruttiva delle streghe; in queste attività erano coinvolti sia benandanti uomini sia donne).
I benandanti sono stati al centro di un noto studio di Carlo Ginzburg, pubblicato per la prima volta nel 1966.
Ginzburg, ravvisando nei racconti dei benandanti le tracce della sopravvivenza di antichi culti di fertilità di origine pagana, ha avanzato un accostamento con lo sciamanesimo. Inoltre, ha posto l’accento sulla progressiva trasformazione «negativa», indotta dall’azione inquisitoriale, della percezione esterna del benandante (e della percezione del benandante di se stesso), prima identificato in un guaritore benefico, poi in un adoratore del demonio.
Sul tema è ritornato Franco Nardon con un importante volume pubblicato nel 1999. Alla luce di una diversa analisi delle fonti, lo studio mette in discussione l’impianto generale delle tesi di Ginzburg. Nardon, che ha esaminato anche la seconda metà del Seicento (periodo non considerato dall’indagine di Ginzburg), ha inquadrato l’attività guaritrice e contro-stregonica dei benandanti nel contesto sociale e culturale del Friuli del XVII secolo.
Dall’indagine di Nardon risulta che, al contrario di quanto sostenuto da Ginzburg, non avvenne nessuna mutazione dell’immagine dei benandanti: anzi proprio la documentazione della seconda metà del Seicento rivela che i benandanti ancora erano consapevoli della loro funzione benefica e anti-stregonesca (e continuavano a essere considerati tali nell’immaginazione popolare). Semmai furono gli interessi degli inquisitori a cambiare: l’attenzione verso il sabba e la stregoneria diabolica lentamente scemò fino a scomparire nella seconda metà del Seicento; l’equiparazione tra benandanti e streghe, quindi, non sarebbe stata altro che una «forzatura» di alcuni inquisitori particolarmente ossessionati dal sabba e convinti della sua esistenza (non a caso la documentazione della seconda metà del Seicento ci restituisce l’immagine del benandante come guaritore e mago benefico). Nella ricostruzione di Nardon risultano ridimensionati anche l’accostamento tra benandanti e sciamani e l’insistenza sui riti di fertilità come chiave di lettura univoca del fenomeno, tematiche care a Ginzburg, il quale sarebbe stato troppo condizionato nelle sue interpretazioni da personali premesse aprioristiche esterne al fenomeno storico indagato in sé.
Bibliografia
- Andrea Del Col, Benandanti, in DSI, vol. 1, pp. 172-173.
- Carlo Ginzburg, I benandanti. Ricerche sulla stregoneria e sui culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Einaudi, Torino 1966.
- Franco Nardon, Benandanti e inquisitori nel Friuli del Seicento, Edizioni dell'Università di Trieste, Trieste 1999.
- Dario Visintin, I benandanti e il Sant’Ufficio alla metà del Seicento, in «Metodi e Ricerche», n.s., XXVII/1, pp. 23-52.
Voci correlate
- Florida Basili
- Olivo Caldo
- Andrea Cattaros
- Pietro Galina
- Paolo Gasparutto
- Battista Moduco
- Maria Panzona
- Aquilina Rossetto
- Giovanni Sion
- Michele Soppe
Article written by Daniele Santarelli & Domizia Weber | Ereticopedia.org © 2013-2016
A special thank to Dario Visintin
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]