Belli, Battista

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Battista Belli (o del Bello) è stato un eretico anabattista del XVI sec., perseguitato dall'Inquisizione.

Nacque ad Arzignano (Vicenza) e apparteneva ad una famiglia benestante di produttori di lana e seta, tintori e mercanti. Insieme a tre suoi fratelli maggiori aderì fin da giovane alla riforma protestante, vicino alla corrente degli anabattisti. Le prime notizie della sua vicenda risalgono al febbraio 1547, quando a Vicenza e nel Vicentino ci furono le prime retate contro gli aderenti alla riforma luterana, di varia estrazione sociale e di orientamenti ereticali diversi, da parte delle autorità ormai seriamente preoccupate del diffondersi delle idee eterodosse. Molti riuscirono a fuggire, molti caddero nella rete: tra di loro finirono anche quattro fratelli di Arzignano, Bartolomeo, Battista, Francesco e Gerolamo figli di Sebastiano Belli. Conosciamo abbastanza bene la vicenda di due di loro, Bartolomeo e Battista, perché nel fondo Savi all’eresia (Sant’Uffizio) dell’archivio di stato di Venezia sono conservati i fascicoli relativi alla loro permanenza nelle carceri veneziane e ai processi che subirono.
Dopo l’arresto Battista Belli venne quindi rinchiuso, come i fratelli, nelle carceri veneziane del Sant’Uffizio, dove ebbe modo di conoscere personaggi rilevanti dell’eteredossia veneta, come Baldo Lupetino e l’anabattista Pietro Speziale, detto il Cittadella. Le ultime tracce di questa sua prima carcerazione risalgono al gennaio 1548. Non sappiamo quando venne rilasciato, ma nel 1556 e negli anni successivi lo troviamo ad Arzignano, dov’era tornato a condurre con profitto la sua attività di mercante e imprenditore.
Ma anche nei suoi confronti il controllo delle Inquisizioni veneziana e vicentina non aveva conosciuto tregua e vent’anni dopo la prima esperienza, venne arrestato e rinchiuso in carcere a Venezia, città dove Battista Belli aveva una residenza e si recava spesso per lavoro. Tra la primavera del 1568 e l’estate successiva venne formato un primo breve fascicolo a suo carico presso il Sant’Uffizio della capitale, che evidentemente era sulle sue tracce. Vennero raccolte le deposizioni di due sorelle arzignanesi, a servizio in casa del Belli nella città lagunare, trasmesse poi da un frate all’ufficio del Sant’Uffizio. Dai verbali emerge il credo riformato del Belli, in particolare la negazione dei sacramenti della confessione e dell’eucarestia («… la confessione è una truffaria et il Sacramento dell’altare è semplice pane»). Il 12 luglio 1569 il tribunale dell’inquisizione veneziana inviò copia del verbale e l’imputato stesso al vescovo di Vicenza, che aveva titolo per competenza a procedere contro Battista Belli.
Il processo fu rapido e nel mese di settembre venne condannato dal vescovo di Vicenza a 10 anni di carcere duro, «ala cadena», e rispedito nelle carceri veneziane. In breve però le condizioni fisiche di Battista peggiorarono ed i suoi familiari intravidero la possibilità di tirarlo fuori di prigione, ma si trovarono di fronte al rigore inflessibile dei giudici ecclesiastici vicentini, che detenevano il potere di decisione in merito.
Nel febbraio 1572 Girolamo Belli, fratello maggiore di Battista e che si manteneva in una posizioni più defilata e prudente, incaricò due medici veneziani a recarsi in carcere e visitare il fratello: nella loro relazione essi denunciarono le condizioni fisiche molto serie del condannato: una profonda piaga purulenta, cancrena, febbre convulsiva e forti dolori. Gerolamo Belli e altri garanti si presentarono allora ai giudici del Sant’Uffizio veneziano e chiesero i domiciliari per Battista, che potesse cioè scontare la sua pena in casa propria ad Arzignano, dove sua moglie avrebbe potuto prendersi cura di lui.
Il tribunale veneziano si dimostrò disponibile, ma la decisione spettava a Vicenza ed i giudici ecclesiastici dell’Inquisizione vicentina, evidentemente decisi a sradicare l’intera famiglia dei Belli di Arzignano una volta per tutte, si dimostrarono ancora una volta inflessibili. Abbiamo rivisto le carte del processo e della sentenza di condanna - risposero ai colleghi di Venezia -, dalle quali risulta che i componenti della famiglia Belli di Arzignano sono stati e sono ancora tra i maggiori «scelerati homeni in materia de la Religione»; uno di loro «fu abbruggiato publicamente in Campo marzo» (Bartolomeo, 4 luglio 1570), un altro (Francesco) è morto in prigione, il figlio dello stesso Battista (Lurcanio) è tuttora in carcere: il massimo che possiamo permettere è che Battista Belli venga trasferito nelle nostre carceri della curia vicentina.
La vicenda si concluse probabilmente l’anno successivo, quando ritroviamo Battista Belli allibrato nell’estimo comunale di Arzignano, suo paese d’origine.

Bibliografia

Article written by Silvano Fornasa | Ereticopedia.org © 2020

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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