Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Bassiano Lando (Piacenza, … - Padova, 31 ottobre 1562) è stato un medico ed umanista.
Biografia
Resta ignota la data di nascita del medico piacentino Bassiano Lando, così come la sua relazione con il ramo più importante dei Landi di Bardi e Compiano; i nomi dei genitori – Stefano, medico piacentino, e la madre Polissena – sono recentemente venuti alla luce grazie al testamento ritrovato tra le carte dell’archivio notarile di Padova. Il matrimonio di Lando con Francesca di Filippo Rizzi da Castell’Arquato, proveniente da una delle più importanti famiglie della nobiltà piacentina, e le disposizioni date da Lando al fratello Cesare – a Padova insieme alla madre – circa le terre e la casa di Fiorenzuola e la relativa spartizione a favore del figlio minorenne Fabio forniscono nuovi elementi per la conoscenza di questa figura del panorama cinquecentesco italiano. Restano invece più frammentarie le notizie relative alla formazione di Lando sebbene, secondo la sua testimonianza, contenuta nel De humana historia, vel singularum hominis partium cognitione, Libri duo (1542), uno dei suoi maestri dovette essere Andrea Alciato.
Insegnante privato di greco e latino a Bologna, Bassiano fu chiamato a Reggio Emilia come lettore pubblico di lettere latine e greche nel biennio 1535-1536. Rifiutatagli per motivi ancora da chiarire una proroga della condotta dal Consiglio della città, Lando ritornò nella casa bolognese per poi trasferirsi a Padova, dove studiò filosofia e medicina, «serius, quam alii solent»1, sotto la guida di Giovan Battista Da Monte.
Conseguito il dottorato a Venezia il 31 agosto 1542, Lando insegnò privatamente a Padova tra il 1542 e il 1543, anno in cui iniziò la sua carriera accademica presso l’Ateneo patavino: qui ricoprì cattedre di medicina pratica straordinaria, filosofia straordinaria e medicina teorica.
Ferito a morte da sette pugnalate davanti alla sua casa la sera del 21 ottobre 1562, Bassiano morì poco dopo, il 31 ottobre. Resta, secondo le sue disposizioni testamentarie, una lapide con inciso solo il suo nome nella chiesa degli Eremitani di Padova.
Rapporti burrascosi con colleghi ed autorità
Personaggio rispettato, Lando fu al tempo stesso temuto e odiato soprattutto dai colleghi – coloro «qui latini, et scolastici nominantur», come scrisse Agostino Valier, allievo di Lando «in re philosophica»2 e futuro vescovo di Verona – attaccati dalle sue taglienti definizioni. Bassiano meritò di trovare la morte a quel modo, a detta di Antonio Polo, per lo scandalo suscitato dalla sua posizione alessandrinista sulla mortalità dell’anima e per le parole, riportate dallo stesso Polo nella Abbreviatio veritatis animae rationalis (1578), con cui Lando ribadì l’impossibilità di provare razionalmente l’immortalità dell’anima umana.
In più di un’occasione ebbe seri problemi con l’ambiente universitario e le autorità veneziane: nel novembre 1555, come riferito dall’Università ai Riformatori allo Studio, all’ammonimento del rettore per aver rifiutato di rispondere al suo concorrente durante un contraddittorio reagì affermando che non era diritto del rettore impartirgli ordini, dal momento che egli non riconosceva nessuna autorità superiore a cui obbedire. Alla fine del 1558 si sollevò un’aspra contestazione contro Lando e il professore di greco Giovanni Fasolo, sfociata in un tentativo di attentare alla vita del piacentino con un «ordigno esplosivo» collocato nell’aula dove egli faceva lezione. La richiesta alle autorità per la rimozione dei due docenti dagli incarichi universitari fu evitata solo perché, come raccontato da Gabriele Falloppia ad Ulisse Aldrovandi, i Riformatori allo Studio, e in particolare Marino Cavalli, «sono a quello che si vede tanto intestati di questo Bassano e del Fasuolo, che vogliono che questi siano atti a soddisfare a tutti gli studi del mondo, non che a quello di Padova». Sempre all’aiuto e protezione di Marino Cavalli si era rivolto Lando, in seguito alla decisione del rettore di togliergli due «bollette» del salario per aver svolto, nel 1553, «una certa lettion d’anatomia» contro il regolamento previsto dallo statuto del Collegio dei medici.
Due anni dopo la pubblicazione del De humana historia, nel 1544, Lando curò presso l’editore veneziano Vincenzo Valgrisi, «il libraio al segno d’Erasmo», il De chirurgica institutione libri quinque di Jean Tagault, edito a Parigi un anno prima. L’edizione curata da Lando fu dedicata al chirurgo padovano Giovanni Antonio Lonigo, incaricato in quegli anni della dissezione pubblica, maestro di Realdo Colombo e figura assai stimata all’interno dell’ambiente accademico padovano.
Rapporti con erasmismo e Riforma protestante
La testimonianza di Theodor Zwinger, che giunse a Padova insieme a Pietro Perna nel 1553 e fu studente e collaboratore di Lando fino al 1559, permette di gettare nuova luce, non solo dal punto di vista dottrinale, sui rapporti tra il mondo culturale e scientifico padovano e quello della Riforma. La tolleranza culturale e religiosa di Theodor Zwinger si accompagnava alla difesa della libertà della ricerca, finora valutata come eredità del magistero di Pierre de la Ramée (Pietro Ramo). Ma, come Zwinger stesso scrisse nella prefazione al suo commento all’Etica aristotelica del 1566, se da Ramo egli aveva appreso «ad analizzare logicamente gli scritti altrui e a costruire con metodo commentari propri in tavole», non per questo mancò di «guardare alla filosofia di Aristotele con odio terribile e ad aborrirla come un acquitrino di sofismi». Fondamentale era stata l’influenza dello Studio patavino nel percorso di rivalutazione del dettato aristotelico: solo allora, infatti, aveva imparato «a distinguere il vero dal falso». «L’ammirazione – scrisse – dissolse l’odio nei confronti di Aristotele; all’ammirazione fece seguito il lavoro di ricerca».
Se dunque qualcosa dell’impostazione del Lando si può ricavare dal percorso di questo suo allievo, certo è che presso lo stesso Studio per Bassiano fu facile conoscere e frequentare molte delle figure impegnate nella diffusione della Riforma in Europa dal futuro medico imperiale Crato Von Krafftheim, a Girolamo Donzellini, Oddo degli Oddi – legato a Niccolò Buccella –, al modenese Gabriele Falloppia, tutti possibili intermediari nella pubblicazione dell’opera di Lando. Durante il periodo trascorso a Bologna negli anni Trenta, poi, Bassiano, che insegnava privatamente letteratura greca, vide partecipare alle sue lezioni Ortensio Lando – che di lui parla nelle Forcianae quaestiones, nel Cicero relegatus et Cicero revocatus, e negli Oracoli de moderni ingegni – e Fileno Lunardi. Per la sua erudizione, la profonda conoscenza della lingua greca e latina e le sue competenze filosofiche, Lando fu scelto tra i personaggi chiamati ad esprimersi contro Cicerone nel Cicero relegatus et Cicero revocatus.
Altri gli indizi, più o meno circostanziati, che possono aiutare a ricostruire il profilo di Lando. Sulla formazione di Bassiano dovette incidere ad esempio la vicinanza di Agostino Landi, letterato e latinista, amico di Pietro Bembo, padrino e maestro del medico negli studi padovani, cui Bassiano dedicò nel 1542 la Demosthenis Orationes duae, altera quidem contra Androtionem, altera vero de immunitate adversus Leptinem. Ancora: nel 1534, presso l’editore lionese Sebastien Gryphe, uscirono gli Opuscola adversus Avicenna et medicos neotericos, qui Galeni disciplina neglecta, barbaros colunt, uno dei quali – il Dialogus qui barbaro mastix seu medicus dicitur – è attribuito a Lando. Bassiano inoltre testimoniò il suo vivo interesse per la medicina nella dedicatoria ad Ercole II della Iatrologia, in cui affermò che «poetas enim, oratores, philosophos, et caeteros bonos scriptores, evolvendos esse mihi duxi, unde ad ingenii exercitationem aliqua tandem esset rei medicae accessura utilitas».
A Bassiano è stato a lungo attribuito anche il dialogo In Des. Erasmi Roterodami funus, pubblicato a Basilea nel 1540: Johannes Basilius Herold, incaricato di pronunciare di fronte al senato civico ed accademico basilese un’orazione in difesa di Erasmo contro l’anonimo autore, chiamò Arnoldo Arlenio, l’umanista olandese che nel dialogo ambientato a Bologna assume le vesti dell’erasmiano devoto, a render ragione della parte attribuitagli; Arlenio, interrogato sull’identità dell’autore, fece il nome di Bassiano. L’olandese effettivamente fu presente a Bologna negli stessi anni di Landi, fungendo da intermediario tra gli erasmiani bolognesi e padovani e Martin Butzer. Insieme ad Aniano figura poi nel dialogo De C. Iulii Caesaris praestantia di Francesco Florido Sabino, ex segretario di Alberto Pio principe di Carpi, pubblicato nel 1538 sempre a Basilea e ambientato – altro indizio delle possibili frequentazioni di Bassiano – nella casa bolognese di Lando. Le tracce di questo eventuale rapporto con l’Arlenio negli anni della stesura del Funus hanno permesso di meglio delineare la rete di relazioni e rapporti in cui era coinvolto Lando, collocandolo nei gruppi felsinei e patavini, non ultimo quello legato alla nobildonna genovese Caterina Sauli da cui uscì la traduzione della parafrasi erasmiana del Vangelo di Matteo a cura di Bernardino Tomitano e del giureconsulto Guido Panciroli (che non manca di ricordare l’insegnamento di greco a Reggio Emilia e le lezioni private di retorica a Padova impartitegli dallo stesso Lando).
Di più difficile tracciabilità sono invece i rapporti col patriziato veneziano: Lando frequentava la casa dei Cornaro; tra i suoi allievi figurano esponenti del mondo accademico padovano e rampolli delle più importanti famiglie nobili della laguna, come Alvise e Pier Francesco Contarini, compagni tra l’altro di Zwinger. In più di un’occasione appaiono anche i nomi di alcuni giovani ciprioti, come quello di Andrea Zaccaria, il cui coinvolgimento nella diffusione del dibattito religioso è ormai accertato. Dalla testimonianza resa da Lando in una lettera allo Zwinger del 1559 si evince inoltre lo stretto rapporto del piacentino con gli studenti della nazione germanica.
Opere
Molte delle opere di Bassiano rimasero inedite e circolanti solo in forma manoscritta. Diversi gli interessi intellettuali che da esse emergono: il rapporto tra filosofia e medicina; l’esigenza di un sapere speculativo, ma capace anche di sperimentare le possibilità di diagnosi e cura; la passione per l’anatomia e la chirurgia; la lotta contro le superstizioni presenti in campo medico; il primato dell’esperienza come unica e vera maestra; la congettura come strumento di immaginazione fondato sulla solidità razionale; la ricerca di nuove basi per una scienza medica aliena dai sofismi accademici. Opere menzionate da Lando ma non pubblicate sono i Commentaria de Philosophia, i Commentaria de prodigiosis partibus, i Commentaria de antiquis imaginibus, i Commentaria in Artem parvam Galeni, le Lectiones in Galeni, il libro De natura caelesti e il De ordinibus, atque methodis. Di quest’opera, nella lettera dedicatoria a Sebastiano Erizzo della Praefatio in Aphorismos Hippocratis, Bassiano disse che era già pronta per la pubblicazione, ma che i tempi non maturi e le inimicizie di molti lo avevano fatto desistere. Lo stesso Erizzo pubblicò nel 1554 un Trattato dell’istrumento et via inventrice de’ gli antichi, frutto, egli afferma, degli stimoli e dell’insegnamento del Lando. In riferimento a possibili lezioni d’anatomia del piacentino, Giacomo Filippo Tomasini nel Bibliothecae Patavinae Manuscriptae publicae et privatae (Udine, 1639) segnalava l’esistenza nella biblioteca dei Trevisan «in vico S. Bernardini» di un codice Anatomia quaedam e Lectionibus Bassiani Landi. Collecta Anno 1549. A Bernardino Trivisano, in 4. Un altro codice, o forse il medesimo, contenente sedici lezioni anatomiche del Lando, diceva di possedere Georg Hieronymus Welsch, studente a Padova tra il 1645 e il 1648 (così afferma nel Consiliorum Medicinalium Centuriae quator, cum notis ejusdem, Ulm, 1676).
Tra le opere che videro la luce mentre Lando era in vita vanno ricordate il De humana historia, vel singularum hominis partium cognitione (1542), la Iatrologia (1543) e le Demosthenis Orationes duae (1544) – tutte pubblicate a Basilea per i tipi dell’Oporino – i Bassiani Landi Placentini philosophi et medici opuscula (Patavii, apud Simonem Galignanum 1552), il De origine et causa pestis Patavinae (Venetiis, apud Balthassarem Constantinum ad signum Divi Georgij 1555) e il De incremento (Venetiis, apud Balthassarem Constantinum ad signum Divi Georgij 1556). Uscirono invece postumi l’Expositio in tres Aristotelis libros de anima (Venetiis, apud Bologninum Zalterium 1569) e i due libri dell’Anatomiae corporis humani (Francofurti, typis ac sumptibus Ioannis Spiessij, et Ioannis Iacobi Porssij 1605).
Bibliografia
- Silvia Ferretto, La morte di Jacopo Bonfadio (1550) tra sensibilità erasmiana, riflessione filosofica e medicina, in «Studi Storici Luigi Simeoni», 58, 2008, pp. 17-38.
- Silvia Ferretto, Maestri per il metodo di trattar le cose. Bassiano Lando, Giovan Battista da Monte e la scienza della medicina nel XVI secolo, CLEUP, Padova 2012.
- Bassiano Lando, Dialogi duo, in quibus de universae artis medicae, precipue vero morborum omnium et cognoscendorum et curandorum absolutissima methodo, per quam eleganter ac docte disseritur. Basileae, ex officina Ioannis Oporini, 1543.
- Giuseppe Ongaro, Il “De humana historia” (1542) di Bassiano Landi, in Atti della VI Biennale della Marca per la storia della medicina, [Stabilimento Tipografico Sociale], [Fermo] 1965, pp. 265-278.
- Massimo Rinaldi, Arte sinottica e visualizzazione del sapere nell’anatomia del Cinquecento, Cacucci, Bari 2008.
- Agostino Valier, De cautione adhibenda in edendis libris, Paduae, excudebat Iosephus Cominus, 1719.
Nota bene
Questa voce è la rielaborazione, con alcune modifiche e aggiunte, di un testo originalmente pubblicato in Dizionario storico dell'Inquisizione, diretto da Adriano Prosperi in collaborazione con Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, Edizioni della Normale, Pisa 2010, vol. 2, pp. 870-71.
Article written by Silvia Ferretto | Ereticopedia.org © 2013
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]