Maranta, Bartolomeo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Bartolomeo Maranta (Venosa, ca. 1500 - Molfetta, 1571), è stato un medico, botanico e letterato. Allievo di Luca Ghini, sodale e maestro a Napoli dell’umanista Gian Vincenzo Pinelli, profondamente inserito nel fecondo ambiente scientifico di metà Cinquecento, le sue indagini sulle proprietà terapeutiche delle piante rappresentano una delle esperienze fondative dell’intera ricerca botanica della prima età moderna.

Cenni biografici

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Bartolomeo Maranta nasce intorno al 1500 a Venosa, primogenito di Roberto, accademico e giurista, docente all’Università di Salerno, e di Beatrice Monna. Dopo gli studi di medicina a Napoli, Bartolomeo esercita la professione, acquisendo una notevole fama, tanto da ottenere un periodo di servizio presso la corte spagnola di Carlo V, forse a seguito della visita a Napoli dell’imperatore nel 1535. Durante il 1550 decide di trasferirsi nell’ateneo di Pisa, alla scuola di Luca Ghini (1490-1556), allora il principale studioso italiano di botanica. Nel circolo di Ghini, Bartolomeo stringe amicizia con il medico Gabriele Falloppio (ca. 1523-1562), il botanico Pietro Andrea Mattioli (1501-1577) ed il naturalista Ulisse Aldovrandi (1522-1605), con il quale avvia una fitta corrispondenza. Dal 1554 al 1556 Bartolomeo fa ritorno a Napoli, contribuendo a fondare l’Orto botanico insieme a Gian Vincenzo Pinelli (1535-1601). Ancora nel 1556, alla morte di Luca Ghini, entra in contrasto con Pietro Andrea Mattioli, a causa di una disputa per l’eredità del prezioso erbario del maestro. Al termine dello stesso anno si reca a Mantova, per esercitare la professione medica al servizio del duca Vespasiano Gonzaga, rimanendovi fino alla primavera del 1557. L’anno seguente Bartolomeo scrive una lettera sulle proprietà curative delle acque termali di Napoli, stampata nel 1559. Ancora nello stesso anno licenzia i Methodi cognoscendorum simplicium, la sua principale opera. Nel giugno 1562 lo coglie lo spiacevole episodio dell’arresto e della breve prigionia in un carcere romano, per ordine dell’Inquisizione. Il processo, in cui era coinvolto insieme ad altre dieci persone, come lui accusate di aver assistito alla lettura da parte del letterato Gian Francesco Alois (ca. 1515-1564) di un poema che avrebbe celebrato il luteranesimo, termina con la sua assoluzione. Probabilmente nello stesso anno Bartolomeo scrive il Discorso sull'Annunciazione di Tiziano, nel quale celebra la preziosa tela, dipinta per la cappella privata della famiglia Pinelli nella chiesa di San Domenico Maggiore. Il vivo interesse per la teoria letteraria lo conduce nel 1564 alla stampa presso l’editore Oporinus di Basilea delle Lucullianae quaestiones, opera in cui, nell’ambito della querelle rinascimentale sulle arti dell’accademia, contrariamente all’opinione dominante assegna il primato alla poesia, ritenuta superiore alla storia ed alla retorica. Nel 1568 è a Roma al servizio del cardinale Branda Castiglioni, per il quale prepara un Orto botanico. Le indagini di Bartolomeo sugli antidoti contro i veleni trovano invece espressione nel trattato Della theriaca et del mithridato, edito postumo nel 1572. Nell’ultimo periodo della sua vita Bartolomeo si ritira presso il fratello Pomponio a Molfetta, dove si spegne nel 1571.

Contributo alle scienze naturali in Napoli

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Gli esiti degli studi sotto la guida di Luca Ghini e della collaborazione con Gian Vicenzo Pinelli hanno compimento nei Methodi cognoscendorum simplicium, dedicati allo stesso Pinelli e a Gabriele Falloppio. I quattro anni trascorsi nel circolo di naturalisti che attorniava Ghini, cui si deve l’esperienza dell’Orto botanico di Pisa, il primo del Rinascimento, coronati dalle ricerche intraprese a Napoli insieme a Pinelli, si rivelano infatti assai fecondi. Nel lavoro di Maranta, probabilmente il primo trattato teorico di botanica dell’età moderna, la cui stesura era stata suggerita dallo stesso Ghini, il discorso naturalistico coniuga i richiami alle auctoritates mediche, come Dioscoride e Galeno, con la necessità di fare affidamento alle osservazioni dirette dei semplici. Rivolto ai medici, il trattato è disposto intorno ai tre criteri per riconoscere i semplici, cui corrisponde ognuno dei tre libri. Il primo criterio riguarda la nomenclatura delle piante, ovvero i nomi e i modi per identificarle. Nella sua opera classificatoria, Bartolomeo non manca di occuparsi anche degli equivoci, come il fatto che una stessa specie vegetale possa essere designata secondo nomi diversi. Il secondo criterio si basa invece sulla descrizione delle piante. Nell’illustrarlo, Maranta espone una notevole varietà di metodi atti a distinguere le specie vegetali, che si discostano spesso dalle prescrizioni dei classici. L’autore determina invece un certo numero di parametri convenienti alla catalogazione, come l’età della pianta, la sua origine coltivata o spontanea, il terreno e la stagione della raccolta. Il terzo criterio infine è l’analisi delle proprietà curative. Anche in questo caso, oltre l’autorità degli antichi, giudice ultimo per valutare le caratteristiche di una pianta è l’esperienza, fornita dall’attività di laboratorio e dall’osservazione diretta. Il secondo trattato scientifico di Bartolomeo Maranta, a carattere farmaceutico, interessa invece la preparazione di due antidoti, la teriaca ed il mitridato, già molto noti nella letteratura medica antica. Compendiate nel testo Della theriaca et del mithridato, le ricerche di Maranta sui due rimedi costituiscono il frutto degli esperimenti condotti insieme al collezionista e speziale Ferrante Imperato (1550-1631) nel suo museo, allestito presso la dimora napoletana di Palazzo Gravina. L’intento che guida i due studiosi è la corretta traduzione delle ricette della materia medica galenica nella pratica di laboratorio. Il trattato infatti descrive alcune operazioni che conducono alla confezione dei farmaci. Nel museo di Imperato, frequentato anche da altri eminenti naturalisti, come il medico linciano Nicola Antonio Stigliola (1546-1623) e Giovan Battista Della Porta (1535-1615), Maranta e il suo collega speziale conducono una serie di esperimenti al fine di determinare la proporzione di vino utile a sciogliere gli ingredienti della teriaca. L’importanza dell’opera non è tuttavia limitata ai soli apporti sperimentali, comunque decisivi. Con un approccio innovativo per la medicina dell’epoca, condiviso solo da alcuni colleghi, Maranta riconosce l’assoluto valore del sapere pratico di farmacisti e speziali, indispensabile per comporre i rimedi e misurare l’efficacia di farmaci semplici e composti.

Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale

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Nel campo della botanica e delle sue applicazioni farmacologiche, l’eredità di Bartolomeo Maranta è considerevole. La sua influenza nelle scienze naturali, principalmente veicolata dai tre libri dei Methodi, e dal Novum Herbarium, una riedizione dell’opera principale edita lo stesso anno della sua scomparsa, si diffonde a Napoli, per poi estendersi in tutta Europa. L’attività e le pubblicazioni di Maranta innestano infatti nell’ambiente partenopeo i guadagni acquisiti nella ricerca botanica e farmaceutica da Luca Ghini e dai suoi seguaci. La fortuna delle opere di Maranta è in ogni caso di lunga durata. Ancora nel secolo dei Lumi, il medico e naturalista svizzero Albrecht von Haller (1708-1777) spende per Maranta parole di elogio, arrivando a definirlo “l’oracolo dei botanici”. Nel 1737 il botanico francese Charles Plumier (1646-1704) gli dedica il genere Maranta, capostipite della famiglia delle Marantaceae, piante originarie delle regioni tropicali dell'America meridionale. Anche il nome scientifico della felcetta lanosa, Notholaena marantae, celebra il grande botanico.

Bibliografia

Opere di Bartolomeo Maranta

  • De aquae, Neapoli, in Luculliano scaturientis (quam ferream vocant) metallica materia, ac viribus, Venetiis, 1559.
  • Methodi cognoscendorum Simplicium libri tres, Venetiis, 1559.
  • Lucullianarum Quaestionum libri quinque, Basileae, 1664.
  • Novum herbarium sive methodus cognoscendorum omnium simplicium, non solum purgantium, sed quoque astringentium, & variantium. Opus exactum ab auctoribus omnibus, quos in re herbaria ad hunc usque diem scripserunt, & in unum volumen redactum, ad studiosorum commoditatem, Venetiis, 1571.
  • Della Theriaca et del Mithridato, Venezia, 1572.

Studi

  • Bruno Accordi, Ferrante Imperato e il suo contributo alla storia della geologia, in «Geologica romana», XX (1981), pp. 43-56.
  • Rosamaria Alibrandi, Pocula et remedia nella camera delle maraviglie. Dottrina e scienza sperimentale in un trattato del Cinquecento, in «Storia e Politica», Anno VII, n. 2 (2015), pp. 305-346.
  • Guido Avezzù, Un inedito di Bartolomeo Maranta: note sulla Poetica di Aristotele (circa 1562), in «Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti», 131 (1972–73), pp. 305-329.
  • Angelo Borzelli, Bartolommeo Maranta. Difensore del Tiziano, Gennaro, Napoli, 1902.
  • Giovanni Briosi, Cenno sopra Bartolomeo Maranta, in «Atti dell'Istituto botanico dell'Università di Pavia», s. 2, XVI (1916), pp. I-VIII.
  • Giovanni Battista De Toni, Nuovi documenti sulla vita e sul carteggio di Bartolomeo Maranta medico e semplicista del secolo XVI, in «Atti del Regio Istituto Veneto di scienze lettere ed arti», LXXI (1911-12), parte II, pp. 1506-1564.
  • Paula Findlen, Possessing Nature: Museums, Collecting, and Scientific Culture in Early Modern Italy, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1994.
  • Luba Freedman, Bartolomeo Maranta's 'Discourse' on Titian's Annunciation in Naples: Introduction, in «Journal of Art Historiography», 13 (2015), pp. 1-48.
  • David Gentilcore, Healers and Healing in Early Modern Italy, Manchester University Press, Manchester and New York, 1998, pp. 113-114.
  • Massimo Marra, La vipera e l'oppio: La Teriaca di Andromaco a Napoli tra XVI e XVII secolo, in «Anthropos e Iatria» IV, n°1 (2000).
  • Giorgio Micca, Il “De Theriaca e del Mithridato” di Bartolomeo Maranta, in «Minerva Medica» 61 (1970), pp. 705-715.
  • Marco Nicola Miletti, Maranta, Roberto, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69, Treccani, Roma, 2007.
  • Francesco Saverio Minervini, Didattica del linguaggio poetico in un retore del Cinquecento: Bartolomeo Maranta, Adriatica Divisione Arte, Bari, 2004.
  • Francesco Saverio Minervini, Una "questio" filologica su Virgilio nel Rinascimento meridionale, in «Critica letteraria», n. 4 (2005), pp. 655-675.
  • Francesco Saverio Minervini, 'Imitazione narrativa perfetta': una lezione accademica di Bartolomeo Maranta, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia. Università degli Studi di Bari», vol. 56 (2013), pp. 415-443.
  • José Ricardo Sánchez Baudoin, The methods of natural inquiry during the sixteenth-century: * Bartolomeo Maranta and Ferrante Imperato, [Ph.D. thesis], Università degli studi di Padova, 2013.
  • Giuseppe Solimene, Un umanista venosino (Bartolomeo Maranta) giudica Tiziano, Società Aspetti Letterari, Napoli, 1952.
  • Erica Stendardo, Ferrante Imperato. Collezionismo e studio della natura a Napoli tra Cinque e Seicento, Accademia Pontaniana, Napoli, 2001.
  • Bernard Weinberg, Bartolomeo Maranta: nuovi manoscritti di critica letteraria, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», 24 (1955), pp. 115-125.

Nota bene

La presente voce è inclusa nell'ambito di un progetto, condiviso dai portali Ereticopedia e Storia della Campania, mirante alla costruzione collaborativa di un Dizionario storico delle scienze naturali a Napoli dal Rinascimento all’Illuminismo. Essa è inoltre parte della sezione trasversale Primum non nocere, dedicata a medicina, eresia e non conformismo nella prima età moderna.

Article written by Marco Ghione | Ereticopedia & Storiadellacampania.it © 2020

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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