Belli, Bartolomeo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Bartolomeo Belli (o ‘del Bello’, altre volte ‘di Arzignano’; 1525 circa - 1570) è stato un eretico anabattista, condannato a morte dall'Inquisizione.

Nacque ad Arzignano (Vicenza) e apparteneva ad una famiglia benestante di produttori di lana e seta, tintori e mercanti. Insieme a tre suoi fratelli maggiori aderì fin da giovane alla riforma protestante, vicino alla corrente degli anabattisti. Le prime notizie della sua vicenda risalgono al febbraio 1547, quando a Vicenza e nel Vicentino ci furono le prime retate contro gli aderenti alla riforma luterana, di varia estrazione sociale e di orientamenti ereticali diversi, da parte delle autorità ormai seriamente preoccupate del diffondersi delle idee eterodosse. Molti riuscirono a fuggire, molti caddero nella rete: tra di loro finirono anche quattro fratelli di Arzignano, Bartolomeo, Battista, Francesco e Gerolamo figli di Sebastiano Belli. Conosciamo abbastanza bene la vicenda di due di loro, Bartolomeo e Battista, perché nel fondo Savi all’eresia (Sant’Uffizio) dell’archivio di stato di Venezia sono conservati i fascicoli relativi alla loro permanenza nelle carceri veneziane e ai processi che subirono.
Bartolomeo fu sottoposto ad un primo interrogatorio dopo che un suo compagno di prigione aveva depositato una denuncia scritta nei suoi confronti. In essa era riportato un dettagliato elenco delle sue opinioni eretiche, con l’accusa di professare apertamente la sua fede eteredossa e di propagandare le sue idee tra i compagni di carcere.
L’accusa che interessò maggiormente gli inquisitori fu quella di essersi procurato alcuni importanti scritti di Baldo Lupetino, uno dei maggiori esponenti dell’eterodossia veneta, di averli letti ai compagni e di essere poi riuscito a farli uscire dal carcere perché fossero pubblicati.
Portato in camera di tortura ammise di conoscere Baldo Lupetino e di aver avuto i suoi scritti da alcuni nobili vicentini incarcerati insieme a lui, tra i quali Adriano e Ottavio Thiene, Manfredo e Iseppo da Porto.
Non sappiamo fino a quando Bartolomeo Belli sia rimasto in carcere dopo questo primo processo, né quale esito abbia avuto. Risalgono a parecchi anni dopo le tracce della sua presenza ad Arzignano, suo paese d’origine, dov’era tornato a condurre con profitto la sua attività di mercante e imprenditore tessile, probabilmente mimetizzando la fede riformata o comunque assumendo un surplus di cautela. Ma non fu sufficiente e vent’anni dopo il processo subito dal Sant’Uffizio di Venezia, per Bartolomeo Belli di Arzignano arrivò la resa dei conti.
Evidentemente la sorveglianza su di lui ed il suo operato non era mai venuta meno e verso la fine degli anni ’60 l’Inquisizione di Vicenza decise per un nuovo arresto. Era un relapso, ricaduto nell’eresia, e di conseguenza il tribunale ecclesiastico vicentino nei primi mesi del 1570 lo condannò a morte assieme a Matteo dalle Maddalene, un altro eretico relapso vicentino, consegnandoli al braccio secolare.
Venezia era decisa ormai a troncare la diffusione dell’eresia protestante nelle terre della repubblica e il Consiglio dei Dieci il 26 maggio 1570 inviò una deliberazione secreta ai rettori di Vicenza per accelerare l’esecuzione della sentenza. Costoro, dopo aver tergiversato per un altro mese, pressati dal tribunale dell’Inquisizione vicentina e dal Consiglio dei Dieci, diedero disposizioni perché si procedesse contro i due, più un terzo di cui non venne riportato il nome e con un dispaccio del 30 giugno informarono il Consiglio dei Dieci che la sentenza capitale sarebbe stata eseguita quattro giorni dopo.
Martedì 4 luglio 1570 i tre eretici vicentini vennero quindi messi a morte. Per Bartolomeo Belli, relapso e pertinace, venne riservato il rito alla vicentina, vale a dire il rogo dopo la decapitazione. La conferma ci viene da un paio di documenti d’archivio di qualche anno dopo. Nelle carte del processo a carico di Battista Belli viene menzionato suo fratello Bartolomeo «abbruggiato publicamente in Campo marzo» un paio d’anni prima. Ed in una supplica presentata dai governatori di Arzignano alle magistrature veneziane il 6 luglio 1576, tra le altre cose si denunciavano le malefatte di Lurcanio Belli nipote di Bartolomeo, anch’egli accusato di eresia, sottolineando che qualche anno prima «era stato abbrusciato suo barba Bortolamio per l’istessa imputazione, perché tutto si sa a Roma».

Bibliografia

Article written by Silvano Fornasa | Ereticopedia.org © 2020

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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