Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Alfonsina Rispoli o Rispola (Napoli, 1553 - Napoli, post 1611) è stata una donna napoletana perseguitata e confinata in monastero per il reato di simulazione di santità.
Biografia
Il suo caso è enigmatico e affascinante.
Terziaria francescana analfabeta, abitava in casa di sua zia, filando la seta per guadagnarsi la vita, ed aveva 28 anni quando nel 1581 fu arrestata per ordine del tribunale vescovile napoletano del Sant'Uffizio, in seguito alla denuncia di un prete teatino al quale aveva confessato le sue visioni. Fu quindi reclusa nel monastero di S. Maria della Consolazione.
Nel corso dei suoi costituti affermò di avere visioni mistiche e di ricevere le stimmate.
Il provvedimento di reclusione in monastero doveva essere una soluzione provvisoria, ma fu di fatto la soluzione "finale" del caso. Un procedimento giudiziario vero e proprio contro Alfonsina si svolse solo nel 1592, a seguito di un'energica lettera del cardinale inquisitore Pedro de Deza, e la conclusione non fu altra che confermarne la reclusione in monastero.
Da quello stesso poverissimo monastero divenuto il suo carcere, Alfonsina implorò - in una supplica databile come non anteriore al 1611 - di essere lasciata uscire, denunciando di essere allo stremo delle forze e di soffrire la fame (ultima notizia che si ha di lei).
Bibliografia
- Giovanni Romeo, Una simulatrice di santità a Napoli nel '500: Alfonsina Rispola, in "Campania Sacra", 8/9, 1977/1978, pp. 158-218.
- Jean-Michel Sallmann, Les malheurs d’Alfonsina Rispoli, in Serge Gruzinski, Antoniette Molinié-Fioravanti, Carmen Salazar, Jean-Michel Sallmann (a cura di), Visions indiennes, visions baroques. Les métissage de l’incoscient, PUF, Paris 1992, pp. 57-90.
Link
- Scheda su Alfonsina Rispoli sul sito Symogih.org
Article written by Redazione | Ereticopedia.org © 2013
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]